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UNA NUOVA ODISSEA...
DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES
Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.
Angelo Gaccione
LIBER
L'illustrazione di Adamo Calabrese
FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
Buon compleanno Odissea
sabato 30 settembre 2023
ORDINE PUBBLICO
A TE PASSANTE DISTRATTO
di Associazione di volontariato Idra
Scavi Tav al buio nelle
barbe di Firenze
Se è dimostrato che:
1. la prima galleria ferroviaria
ad Alta Velocità fra Castello e Rifredi è un colabrodo che perde acqua di falda
da mesi, forse anni
2. il Comando provinciale
dei Vigili del Fuoco di Firenze non sa niente del progetto di 12.888 metri di
scavi TAV sotto la città: non è stato interpellato
3. non c’è il Piano di
Emergenza che le norme ministeriali obbligano a predisporre prima dell’avvio
dei lavori
4. l’attività della talpa
per lo scavo è partita invece il 15 maggio, e il Comune di Firenze ne ha caricato
su una pagina web il progetto esecutivo solo in ritardo e solo in parte, e
senza nessuna iniziativa di presentazione pubblica dell’opera… se tutto questo
è vero…
a. che effetto ti fa sapere
che proprio il Comune di Firenze, documentato sui danni ambientali registrati
sul suo territorio e sul paventato rischio emergenza, risponde seccamente di
non avere (testuale) “nessuna competenza in materia”?
b. che effetto ti fa sapere
che la Regione Toscana, altrettanto informata e documentata, risponde
(testuale) che “il Comune di Firenze, ai sensi dell’ex art. 28 del
D.P.R. 380/2001, è il soggetto chiamato al controllo della conformità dei lavori
al progetto” e che “per il controllo ambientale della fase attuativa è stata
disposta l’istituzione dell’Osservatorio Ambientale nazionale del Nodo di
Firenze”, reclamando “l’assenza di competenze della Regione sull’approvazione
del progetto esecutivo” e suggerendo di domandare
direttamente all’oste se il vino è buono (“pare opportuno che le richieste ed i
dubbi espressi vengano rivolti ad RFI”)?
c. che effetto ti fa sapere che anche
l’Osservatorio Ambientale si dichiara ‘non competente’, persino sull’acqua che
filtra in più foto dalle pareti della galleria a Castello?
d. che effetto ti fa sapere che la
Prefetto di Firenze, più volte interpellata sul Piano di Emergenza, non ha mai
risposto, e non ha ancora accordato un incontro richiesto da mesi, benché abbia
ricevuto dai Vigili del Fuoco della città la dichiarazione di mancata
consultazione?
e. come valuti il grado di
indipendenza e di deontologia professionale dei giornalisti che, informati,
tacciono?
Violenza Pelosa a
Piombino
È giustificata una ricetta
che sostituisce una dipendenza energetica a basso costo (gas via tubo) con
un’analoga dipendenza assai più onerosa (GNL, Gas Naturale Liquefatto)?
È logico imporre in nome
dell’ambiente misure che aggravano più e più volte il bilancio ecologico del
pianeta a causa dei metodi di estrazione, di trasporto e di rigassificazione di
una fonte fossile?
È ancora provvista di senso
la scelta di adottare un modello energetico fondato su emergenze smentite dai
fatti, come i bilanci nazionali di esportazione del gas attestano, e la sostanziale
inattività della Golar Tundra conferma?
È legittimata da qualche
normativa ambientale la scelta di costringere il nostro Paese col pretesto di
una cobelligeranza mai avallata da una consultazione popolare al ruolo di piattaforma
internazionale di trasformazione e transito delle energie fossili?
Denota competenza
istituzionale disdire notizie e ritrattare impegni solennemente assunti, come
dal presidente-commissario Eugenio Giani, dinanzi al Consiglio regionale?
È corretto rovesciare le
sorti di una città, di un litorale e di un’intera economia senza informare la
popolazione?
È civile rifuggire come la
peste gli incontri con la cittadinanza e concedersi solo a quelli di telecamere
compiacenti?
Trasmette affidabilità
l’abitudine a schivare all’infinito verifiche e confronti tecnici dopo avere
assunto dinanzi a testimoni istituzionali l’impegno a onorarli?
Sarebbe del tutto inopportuno che anche in Toscana, di fronte
all’atteggiamento autoritario e incongruente del suo governo, le scuole si comportassero come il Collegio dei Docenti e la Dirigente
Scolastica dell’Istituto Comprensivo di Quiliano (Savona), che hanno annunciato
la volontà di “disertare qualsiasi proposta
idi educazione ambientale, civica e di salute che pervenga dalla Regione o
dagli enti ad essa collegati ritenendo ipocrita la richiesta di formare le
coscienze degli studenti a valori che nella realtà vengono disattesi e
calpestati?”
