ABITARE A PIACENZA
Franco Toscani |
Abitare a Piacenza
significa per me abitare nella città dove sono nato nel 1955, ho sempre vissuto
e lavorato. Non so se ho fatto bene a restar qui; come ha detto una volta Fabio
Milana, questa città “manca di cielo”, ancor oggi è caratterizzata da
particolarismi, divisioni a tutti i livelli (nel campo politico, nel campo
culturale, perfino nel campo sportivo, essendoci addirittura, ridicolmente, due
squadre di calcio, entrambe in serie C e nemmeno una in serie B), conflitti
meschini, piccinerie, incapacità di
costruire una città davvero più conviviale e solidale, più giusta ed ecologica.
A suo tempo, feci la scelta di restare fondamentalmente per motivi familiari e
sentimentali. Oggi credo che farei un’altra scelta, ma dire oggi per me vuol
dire avere 62 anni suonati.
La Basilica di Sant'Antonio |
Piacenza
ha le sue bellezze artistiche e paesaggistiche, soprattutto un bel centro storico,
con alcune chiese da apprezzare. Pure la piazza centrale (piazza dei Cavalli,
comprendente le sculture del Mochi risalenti al XVII secolo) è degna di
contemplazione, nonostante le brutture di certi vicini palazzi di epoca e di
architettura fascista.
Palazzo Gotico |
Piazza Cavalli |
Una veduta di Piazza Cavalli |
È
soprattutto l’alta val Nure che io amo, conosco e frequento, addirittura vi
abito nei due mesi estivi di vacanza,
che ogni anno trascorro nell’Appennino emiliano-ligure. L’alta val Nure è
ancora piuttosto selvaggia, poco turistica e frequentata, pure a rischio di
spopolamento, vi regnano pace e silenzio, per me oro colato dopo l’anno di
lavoro trascorso nel rumore, nel traffico, nell’inquinamento e nel cemento di
Piacenza. La bellezza dell’alta val Nure (di cui segnalo soprattutto il monte
Ragola, il monte Bue, il monte Nero col vicino lago Nero, dove si trova la
rarità del pino mugo) è ancora incontaminata.
Non
amo e non stimo particolarmente i miei concittadini, che pensano soprattutto al
loro conto in banca e al loro “particulare”. A Piacenza e nella sua provincia,
comunque, frequento la mia compagna, i miei familiari e amici, lavoro, studio,
scrivo, gioco a calcetto, mi dedico a varie iniziative culturali, ritrovo ciò
che il buddhismo chiama la “stanza del tesoro” nel mio studio, dove mi sento in
compagnia degli spiriti più alti da me amati e mi giungono le idee migliori
nella costante tensione alla vita buona, caratterizzata dalla sobrietà e dalla
benedizione del semplice.