ASTENSIONISMO di Franco
Astengo
Il dibattito in corso
nell’immediato post - ballottaggi al riguardo delle elezioni comunali del
giugno 2017 ha raggiunto livelli di bizantinismo degni del Concilio di Nicea.
Una volta per tutte deve essere chiarito che il livello delle diverse
espressioni di “non voto” (diserzione dalle urbe, schede bianche e nulle) ha
raggiunto una tale entità da rendere perfettamente inutile il ragionare se,
nell’occasione del secondo turno,le elettrici e gli elettori che al primo turno
avevano preferito candidati poi esclusi (in particolare elettrici ed elettori
votanti i candidati presentati dal M5S) si fossero poi rivolti a candidati del
centrodestra o del centrosinistra. In realtà, toccando i voti validi la quota
del 43% (dopo che al primo turno di si era arrivati al 54%) non si può che
dedurre che, in ogni caso, la quota di questa scostamenti è stata minima e del
tutto irrilevante sul piano dell’analisi elettorale complessiva (che poi nel
tal posto o nel tal altro si sia eletto un sindaco di un colore o di un altro
costituisce un fatto che, sul piano generale, del tutto secondario). Si può
quindi affermare che la gran parte dei successi ottenuti dai candidati eletti
sia avvenuto “in discesa” e con percentuali complessive rispetto al totale
degli aventi diritto al voto fortemente minoritarie. Il punto più importante
che deve essere però messo in evidenza in questa occasione riguarda il fatto
che il “non voto” appare in costante crescita da molti anni e che nessuna forza
politica ,tanto meno il M5S, ha rappresentato una sorta di “argine” al fenomeno
che, invece, si è fortemente dilatato in tutti i settori sociali,
generazionali, di appartenenza geografica che compongono l’universo degli
aventi diritto al voto.
Nel corso degli ultimi 10 anni, per prendere
come riferimento un lasso di tempo definito, l’unica occasione nella quale la
percentuale dei votanti è cresciuta rispetto alle precedenti occasioni di voto
è stata quella del referendum costituzionale del 4 Dicembre 2016.
A proposito di questo fatto siano consentite
tre considerazioni a margine:
1)Dai sostenitori del “SI”(
nella loro arroganza e presunzione: fenomeni che stanno in buona misura alla
base degli insuccessi del PD) è stato fortemente sottovalutato il formarsi di
una vera e propria “coalizione sociale” nell’occasione del referendum sulle
trivelle svoltosi pochi mesi prima senza raggiungere il quorum. In quel
frangente, infatti, si consolidò (in particolare in alcune regioni del centro - sud) una sorta di fronte del “NO” trasversale e soprattutto comprendente quote
rilevanti di astensionisti ormai abituali che hanno poi formato, anche in
maniera inconsapevole, un vero e proprio “zoccolo duro” sulla base del cui
allargamento ha poggiato, in parte consistente, l’affermazione del “NO” al 4
dicembre;
2)Al riguardo della vera e
propria “fuga” di elettrici ed elettori che, negli anni passati, avevano votato
per il PD e più complessivamente per l’autoproclamatosi (senza alcun titolo di
contenuto, per la verità) centro sinistra, i dirigenti del PD hanno del tutto
ignorato il forte calo di partecipazione alle “loro” primarie. Renzi, infatti,
è stato confermato segretario con poco più di 1 milione di voti (altro che i 2
milioni rivendicati da Lotti) perdendo rispetto all’occasione precedente circa
600.000 voti.Un segnale molto importante ma non raccolto;
3)Nel corso della campagna
referendario si svilupparono, sempre da parte della maggioranza renziana del
PD, forti polemiche nei confronti dell’ANPI che si era schierata (con la CGIL e
l’ARCI) per il “NO”. Una polemica che raggiunse toni particolarmente astiosi e
fastidiosi in particolare con la faccenda, piuttosto ridicolo, dei “veri partigiani”.
Sicuramente, alla fine, si potette constatare che attorno al “NO”
i cosiddetti “corpi intermedi” svolsero sicuramente una funzione
aggregante di una certa importanza. Ebbene, nel corso di questa campagna
elettorale, a Genova (città che sempre aveva presentato determinate
caratteristiche sociali e politiche, oggi ormai in gran parte smarrite) gli
stessi corpi intermedi hanno preso posizione a favore del candidato appoggiato
del PD (il quale soggettivamente vantava anche profonde radice nell’area di riferimento
di ANPI, ARCI e CGIL). Ebbene : il risultato è stato di un rigetto quasi
totale, come dimostrato dall’esito del voto dove,l’influenza di questi soggetti
è sicuramente ancora rilevante. A dimostrazione che il problema, nella
fattispecie genovese ma si può pensare più in generale, sia costituito proprio
dall’incapacità di aggregazione dimostrata dal PD.