Disboscamento green
in Mugello
È decoroso che un soggetto
con responsabilità pubblica si scagli contro un’istituzione come le
Soprintendenze quando, adempiendo il proprio compito, esse esprimono
legittimamente un parere indipendente su progetti di grande impatto?
È saggio non tener conto
delle obiezioni dell’Ente Parco delle Foreste Casentinesi?
È rispettabile la volontà -
liberamente espressa dal presidente Giani - di sovvertire addirittura le regole
e le procedure per poter avere il sopravvento sulle conclusioni tecniche delle
Soprintendenze?
Armi facili alla guerra e
base militare a San Rossore
Ricorda forse l’azione di
Giorgio La Pira, di Ernesto Balducci o di Lorenzo Milani la scelta di avallare
e benedire il foraggiamento con denaro pubblico di una guerra repellente,
esponendo per giunta sui Palazzi regionali bandiere della pace?
Si può classificare come intervento ispirato alla tutela dei valori
ambientali quello di destinare a base militare parte di un parco regionale
pregiato?
È buona prova di equità
intergenerazionale attingere al PNRR, e caricare quindi sulle generazioni
future i costi di “opere destinate alla difesa nazionale” di una
popolazione che non è sotto attacco e alla quale non è mai stato chiesto alcun
consenso alla cobelligeranza?
Ti sembra una Regione
Presentabile?
ADOLESCENZA AD CONTINUUM
di Laura Margheria Volante
Ogni giorno la narrazione sui rapporti
umani non solo in società, ma soprattutto in famiglia sono a dir poco
inquietanti. Ormai le violenze e gli omicidi consumati all'interno delle
famiglie rappresentano un fenomeno sociale in continua ascesa. Dei femminicidi
se ne parla in dibattiti mediatici mentre alcune associazioni se ne occupano
per sostenere le donne vittime di violenza e, allo stesso tempo, per sviluppare
una presa di coscienza sociale su questa tragica vicenda umana. Altresì stanno
avanzando, con acredine e ferocia, crimini nel mondo giovanile, dove
adolescenti in branco commettono i più efferati reati anche ai danni di ragazze
minorenni, vantandosene pubblicando le foto sui social. Si fotografa tutto,
anche la morte procurata. Altri adolescenti sono protagonisti di omicidi senza
pietà dei propri genitori. Di solito il movente ruota intorno ai soldi da
ereditare.
Psicologi, psichiatri sono
impegnati a studiare questo fenomeno così in continuo aumento. Non più figli,
ma mostri. Cos'è dunque che non funziona nelle dinamiche familiari al punto di
arrivare all'odio omicida? Nella società consumistica l'oggetto si è sostituito
alla persona, diventata invisibile. Non più rapporti educati ai sentimenti e
agli affetti, ma al possesso di oggetti costosi, e al procurarsi droghe per
individui deboli e fragili, cresciuti nella solitudine della casa depressi
e senza identità, cercata assumendo identità altro da sé, secondo i modelli
sociali on voga. Non è avvenuto, infatti un processo di identificazione
attraverso uno spazio di relazione, dove il soggetto viene visto nei suoi
bisogni di attenzione, dedizione, ascolto, ma liquidato per accontentarne ogni
desiderio: tutto e subito. Manca quindi un percorso educativo, con assunzione
di responsabilità da parte dei primi educatori: i genitori, adolescenti ad
continuum...
Inoltre la grave frattura fra
scuola e famiglia comporta che gli adolescenti, senza autorità credibili, come
piume al vento manipolano facilmente a proprio favore gli adulti in continuo
conflitto non solo fra di loro, ma anche con i docenti a difesa dei figli. Una
sorta di personalizzazione per cui ogni osservazione del docente, preposto
all'istruzione e al superamento dei compiti di sviluppo dello studente, viene
vissuto come un nemico e non un alleato per la crescita del soggetto preso in
esame. In tale fase adolescenziale critica, bisognosa di una guida e di punti
di riferimento che lo aiutino alla vita, ritengo che siano indispensabili i
pedagogisti, figure esperte di accompagnamento alle famiglie con
diagnosi funzionali sulle criticità delle relazioni, come prevenzione, per
aiutare gli attori, di tale scenario, a leggere le dinamiche all'interno della
famiglia, stabilendo ruoli e responsabilità.
VERGATI ALLA BIBLIOTECA VIGENTINA
Corso di Porta Vigentina,
15 - Mercoledì 4 ottobre 2023, ore
18.00
LA FORMA E L’ASPETTO - ANNO
XIV
INCONTRI A PAROLA
A cura di Cesare Vergati
Per l’atto del guardare, del vedere e insieme dell’intuire il
sensibile, in variegata sua manifestazione, l’autore dà all’apparenza una forma
in divenire perché l’aspetto abbia a stare verosimilmente accanto a vissuto e
pensiero. Per cui la parola d’arte assume la cura di dire a modo proprio. Incontri
con gli autori: Rinaldo
Caddeo:
poeta, scrittore, criticoMaria
Silvia Caffari:
regista teatrale, attricecuratrice
dell’archivio di Giorgio Buridan Luigi
Maione: musicista,
poetaCesare
Vergati,
scrittore poeta Ingresso
libero fino a disponibilità di posti
Per l’atto del guardare, del vedere e insieme dell’intuire il
sensibile, in variegata sua manifestazione, l’autore dà all’apparenza una forma
in divenire perché l’aspetto abbia a stare verosimilmente accanto a vissuto e
pensiero. Per cui la parola d’arte assume la cura di dire a modo proprio.
curatrice
dell’archivio di Giorgio Buridan
venerdì 29 settembre 2023
SPIGOLATURE
di
Angelo Gaccione
Scior
Carera, il Pasquino milanese.
