Marwan Barghouti, un rivoltoso illuminato e pacifista
di Milli
Martinelli
Marwan Barghouti |
Sciopero della fame: un’altra azione non violenta quella di Marwan
Barghouti per protestare contro le condizioni subumane delle galere israeliane
e, come sempre, per protestare contro l’occupazione che – come si sa – il suo
popolo subisce, diciamo dal ’67, dopo la guerra dei sei giorni. D’altronde lui
in galera ci deve vivere; è condannato a cinque ergastoli e quarant’anni
di reclusione. È troppo chiedere almeno condizioni meno disumane?
Erano allo stremo, dopo più di tre settimane di digiuno, lui e tutti gli
altri prigionieri politici, nell’indifferenza più assoluta dei nostri mezzi di
informazione. Finalmente l’opinione pubblica europea si è snebbiata ha
protestato contro il silenzio dei media, la notizia si è
diffusa, inducendo Israele, nel quarantunesimo giorno di digiuno,
a fare qualche concessione, anche perché la gravità del fatto si faceva
sempre più pesante per la minaccia dell’idratazione forzata, che è
considerata un crimine anche dalla Corte Suprema.
Del resto tutta la storia di Barghouti, da quando aveva quindici
anni, è una storia di esilio e di detenzione. Ora, da undici anni consecutivi
Marwan giace nel carcere di massima sicurezza, senza poter ricevere visite dai
familiari. Ammessa solo la moglie, ogni due settimane, per 45 minuti. I tre
figli devono chiedere un permesso che gli viene accordato ogni due o tre anni.
È stato l’unico politico “processato” perché avrebbe suscitato scandalo in
tutto il mondo l’arresto amministrativo (senza processo) riservato a tutti i
prigionieri politici, trattandosi di una persona di vasta fama. Ma lui ha
rifiutato di riconoscere la legittimità della Corte israeliana in quanto, da
grande uomo di legge com’è, ha dichiarato illegale un processo a carico di un
rappresentante del popolo palestinese regolarmente eletto, confermando
così anche l’appartenenza politica della Giustizia Israeliana al
sistema del Governo.
Ho conosciuto
Marwan molti anni fa a Ramallah, in occasione di un suo breve ritorno
durante gli Accordi di Oslo, grande illusione e ignobile beffa,
trascinatisi per anni, durante i quali la costruzione degli insediamenti dei
coloni non è mai stata sospesa; del resto, come si sa, continua tuttora nella
ormai totale colonizzazione della Cisgiordania e nell’indifferenza dei
democratici paesi europei. Non ho mai dimenticato la vivezza del suo
sguardo, l’intelligenza della mente, la dolcezza del carattere, e il suo tenace
pacifismo, convinto com’era che la pacificazione (a partire da quella interna
tra le varie fazioni palestinesi) fosse l’unica via d’uscita, favorevole a
entrambi i popoli. Al punto che fu lui l’ideatore del Documento dei
prigionieri per la Riconciliazione Nazionale, redatto dai leader dei diversi
partiti e fazioni politiche palestinesi nel 2007, che, dalla prigione, si
dichiaravano d’accordo per uno Stato palestinese sui confini del 1967, per il
cessate il fuoco e per l’adozione della resistenza popolare come la via per
mettere fine all’occupazione. Del resto, fin dalla prima e soprattutto
dalla seconda intifada contro l’occupazione, Marwan esigeva che la
“Resistenza” non costasse la vita di un solo civile. E nessuno che l’abbia
conosciuto, almeno attraverso gli episodi della Resistenza Pacifica del
popolo palestinese, potrebbe ignorare la sua statura morale e civile.
Disse di lui Jimmy Carter, quand’era presidente degli Stati Uniti e
Nobel per la pace: «Marwan Barghouti è una voce importante a sostegno di una
pace giusta con Israele ed è un forte sostenitore dell’unità nazionale
palestinese…»
E Hubert Védrine,ex ministro degli esteri francese: «La vita e la
visione politica di M. Barghouti, l’innegabile legittimità che ha fra i
Palestinesi, come pure i legami a cui ha dato vita e ha mantenuto con la Francia,
tutto questo lo rende un’importante figura palestinese (…). Non ho alcun dubbio
che potrebbe portare, una volta libero, un contributo prezioso agli sforzi
verso la pace.»