È necessario però approfondire queste
affermazioni attraverso l’esposizione di alcuni dati.
Tra il 2008 ed oggi abbiamo avuto in Italia
tre occasioni di elezioni generali riguardanti l’intero corpo elettorale: 2008,
elezioni legislative; 2013, elezioni legislative, 2014 elezioni per i
rappresentanti al Parlamento Europeo.
Elezioni nelle quali è entrato
prepotentemente in corsa appunto il M5S che ha sempre rivendicato di aver
corrisposto alla necessità di offrire una sponda ad elettrici ed elettori
propensi al “non voto”.
Ciò non è assolutamente avvenuto.
Nel 2008, infatti, i voti validi (sul
territorio nazionale) furono 36.457.254 su di un totale di iscritte/i (dato
relativo soltanto all’Italia senza le circoscrizioni estero) di 47.041.814 per
una percentuale del 77,49%.
Nel 2013 il dato dei voti validi (sempre
riferito al territorio nazionale) è stato di 34.005.755 (quindi con una perdita
di oltre 2.400.000 unità) su di 46.905.154 iscritte/i per una percentuale del
72,49% perdita secca del 5%.
Nel 2014 (Europee) il totale dei voti validi
è stato di 27.371.747 (quindi 6.700.000 in meno rispetto al’anno precedente e
di oltre 9.000.000 rispetto al 2008) considerando però che
il rapporto è da valutare con l’intero corpo elettorale compreso
l’estero (non registrato a parte in questa occasione) ammontante a 49.256.169
unità per una percentuale del 55,57%.
Dati che ridimensionano molto, per quel che
riguarda il 2014, il tanto vantato 40% del PD e che annullano del tutto la
funzione “deterrente” vantata dal M5S: paradossalmente, volendo forzare, si
potrebbe dire che proprio la presenza del M5S come novità nel panorama politico-elettorale ha causato la fuga di qualche milione di votanti. La situazione
può essere ancora valutata meglio scendendo nel dettaglio di alcune situazioni
regionali e locali di particolare significato. Ci si accorgerà che a tutti i livelli e in
tutte le situazioni quando si presentano candidati e liste i voti validi
decrescono. Alcuni esempi.
Raffronti tra le regionali 2010 e quelle
2015.
LIGURIA
2010 Iscritti 1.385.791 voti validi 813.176
pari al 58,67%.
2015 Iscritti 1.357.540 voti validi 658.171
pari al 48,48%. In fuga 155.005 voti validi pari al 10,19%. Qualcuno dovrebbe
far sapere all’inventore del famoso “modello Toti” che nell’occasione della sua
elezione i voti validi complessivi alla fine furono inferiori al 50%.
VENETO
2010 iscritti 3.962.272 voti validi
2.540.735 pari al 64,12%
2015 iscritti 4.018.497 voti validi
2.212.204 pari al 55,05% con un decremento del 9,07%
TOSCANA
2010 iscritti 3.009.673 voti validi 1.767.409
pari al 58,72%
2015 iscritti 2.985.690 voti validi 1.367.872
pari al 45,81% - 12,91%. Anche a Rossi, protagonista della rottura da
sinistra del PD, andrebbe comunicato che la sua elezione avvenne con i voti
validi al di sotto del 50%.
CAMPANIA
2010 iscritti 4.945.381 voti validi 2.924.360
pari al 59,13%
2015 iscritti 4.695.599 voti validi 2.400.782
pari al 51,12%. 8,01 in meno nell’occasione dell’elezione di De Luca.
PUGLIA
2010 iscritti 3.553.587 voti validi 2.128.974
pari al 59,91%
2015 iscritti 3.568.409 voti validi 1.684.669
pari al 47,21%. Anche per l’altro inventore di metodi Emiliano partecipazione
al ribasso con un meno 12,70% corrispondente a 444.305 voti validi.
Un raffronto relativo alle elezioni comunali
nelle grandi città.
