ANTIFASCISMO OGGI
di Franco Astengo
Milano. Fermata Metropolitana "Inganni" |
La dichiarazione di Silvio
Berlusconi: “Temo l’antifascismo”, in questo momento di particolare tensione
attorno al sensibilissimo tema della democrazia, va respinta con sdegno
rafforzando le argomentazioni proprie dell’antifascismo, nelle sue diverse
forme di espressione possibile. L'onda lunga del “revisionismo storico”, venuta
avanti fin con il Nolte dei primi anni'80, ci ha rivolto una domanda
insistente: “Serve ancora l'antifascismo?”, oppure si tratta di una di quei
“ferrivecchi” ideologici, da archiviare in nome della “modernità”, della
riconciliazione nazionale, del superamento di fittizie contrapposizioni?
A Sinistra
questo “tam – tam” è risuonato più volte (ricordate il Violante dei “ragazzi di
Salò”?) attirando molti. Oggi possiamo ben rispondere con nettezza: sì
l'antifascismo serve, anzi, serve un antifascismo di “due tipi” (tanto per
usare una definizione un po' grossolana, ma che spero alla fine risulterà
comprensibile). Serve, prima di tutto, l'antifascismo “classico”, proprio
quello della cosiddetta “retorica” partigiana, delle celebrazioni del 25
Aprile, della Costituzione nata dalla Resistenza: quell’antifascismo sulla base
del quale l’ANPI ha saputo e potuto prendere una posizione “forte” a favore del “NO” nell’occasione del
Referendum Costituzionale del 2016.
Una
posizione da non dimenticare.
Affermare
che la “Costituzione è nata dalla Resistenza” non è retorica è semplicemente
ribadire la verità.
Serve dunque
l’antifascismo delle celebrazioni, quello che abbiamo portato avanti nel corso
dei decenni magari davanti alle proposte di intitolare vie ad Almirante,
tirando fuori le copie del famoso manifesto firmato dal futuro segretario
dell'MSI quando era capo di gabinetto del Ministero della Cultura Popolare
durante la Repubblica di Salò, con il quale si stabiliva la fucilazione alla
schiena per i partigiani : quel manifesto sulla base del quale anni fa, nel
1972, lanciammo una campagna per l'MSI fuorilegge con tanto di proposta di
legge d’iniziativa popolare, naturalmente rimasta in un cassetto nonostante le
firme di Umberto Terracini e Ferruccio Parri. Serve l’antifascismo che ci
portava nelle piazze a contestare ogni manifestazione dei fascisti redivivi,
ogni comizio del MSI, ogni iniziativa della destra.
Come oggi
fanno i ragazzi che tanta paura incutono a Silvio Berlusconi, al punto da
indicarli come i nemici pubblici n.1, quando giustamente contestano Casa Pound,
Forza Nuova e tutte le forme di fascismo in circolazione. Serve l'antifascismo
militante davanti al rifiorire delle svastiche, delle croci celtiche che
accompagnano azioni di violenza, Serve, un nuovo “antifascismo”: occorre far
capire, soprattutto ai giovani che non hanno vissuto determinate stagioni, che
è antifascismo battersi contro lo sfruttamento dell'immigrazione, contro la
barbarie dell'intolleranza, contro gli squilibri sociali, contro la barbarie
dello sfruttamento del lavoro: serve l'antifascismo dei molti che allora si
batterono, certo per cacciare dall'Italia l'invasore straniero, ma in nome di
ideali di eguaglianza, solidarietà, nuovi livelli di convivenza civile che poi
trovarono spazio anche nella Costituzione Repubblicana, la cui difesa dei
principi fondamentali contenuti nella prima parte (e non si può modificare la
seconda, dobbiamo sempre ricordarlo scanso equivoci che si ripresentassero
sulla scena della storia ) appare come il nostro sostanziale punto di
riferimento. Dobbiamo
ritrovare così per intero la realtà dell'antifascismo come fatto politico;
reale discriminante tra gli schieramenti; punto di fondo di un superamento di
un clima pesante, laddove l'idea della militarizzazione del territorio appare
idea “bipartisan” (modello Minniti, per intenderci), almeno tra i maggiori
protagonisti dell'agone elettorale, l'antifascismo come punto di orgogliosa
identità democratica.
L’antifascismo come rinnovato punto di partenza, come base fondamentale per recuperare l'idea e il progetto di una profonda trasformazione sociale.
L’antifascismo come rinnovato punto di partenza, come base fondamentale per recuperare l'idea e il progetto di una profonda trasformazione sociale.