Mairead Maguire, premio Nobel per la pace: «Quale simbolo dimostrerebbe
meglio che la pace è possibile, e che Israele è veramente interessato a una
giusta pace, se non la liberazione di Marwan Barghouti? Barghouti, un uomo la
cui vita ha personificato la “somoud”, la resistenza palestinese e le
aspirazioni future, un uomo che ha condotto le negoziazioni che hanno portato a
uno storico documento, quello dei Prigionieri che ha unito tutti i partiti e ha
offerto la pace a Israele. Per sapere se Israele è interessato alla pace,
Barghouti è il test. Come la pace e il cambiamento in sud Africa sono state
sancite dal rilascio di Nelson Mandela, la libertà di Barghouti potrebbe
simboleggiare che, in Palestina, Israele intende avviarsi su un nuovo percorso
e che la libertà è prossima (…) Dalle tenebre delle prigioni israeliane, la
libertà di Barghouti potrebbe simboleggiare che la lunga notte iniziata nel ’48,
sta finalmente avviandosi al termine.»
Federico Zaragoza, ex direttore generale dell’UNESCO:
«Il popolo palestinese ha ancora oggi (…) tanti suoi cittadini nelle
prigioni israeliane, in particolare Marwan Barghouti, il parlamentare che è
stato uomo di pace e sostenitore indefesso della pace»
Eccola, la sua
storia di “Rivoltoso”.
Fu arrestato a 19 anni: aveva fondato il movimento giovanile
di Al-Fatah, considerata da Israele “un’organizzazione vietata”. Era l’organo
più importante dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). Nel
1989 fu eletto nel Consiglio Rivoluzionario e cinque anni dopo, con le elezioni
democratiche del 1996, anno dei famigerati accordi di Oslo, era stato nominato
Segretario Generale per la Cisgiordania, entrando nel Parlamento. Anni dopo fu
rieletto capolista di Al-Fatah. Una bella carriera politica, condotta con
saggezza quasi sempre nelle condizioni di esiliato o di detenuto. E tuttavia
sempre impegnato a trovare un accordo diplomatico con la parte avversa. Nel frattempo, fra un esilio e una detenzione, aveva terminato la
scuola secondaria e perseguito il diploma in prigione. Ammesso
all’università di Bir Zeit, la più antica e prestigiosa
università palestinese, dovettero passare undici anni prima che potesse
laurearsi in Storia e Scienze politiche, e in Legge, con una tesi sulle
relazioni franco-palestinesi, di cui aveva fatto esperienza come Presidente del
Gruppo interparlamentare Francia-Palestina del Consiglio legislativo
palestinese. È perfino riuscito a scrivere una tesi di dottorato mentre era in
galera a Hadarim, affidando man mano le pagine scritte nel corso di un anno, al
suo avvocato.
Ci fu il fatto, credo noto a tutti, della provocazione di Ariel
Sharon, che nel settembre del 2000 percorrendo tutta la spianata delle Moschee,
si è tolto il gusto di profanare uno dei luoghi più sacri a tutti i musulmani:
la Moschea di Al Aksa sotto la famosa Moschea della Roccia, detta così per la
sua famosa cupola, opera di Maometto, che trionfa dall’alto della collina, e
costituisce il monumento più sconvolgente di Gerusalemme. Le proteste di
molti palestinesi furono brutalmente soffocate, e da lì ebbe inizio la
seconda intifada, nella quale, certo, Marwan ha avuto un ruolo centrale.
Riconosciuto come
grande mediatore di pace dall’ONU, Marwan Barghouti non ha mai interrotto la
sua campagna di pace che conduce da sempre fra i palestinesi e gli israeliani
molti dei quali impararono ad apprezzarlo e a sostenerlo con convinzione,
fattisi persuasi che pace e sicurezza siano essenziali per tutti i popoli
della regione: l’eccezionalità della sua persona, che in qualche modo è
un’espressione del carattere antropologico culturale del suo popolo, fiducioso,
malgrado tutto, ridevole, paziente, accogliente: tre generazioni di rifugiati
nei campi profughi, che conservano le chiavi delle loro case da cui sono stati
cacciati col sogno del ritorno; è una grande utopia, cui non rinunciano. Bargouthi
li rappresenta tutti, è un punto di riferimento per tutti gli schieramenti
politici, e per tutti giovani che stanno dissipando la loro giovinezza nel buio
inerte di una vita senza speranza. Marwan deve tornare ad essere libero,
libero di camminare per le strade di Palestina, di guidare il suo popolo, con
onestà e semplicità, combattendo per la giustizia per la liberazione, ma anche
contro la corruzione, come ha fatto finora, nelle condizioni che sappiamo.
Barghouti libero significherebbe davvero un “nuovo inizio” per tutti.
Per la comunità palestinese, e anche per il popolo israeliano, con il sollievo
di togliersi di dosso la stretta della paura e dell’odio e l’orrore di mettere
in mano le armi a ragazzi appena adolescenti.
Barghouti è il Mandela dei Palestinesi, dice Luisa Morgantini già
parlamentare europea, che ha dedicato tutta la sua vita alla loro causa,
bisogna trovare il De Clerk israeliano.