MILANO
2011 iscritti 996.400 voti validi 657.379
pari al 65,97%
2016 iscritti 1.006.701 voti validi 537.584
pari al 53,40% con un calo del 12,57%: Sala non esattamente un
trascinatore, come il suo competitor Parisi
TORINO
2011 iscritti 707.817 voti validi 405.474
pari al 57,28%
2016 iscritti 659.740 voti validi 382.503
pari al 54,97%. Un calo del 2,31% nonostante ci fosse da votare una candidata
M5S
GENOVA
2012 iscritti 503.752 voti validi 263.849
pari al 52,37%
2011 iscritti 491.167 voti validi 228.796
pari al 46,58%. Un balzo all’indietro del 5,79% per il “metodo Toti”.
BOLOGNA
2011 iscritti 301.934 voti validi 210.185
pari al 69,61%
2016 iscritti 300.586 voti validi 174.187
pari al 57,94% un meno 11,67
FIRENZE
2009 iscritti 293.173 voti validi 206.494
pari al 70,43%
2014 iscritti 288.971 voti validi 187.710
pari al 64,99% un calo del 5,44%
ROMA
2013 iscritti 2.359.119 voti validi 1.203.335
pari al 51,00%
2016 iscritti 2.363.779 voti validi 1.147.499
pari al 48, 54. Un calo del 2,46% nell’occasione delle candidature dei big
Raggi, Giachetti, Marchini
NAPOLI
2011 iscritti 812.450 voti validi 466.174
pari al 57,37%
2016 iscritti 788.291 voti validi 403.311
pari al 51,16%. Calo del 6,21% in occasione delle rielezione di un altro
inventore di metodi politici come De Magistris
BARI
2009 iscritti 282.880 voti validi 204.972
pari al 72,45%
2014 iscritti 279.803 voti validi 178.949
pari al 63,95% un arretramento del 8,50%.
Nella sostanza si può ben affermare che la
tendenza al calo molto sensibile della partecipazione al voto rappresenti
fenomeno diffuso in tutte le situazioni e occasioni di voto salvo quella
referendaria del 2016. Grande attenzione quindi nel celebrare successi e
ricercare flussi senza prima tener conto di questo fattore assolutamente
determinante e al momento apparentemente incontrovertibile. Mancano i soggetti
politici capaci di produrre progettualità, aggregazione, identità: per quel che
riguarda la sinistra, in questo senso, si dimostra la perfetta inutilità dei
raduni del 18 giugno e del prossimo 10 luglio incentrati sul tema “alleanze sì,
alleanze no” del tutto arretrato rispetto alla drammatica realtà di un sistema
che sta progressivamente arretrando nel senso comune di massa e si trova di
fronte a contraddizioni, antiche ed inedite, che sembrano proprio irrisolvibili
se non nella direzione di costruire altri drammi collettivi e costrizioni
sociali.
In ogni caso, con buona pace dell’Istituto
Cattaneo il vero flusso da prendere in considerazione all’interno di questo
stato di cose è “voto/non voto”.
IN ALLEGATO I DATI DEL REFERENDUM DAL PUNTO
DI VISTA DELL’ESPRESSIONE DEI VOTI VALIDI (dati riferiti al territorio
nazionale. Nel totale degli iscritti non sono computati gli elettori
all’estero). La comparazione, oltre al dato complessivo, è nello specifico
quella con Regioni e Comuni di cui sopra.
Dato nazionale: iscritti 46.720.943 voti
validi 31.734.789 pari al 67,92%
LIGURIA regione: iscritti
1.241.469 voti validi 858.448 pari al 69,14%
VENETO (regione) iscritti
3.725.400 voti validi 2.835.027 pari al 76,09%
TOSCANA (regione) iscritti
2.854.129 voti validi 2.1005.777 pari al 73,78%
CAMPANIA (regione) iscritti
4.566.905 voti validi 2.667.460 pari al 58,40%
PUGLIA (regione) iscritti
3.280.712 voti validi 2.007.927 pari al 61,20%
MILANO (città) iscritti 943.104
voti validi 677.077 pari al 71,79%
TORINO (città) iscritti 652.538
voti validi 462.381 pari al 70,85%
GENOVA (città) iscritti 460.004
voti validi 316.306 pari al 68,76%
BOLOGNA (città) iscritti 285.255
voti validi 215.304 pari al 75,47
FIRENZE (città) iscritti 748.871
voti validi 577.286 pari al 77,08%
ROMA (città) iscritti
2.091.633 voti validi 1.451.522 pari al 69,39%
NAPOLI (città) iscritti 750.709
voti validi 401.664 pari al 53,50%
BARI (città) iscritti 265.853
voti validi 166.935 pari al 62,79%