Milano ha avuto il suo Pasquino, non celebre come quello romano e che
può addirittura vantare una piazza intestata a suo nome, pur tuttavia, ha
lasciato presenza di sé come si può ancora vedere, se non ci si fa distrarre
dal flusso ossessivo che affolla i portici di Corso Vittorio Emanuele
stracarico di negozi alla moda, e si levano gli occhi all’altezza del numero 13
dove la statua avvolta da una toga romana fa bella mostra di sé. Subito sotto
ai suoi piedi una scritta in lingua latina recita: “Carere debet omni vitio qui
in alterum dicere paratus est”. Tradotta ammonisce che deve essere privo di
ogni vizio colui che si accinge a criticare la condotta di un altro. Il
Pasquino milanese il nome lo ha mutuato dalla parola latina Carere che
apre la scritta, per quelle incredibili alchimie popolari, quelle storpiature
ironiche della sua accesa fantasia. E così Carere è stato trasformato in
un vero e proprio nome: Carera, al quale con l’aggiunta del sostantivo
dialettale scior (signore), ha dato vita allo scior Carera, il
signor Carera. Ma attenzione a quello scior, va letto rigidamente sciur,
altrimenti i pochi milanesi sopravvissuti e che ancora parlano la lingua
meneghina potrebbero adontarsene. Questo altorilievo di marmo, pare databile al
terzo secolo, è stato battezzato anche omm de preja (uomo di pietra); e
difatti, un’altra iscrizione del piedistallo, appena sotto la prima, ci
informa: “Statua virile romana detta omm de preja o scior Carera.
Un tempo in via S. Pietro all’Orto. Durante il dominio austriaco fu per Milano
quello che per Roma era la statua di Pasquino”. Ed ecco tutti gli elementi a
nostra disposizione: per un lungo periodo la statua si trovava in via San
Pietro all’Orto e vi si attaccavano, come per la statua “parlante” di Pasquino
al Parione, ogni sorta di scritti: satire, epigrammi, versi salaci, invettive e
quant’altro. Se il Pasquino romano fustigava il corrotto potere papale, lo
scior Carera milanese fustigava i dominatori austriaci. La storia della sua
collocazione è lunga e articolata e nel tempo si è tentato di dargli una
identità attendibile, ma senza successo. Si pensò persino a Marco Tullio
Cicerone (ma la testa è posticcia e non di epoca romana, e poi i lineamenti non
corrispondono a quelli del politico ed oratore), il piccolo scrigno posto ai
suoi piedi ha fatto pensare invece ad un magistrato. Ad ogni modo nel 1832
la statua fu sistemata in una posizione molto elevata per evitare che si
mettessero ai suoi piedi gli scritti irriverenti come avveniva per quella di
Pasquino a Roma. La tradizione sostiene che nel 1848 vi fu affisso il manifesto
dello sciopero del fumo per protestare contro la tassa imposta dagli austriaci,
protesta che poi culminò con l’insurrezione delle Cinque Giornate. Non è
escluso che qualcuno dei patrioti ci abbia fatto davvero un pensierino; e
quanto agli aspetti irriverenti ecco come ci si rivolgeva all’Arciduca Eugenio de
Beauharnais: arciduca 6 -1- 0, cioè sei uno zero. Questi versi furono
scritti invece in occasione della visita dell’Imperatore asburgico: Verona
città giuliva, l’applaude quando arriva. Milano che sa l’arte, l’applaude
quando parte. Le altre città che pensan ben, l’hann in del c* quando parte e
quando vien. Nel 1950 con il riassetto urbano del
corso Vittorio Emanuele, la statua fu collocata nel luogo dove si trova
tuttora.
