LE SINOPIE DI CARLACCHIANI
di
Donato Di Poce
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Artaud
Dall’antica terra delle Marche e
dell’umanesimo rinascimentale prende avvio il sentire e il fare artistico di
Carlacchiani, che appena reduce dall’Antologica “La sublime e bestiale febbre
creativa di Civitanova Marche del 2021, ancora nel pieno della pandemia del
covid e per tutto il 2022, realizza una cinquantina di ritratti contemporanei,
di personaggi divenuti miti(Pasolini, Artaud, Einstein, Gramsci etc…) e di
apparenze notturne che abitavano la febbre creativa del nostro artista, in cui
l’elemento caratterizzante é il segno e l’espressione psicologica. Se anticamente
il ritratto era riservato a sovrani, principi, e ricchi esponenti aristocratici
nel Rinascimento si assiste a una vera esplosione del fenomeno da una parte
come simbolo del potere, e dall’altra delle figure umanizzate (cristo, madonne,
santi, martiri), che simboleggiavano la figura del cristo uomo e popolare,
nella socializzazione della ritrattistica religiosa, Carlacchiani dedica la sua
attenzione(ascolto notturno) principalmente a figure poetiche e letterarie (Leopardi,
Pasolini, Quasimodo, Pessoa, Virginia Woolf, Sartre, Calvino, Ungaretti,
Baudelaire, etc…) che hanno accompagnato, coltivato e arricchito la sua formazione poetica e la rinascita
estetica. Di questi ritratti colpiscono l’essenzialità del tratto e l’empatia
etica ed emozionale dell’autore, apparizioni fantasmatiche eppure indelebili
che interrogano la nostra memoria e la nostra visione estetica. I ritratti si suddividono in tre categorie;
quelli in bianco e nero, quelli a colori e quelli che interagiscono con la
parola inserita all’interno dell’opera, quasi a sigillare il nome dell’autore
ritratto o le parole chiave espresse nelle loro opere( si vedano ad esempio
quello di Beckett che riporta alcuni aforismi come: "Fallisci ancora/fallisci
meglio", "il tacere non è silenzio", "si nasce tutti pazzi, alcuni lo
restano", o in quello di Pasolini (Io divoro la mia esistenza con
appetito insaziabile), quello di Gandhi (La mia vita è il mio
messaggio, e Sono le azioni che contano, sii il cambiamento che vuoi vedere nel
mondo) etc…
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Leopardi
Un elemento che ritorna spesso nei ritratti sono gli occhiali
(Pasolini, Woody Allen, Gramsci, Sartre, Beckett, Pessoa), che non solo
caratterizzano i personaggi, ma diventano un elemento simbolico a voler vedere
meglio, vedere oltre. Tra i ritratti extraletterari, spiccano quelli al Cardinal
Martini, e Van Gogh a sottolineare la tensione religiosa ed estetica che
anima questi ritratti che vanno a formare una storia letteraria ed estetica del
’900. Ne risulta che il vero committente di questi lavori, complici la notte,
la solitudine e la pandemia, è l’ossessione poetica dell’artista, i
ritratti vanno sempre oltre la semplice ritrattistica fisiognomica, e vanno a
catturare le anime morte che agitano il sonno e le inquietudini del
secolo, i messaggi estetici, etici e poetici degli autori. Queste figure
tornano dall’oltretomba, dal regno dei morti per parlare e salvare i vivi o
meglio i sopravvissuti. Carlacchiani (segnato da una pesante esperienza
esistenziale) oltrepassa l’apparenza delle cose e della fisiognomica, lui va
oltre, verso la parte interiore, riuscendo così a idealizzare e stilizzare la
figura, rendendola riconoscibile, seppur sottolineando semplici ed essenziali
aspetti fisici (occhiali, capelli, sguardo, baffi, cappello).
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Gramsci
Quest’arte, espressionista e leggera, didascalica e
antologica, esprime una sorta di antigrazioso ma vivo, è un testamento
viscerale ed etico che emana un’aura di sacro. Dal punto di vista tecnico, le
opere ricordano le sinopie che i grandi artisti realizzavano sui muri o sui
cartoni preparatori prima di realizzare l’opera e quindi hanno il fascino del
disegno e della traccia primordiale e dei sensi consumati dal tempo. Questi
ritratti hanno a tratti l’essenzialità di Brancusi, l’afflato mistico di Modigliani,
l’espressionismo di Bacon, l’urgenza espressiva e comunicativa della Street Art.
Tra i tanti generi artistici, il ritratto è quello che più di ogni altro genera
e crea immortalità, che cattura la realtà o la memoria ma guarda verso il
futuro. Non c’è da stupirsi che dalla Grecia all’antico Egitto, dal
Rinascimento alla Pop Art, gli artisti sono stati attratti da questo genere e
Carlacchiani non è da meno, tra l’altro apprezziamo il fatto che non si è mai
Autoritratto, (forse per non offendere Raffaello, Tiziano, Van Gogh), ma in
ognuno di questi ritratti, c’è l’anima vagante e incredula, empatica e
spaventata, ammirata e specchiata di Sergio Carlacchiani. L’Artista è riuscito
a mettere insieme in questi lavori, pensiero e sentimento, formalismo e astrazione,
soggettività e intersoggettività, in cui l’alienazione del soggetto, diventa
medium cosmico di salvezza estetica, matrice semantica di una futura rinascita,
riconoscimento, eternità, in queste sinopie, l’artista riesce a cogliere in un
solo colpo il dissolvimento di sé e il riconoscimento della specie. Queste
opere hanno il dono raro di interrogarci e allo stesso tempo di darci una
risposta emotiva, dove l’impulso creativo dell’autore diventa traccia
dell’espressione, il miracolo dell’idea che diventa forma e memoria, desiderio
e visione.
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