LA LUCE DELL’INIZIO
di
Gabriele Scaramuzza
Massimo Camisasca
È stata la
segnalazione di Claudio Toscani il 6 settembre 2023 su “Avvenire” a invogliarmi
all’acquisto di questo libro, mosso da due motivazioni intrecciate. La prima è
conoscere meglio, al di là dei suoi molti scritti dottrinari (ma forse è
riduttivo definirli così, e neppure “teorici” si conviene loro, meglio
teologici), l’autore. La seconda è la speranza di potermi addentrare meglio
nelle radici vissute della sua convinta adesione al mondo di Comunione e
Liberazione, di cui resta tra i rappresentanti di maggiore spicco; ad esso ha
dedicato non pochi impegnativi scritti. La mia non è alcuna ricognizione piena
di Nella luce dell’inizio; mi soffermerò solo su alcuni spunti
(discutibili, certo) che la lettura mi ha offerto. Queste pagine mi hanno per
lunghi tratti coinvolto; non fosse stato così, non avrei loro dedicato
quest’attenzione, che mi viene spontanea. Ho tentato di spiegarmi il titolo,
dubito mi sia riuscito. Lo si può connettere, penso, con l’esperienza di
Comunione e Liberazione (e, prima, della Gioventù Studentesca), quale si è
configurata nell’autore. In questa linea mi è parso di scorgere in suor
Cristiana (pp. 169-172) una sorta di controfigura al femminile del don Giussani
che tanta presa ha avuto su taluni. “Effettivamente
– mi conferma Camisasca - suor Cristiana rappresenta una eco un po’ sbiadita di
don Giussani”. Devo confessare: conosco da tempo Massimo
Camisasca (e suo fratello Franco, cui il libro è significativamente dedicato);
non ho letto molto di lui, non so quanto ne ho davvero capito, ma mi ha sempre
interessato; così mi ha colpito quel tanto che ho saputo della sua vita.
Ricordo Comunione e Liberazione. Le origini (1954-1968) - ediz. San
Paolo 2001, introdotto da Josef Ratzinger; recensito tra gli altri da Gad
Lerner sul “Corriere della Sera” nella primavera del 2001. Non ho modo di
rileggerlo ora, ma lo conservo segnato a matita; mi sono rimaste però le pagine
sull’ambiente provinciale in cui è cresciuto don Giussani, per certi aspetti
analogo a quello in cui sono vissuto io, più
tardi. Sullo sfondo sta il mio superficiale rapporto con don Giussani, che pur
a modo mio posso dire di aver frequentato. È nato 17 anni prima di me; quando
l’ho conosciuto la sua posizione, ormai affermata, era ben diversa da quella di
un mero, provvisorio supplente al Berchet, quale ero io. Ricordo la scarsa
volontà, peraltro reciproca, di conoscersi; dovrei rimproverare anche a me
stesso il vuoto di empatia che ho ascritto a lui. Devo anche aggiungere che, in
questi giorni malagevoli per me, l’urgenza di tornare a un mondo lontano, ma
per me tuttora ricco di colori, si è acutizzata. Ma torniamo al libro: ben
impaginato, a righe larghe, a caratteri leggibilissimi - ed è un sollievo.
Accattivante la figura di copertina: è già una promessa. L’esergo poi - Tout
comprendre, pour tout pardonner - affascina e insieme interroga; imprime
una commovente patina esistenziale all’intero testo.
Massimo Camisasca |
Il periodo in cui si distende la narrazione è
breve: tra il maggio del 1966 e il giugno del 1968. Pochi i personaggi in
gioco: protagonisti sono Enrico (il padre), Marco (il figlio), cui si aggiunge
Lucia amata, alfine - in un lieto fine - condotta all’altare da Marco: è lei soprattutto a dar volto all’ossatura affettiva
del testo. Nelle giornate in cui si articola il racconto tuttavia si proiettano ricordi, attese, speranze. Si
rapprendono eventi, persone, meditazioni appartenenti ad anni, climi,
contingenze lontane, e per forza di cose differenti. Della figura del padre
colpisce il rifiuto di aderire alla Repubblica Sociale, la conseguente,
debilitante, prigionia in uno Stalag (come successe a non pochi altri, tra cui
Guareschi, Paci...). Sorprendente è il dialogo difficile, altalenante, e
tuttavia rassicurante tra padre e figlio: diversi casi della vita vi si
intrecciano; diverse sono le difficoltà anche affettive attraversate. La vita
del figlio Marco è incerta ma alla fine riuscita. L’ambiente in cui si muove la
vicenda non è il mio, ma ho apprezzato il modo di narrare di Camisasca:
spigliato, snello, mai inutilmente contorto; penetrante nelle osservazioni
psicologiche e nelle riflessioni etico-filosofiche o religiose. Teso infine a
evitare dogmatismi e aprioristici paraocchi, o così mi è parso, encomiabilmente
dal mio punto di vista. Mi è sembrato riflettere quello “stato d’animo di
silenzio, di pace, di accordo con le cose, di serenità; un senso di giusta
distanza nella vita: né ansia, né disinteresse” - di cui leggo a p. 8). Un’eco
di Pavese si avverte nel perseguire “quello stile asciutto, essenziale, che
esalta il valore della parola, senza togliere nulla al sangue della frase o del
verso” (p. 72). Non è il mio mondo, ripeto, e tuttavia vi è presente qualcosa
che riguarda anche me; persino la visione del mondo mi è forse meno estranea di
quanto si possa pensare. Non solo la crudele “caccia alle lucertole” (pp.
159-160), per me tra me macerie della Milano dell’immediato dopoguerra; non
solo l’imbarazzante richiesta “di salire su una sedia e recitare una poesia
davanti agli ospiti, nei giorni di festa” (p. 186); non solo un cenno al gioco
delle carte (p. 74). Ma soprattutto la sensibilità per la natura, la
consuetudine col mondo culturale; il ritorno di artisti da me molto amati quali
Montale, Dostoevskij, Mozart, Manzoni, Caravaggio, Verdi, Primo Levi ...;
assente tuttavia il “mio” Kafka.
L’universo culturale in cui si muove il romanzo è variegato, non manca l’attenzione al sociale, alla dimensione estetico-artistica, alla realtà psicologica (citata è tuttavia la psicanalisi, non la psichiatria), ovviamente al mondo femminile, che ha anzi un grande rilievo. Dominante resta tuttavia la sensibilità religiosa, evidente soprattutto nelle ultime pagine, otre che naturalmente nella figura di Massimo Camisasca. Una sensibilità che non è la mia e tuttavia non mi è così estranea, anche se esiste per me in modi e in sensi assai lontani dai suoi, ed è stata raggiunta da me per vie sensibilmente differenti. Nell’insieme mi colpisce la visione del mondo presente nel libro: la fiducia in un tono della vita animato dalla speranza, lontano da malinconie, depressioni, angosce, abbandoni (ma l’abbandono è anche affidamento...): “L’abbandono rimane dentro di noi come una voce che non possiamo accettare. Eppure possiamo guarire, se impariamo a poco a poco a perdonare” (p. 148). Questo riprende e motiva l’esergo. L’esortazione è a tentare risposte, a reagire; e non in nome di nulla. A questo si associa una religiosità non nemica del vivere, della sua possibile gioia, del piacere di esistere. Una prospettiva per nulla nuova per me, e già presente negli scrittori da me amati, se non in forme di religiosità appena sfiorate. C’è un messaggio a cui Nella luce dell’inizio dà voce, ed è questa visione positiva della vita, un tantino idilliaca forse, ma aperta alla speranza e alla felicità, non consumata tra malinconie, depressioni, sfiducie. Un’istanza condivisibile, che certo ha proprie condizioni di possibilità in esistenze che si sono salvate, e che può comunque realizzarsi per vie differenti, anche lontane tra loro. Come tanta arte di ogni tempo insegna. Camillo De Piaz coglie benissimo che “il cristianesimo non può e non deve essere inteso come un disperato, suturno, e disumano soggiorno di sragionate rinunce”. Hanno inciso troppo “sulle meditazioni cristiane le fonde occhiaie e il lucidi pallori dei teschi, troppo ci si è scordati” del “gesto festivo di Cristo a Cana” (Giuseppe Gozzini, Sulla frontiera. Camillo De Piaz, la Resistenza, il Concilio e oltre, Scheiwiller, Milano 2007, pp. 81-82). Delle due domande iniziali la prima ha ottenuto risposta, mi si è confermato e arricchito il tono della personalità di Massimo Camisasca. Quanto a Comunione e Liberazione non saprei... sarà per un’altra volta.
Massimo
Camisasca
Nella
luce dell’inizio
Ed.
San Paolo 2023
Pag.
190, € 16.
ABBASSO LA GUERRA
Invito
a Conferenza stampa sulla denuncia della presenza di armi nucleari in Italia.
Davanti alla base militare di Ghedi (Brescia).
La
stampa, le autorità, le associazioni e le persone sono invitate a una
conferenza stampa che si svolgerà di fronte alla base militare di Ghedi il
2 ottobre alle ore 10 prossimo venturo per presentare la denuncia
sottoscritta da 22 esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste e
singoli cittadini tesa ad accertare la presenza di ordigni nucleari in
territorio italiano e, successivamente, di accertarne l’illegalità sulla base
della normativa interna e internazionale. La conferenza stampa si svolge
in un giorno evocativo, la Giornata Internazionale della Nonviolenza istituita
dall’ONU e in un possibile e probabile “luogo del reato”, la base militare di
Ghedi che condivide con quella di Aviano il segreto di Pulcinella della
presenza di un numero imprecisato di armi nucleari. La denuncia fa seguito a una
campagna iniziata due anni fa da un vasto settore del pacifismo italiano che ha
chiesto uno studio a IALANA, associazione di giuristi specializzati in Diritto
Internazionale, al fine di emettere un parere sulla legalità della presenza di
armi nucleari in Italia. Per partecipare alla conferenza stampa in forma
virtuale e per informazioni scrivere a: denunciaarminucleari@proton.me
CAMMINO E RIFLESSIONI SUL DIGIUNO DI PACE
La
mattina di sabato 30 ottobre avrà luogo nel 'Bosco della Difesa' di San Marco
in Lamis (Foggia) una interessante iniziativa nell'ambito della “Settimana di
mobilitazione Internazionale per il cessate il fuoco e negoziati in Ucraina (30
settembre - 8 ottobre 2023)”. Da sempre il digiuno rappresenta una pratica non
violenta a disposizione di quanti intendono manifestare pacificamente il
dissenso a difesa dei diritti umani calpestati dalle leggi e dagli stati. Da
qualche mese, all'interno del Coordinamento Capitanata per la pace, si è
costituita una ‘Arca per la Pace' che pratica il 'digiuno a staffetta', con il
coinvolgimento attivo di circa una quindicina di pacifisti locali che digiunano
avvicendandosi lungo l'arco della settimana. Si tratta ora di conoscere meglio
- grazie ad un incontro in presenza - le motivazioni che da mesi animano quel
gruppo e di approfondire le modalità più idonee per dare a questo digiuno
significato compiuto e coerente risonanza pubblica. Il cammino nel paesaggio
suggestivo del bosco garganico consentirà di incontrarsi e conoscersi anche
personalmente poiché solo una salda trama di affetti e condivisioni potrà dare
respiro e continuità alle iniziative a sostegno della pace.
Arca per la pace
Coordinamento
Capitanata per la pace coordinamentocapitanatapace@gmail.com
LIBRAMENTE
AL MUSEO LECHI
Il grande
successo riscosso durante la stagione estiva ha indotto l’Assessore alla
Cultura Angela Franzoni a “replicare” la rassegna letteraria “Libramente” anche
nel periodo autunnale e invernale, come già accaduto lo scorso anno. Dal 30
settembre e sino al mese di marzo 2024 si susseguiranno nella Sala della
Riserva del Museo Lechi una serie di presentazioni di autrici e autori legati
al territorio bresciano, ma anche di fama nazionale, sotto il coordinamento di
Federica Belleri e Federico Migliorati e con la collaborazione di Adriana Mori
e Marzia Borzi, di Montichiari Musei e della Libreria Mirtillo. 6 le iniziative
previste fino al termine del 2023 e già definite: si spazierà da gialli e
thriller a testi divulgativi alla scoperta di Brescia e provincia sino alla
partecipazione di un ospite d’eccezione nella persona dello scrittore Christian
Ginepro, attivo non solo nel mondo letterario ma anche al cinema, in teatro e
in televisione (ricordiamo la serie di Rocco Schiavone dove interpreta il
personaggio di Domenico D’Intino). Tra le novità 2023 c’è la poesia che
“sbarcherà” per la prima volta nella rassegna autunnale a Montichiari con Maria
Antonietta Viero, insignita di una Menzione Speciale al Premio Internazionale
Camaiore 2023. “Libramente – spiega l’assessore alla Cultura Angela Franzoni –
sta diventando una piacevole tradizione che confido possa continuare anche nei
prossimi anni. Un ringraziamento sentito va a tutti coloro che si prodigano per
rendere possibile ogni volta un ciclo di appuntamenti così ampio e in grado di
soddisfare il pubblico: relatori, lettori, personale di Montichiari Musei e
collaboratori. Contiamo di avere una buona partecipazione, anche per il
prestigio del luogo dove non solo la collezione permanente Lechi ma anche le
nuove mostre temporanee in programma nei prossimi mesi daranno ulteriore lustro
a tutto il contesto garantendo così una sinergia tra arte e letteratura”. Tutti
gli incontri inizieranno alle ore 16 con ingresso libero e gratuito.
giovedì 28 settembre 2023
SCIOPERO GENERALE CONTRO LA GUERRA
Bansky "Cnd Soldiers"
Assemblea
Nazionale domenica 8 ottobre 2023 presso il Circolo El Salvadané di via De
Amicis 17 a Milano alle ore 9,30. Per preparare lo sciopero generale del 20
ottobre.
L’impatto
drammatico dell’economia di guerra sulle condizioni materiali e di vita di
milioni di lavoratori italiani ed europei è sempre più tangibile. Mentre
prosegue senza sosta la mattanza della popolazione ucraina, vittima dello
scontro imperialista tra la Nato e la Russia di Putin, assistiamo a una corsa
al riarmo senza precedenti su scala globale. In un quadro già segnato
dall’aumento costante delle spese militari nell’ultimo decennio, lo scorso 13
luglio il parlamento europeo, con voto quasi unanime, ha approvato in via
definitiva il regolamento ASAP (“Atto di supporto alla produzione di
munizioni”) col quale l’UE stanzia 500 milioni di finanziamenti alle industrie
di armi al fine di aumentare la produzione di proiettili e missili da inviare
al governo di Kiev, e prevede la possibilità di dirottare a tal fine gli stessi
fondi del PNRR (che nelle enunciazioni dei governi sarebbero dovuti servire per
contrastare l’impatto economico e sociale della pandemia). Ma soprattutto, in
tale regolamento si dichiara apertamente che i livelli di spesa pubblica
destinata alle armi (e alle guerre) dovranno aumentare anche nei prossimi anni
per far fronte a un nuovo contesto che “non è più di pace”, lasciando intendere
che la tendenza generale al riarmo (e allo scontro tra le grandi potenze) va
ben al di là degli esiti della guerra in Ucraina, caratterizzandosi come
elemento sempre più centrale delle politiche economiche delle grandi potenze a
livello globale. Così noi lavoratori, precari, disoccupati e pensionati, già duramente
colpiti negli ultimi 3 anni dagli effetti della pandemia, vedremo le nostre
condizioni di vita ulteriormente e duramente peggiorate per effetto
dell’inflazione sui salari già poveri, dei rincari di tutti i beni di prima
necessità, delle bollette, degli affitti e dei mutui. In un simile contesto, le
politiche del governo Meloni rappresentano una vera e propria dichiarazione di
guerra contro i ceti sociali meno garantiti:
*il
sostegno incondizionato ai piani di guerra fa il paio con le ricette securitarie
(carcere ai minori e ai loro genitori), con la repressione degli scioperi e del
conflitto sociale e con misure apertamente reazionarie.
*L'abolizione
del reddito di cittadinanza, supportata da una campagna di odio contro i
disoccupati, sta condannando milioni di famiglie alla povertà estrema e al
ricatto di dover accettare condizioni di lavoro ultra-precarie e con salari da
fame.
Pablo Picasso "Guerra e pace"
Dopo
l’approvazione del DL Lavoro che ha incentivato la precarietà attraverso
l'estensione dell'utilizzo dei voucher e la facilitazione dell'uso reiterato
dei contratti a termine, e di una legge di rifinanziamento delle missioni
militari all’estero (43 in totale) che incrementa di oltre 100 milioni di euro
(e di 1500 soldati) la spesa destinata ai contingenti italiani in Europa
orientale, la prossima manovra economica non potrà che confermare il carattere
antisociale e guerrafondaio dell’attuale governo, teso ancora una volta a
colpire lavoratori e disoccupati aumentando le diseguaglianze al fine di
tutelare e alimentare i già alti profitti del grande capitale, della finanza
speculativa e delle lobbies belliciste. Intanto decine e decine di contratti
collettivi sono scaduti: milioni di lavoratori si ritrovano privi di qualsiasi
tutela e con in tasca un salario falcidiato dall’aumento dei prezzi. Tutto ciò col sostanziale silenzio-assenso
delle ‘opposizioni’ parlamentari e dei vertici di Cgil, Cisl, Uil e UGL, i
quali al di là di qualche dichiarazione ad effetto sui media e di qualche
passeggiata rituale convocata in autunno, si guardano bene dal lavorare a una
nuova stagione di lotta dentro e fuori ai luoghi di lavoro. Contro questa nuova
macelleria sociale, le nostre organizzazioni sindacali hanno proclamato una
giornata di sciopero generale nazionale per il prossimo 20 ottobre, che avrà
come sue principali rivendicazioni:
Pino Canta e Mari Cesena
"Lancio di missili" 2023
NO ALLA
GUERRA, NO ALLE SPESE MILITARI, ALLA PRODUZIONE E ALL’INVIO DI ARMI - PER
L'AUMENTO GENERALIZZATO DEI SALARI PARI ALL'INFLAZIONE E DELLE SPESE SOCIALI;
NO ALL'ABOLIZIONE DEL REDDITO DI CITTADINANZA, PER IL LAVORO STABILE E SICURO O
UN SALARIO GARANTITO A TUTTI IDISOCCUPATI. BASTA CON LA STRAGE DEI MORTI SUL
LAVORO.
"Lancio di missili" 2023
Hermann Nitsch "Sangue"
Intendiamo
dar vita a una giornata di lotta che, a partire dai luoghi di lavoro e dal
protagonismo dei lavoratori e dei disoccupati, punti ad attraversare e
coalizzarsi con l'opposizione sociale che in questi mesi si sta sviluppando sui
territori sul NO al riarmo e alle spese militari, contro l’abolizione del
reddito di cittadinanza, le devastazioni ambientali e le catastrofe climatica
prodotta dal modello di sviluppo capitalista promosso da Governo e opposizioni
parlamentari, contro le politiche razziste e sessiste e più in generale contro
l’ondata reazionaria alimentata da questo governo. In queste settimane alcune soggettività
sociali si stanno mettendo in moto per sviluppare mobilitazioni e appuntamento
di lotta: dalle manifestazioni lanciate dagli ex percettori del RdC per le
prossime settimane, ai cortei contro la guerra indetti per il prossimo 21
ottobre presso la base militare di Ghedi (principale deposito di ordigni
nucleari Nato in Italia), a Pisa su iniziativa del Movimento No Base a Coltano
Né Altrove e in Sicilia; dagli scioperi nazionali nei settori del trasporto
aereo e locale e del trasporto merci e logistica, alle mobilitazioni per il
diritto all’abitare. Vogliamo sviluppare, prima, durante e dopo lo sciopero
generale, la massima unità d’azione con tutti coloro che intendono costruire ed
animare un’opposizione reale e di classe alle politiche lacrime e sangue del
governo Meloni e ai signori della guerra.
Max Hamlet "No War"
Per questo motivo, invitiamo le
realtà di lotta, sociali, politiche e sindacali, i movimenti studenteschi, i
comitati ambientalisti e le reti attive contro la guerra e il militarismo
all’Assemblea Nazionale dell’8 ottobre 2023 presso il Circolo El Salvadané di
via De Amicis 17 a Milano alle ore 9,30. Guerra ed economia di guerra, Salari
bassi e tagli alle pensioni, precarietà, sfruttamento, taglio del reddito di
cittadinanza, morti sul lavoro, dissesto dei territori, discriminazioni di
genere, blocco dell’edilizia popolare, aumento dell’inflazione e del costo
della vita, distruzione del sistema sanitario, del welfare, dei trasporti e
della scuola:
SCIOPERO GENERALE 20 OTTOBRE 2023
AdL
Varese - Cub - SGB - Si Cobas - Usi Cit
mercoledì 27 settembre 2023
LAVORARE INSIEME PER LA PACE
Se continua questa
guerra
tutti quanti andiam
per terra.
I punti chiave
Continuare a fare la
guerra è la scelta peggiore.
La guerra è inconcludente
e autodistruttiva.
La “grande assenza” della
politica di pace non è più sostenibile.
La guerra ci sta
impoverendo.
Le alternative esistono.
La pace non è solo
l’obiettivo.
La pace è la via.
Abbiamo bisogno di cure,
non di bombe.
Per le persone, per il
pianeta. Trasformiamo il futuro.
La guerra
è la cosa più stupida e irrazionale che possiamo continuare a fare perché è
inconcludente, autodistruttiva e nessuno la può vincere. Continuare a fare la
guerra sarà la scelta peggiore. Per gli ucraini, per noi e per il mondo. La
scelta peggiore produrrà gli esiti peggiori: il martirio e la devastazione
epocale dell’Ucraina, l’allargamento della guerra e delle devastazioni al resto
dell’Europa e quindi anche all’Italia, fino - e speriamo mai - all’apocalisse
atomica. Per questo ci vuole un’uscita diplomatica dalla guerra. La guerra è un
disastro anche perché non riesce a risolvere nessuno dei problemi che i suoi
sostenitori pretendono di risolvere: la conquista e la smilitarizzazione
dell’Ucraina da parte della Russia, la vittoria dell’Ucraina sulla Russia e la
riconquista dei territori occupati, il ripristino della legalità
internazionale, l’esportazione della democrazia. La guerra non è dunque solo
“un crimine in grande” che doveva e poteva essere evitato ma anche “un tragico
fallimento”. Per questo, dopo tanti mesi di inutili stragi, nell’interesse
superiore delle presenti e future generazioni, torniamo a chiedere a tutti i
responsabili della politica nazionale, europea e internazionale di essere
“realisti”, di raccogliere l’appello di Papa Francesco e di fare tutto il
necessario per raggiungere l’immediato cessate-il-fuoco. Non è vero che fermare
la guerra voglia dire abbandonare gli ucraini. È vero il contrario! Fermare la
guerra vuol dire fermare il massacro degli ucraini e la distruzione del loro
paese. Fermare la guerra vuol dire fermare l’escalation militare,
l’annientamento quotidiano di civili e soldati, le sofferenze di tutte le
persone che devono cercare di sopravvivere nel campo di battaglia, la
distruzione di immensi territori e di preziose risorse naturali, la corruzione,
il traffico delle armi, il radicamento dell’inimicizia e dell’odio. L’impegno
per ottenere il cessate-il-fuoco deve procedere di pari passo con un altro
serio lavoro: quello difficile ma indispensabile della costruzione delle
condizioni per la pace. “La pace è il lavoro più fondamentale che abbiamo. È
tempo di compromessi per un domani migliore”. Antonio Guterres, Segretario
Generale dell’Onu, (13 settembre 2023). La lunga “grande assenza” di una seria
politica di pace e l’assurda pretesa di vincere la guerra con la guerra non è
più sostenibile (se mai lo fosse stata).
Basta! La
guerra ci sta impoverendo!
Questa
guerra, nel cuore dell’Europa, ci costa tantissimo e ci sta mettendo in
ginocchio. Ogni giorno crescono le persone che precipitano nella disperazione e
sono abbandonate da chi aveva e ha il compito di proteggerle. L’esplosione
incontrollata del costo dell’energia, lo scoppio e la corsa dell’inflazione, la
recessione economica, la speculazione su tutti i beni primari, l’aumento
vertiginoso delle disuguaglianze, la crescente sottrazione e distruzione di
enormi quantità di soldi pubblici, l’impoverimento di noi tutti e di centinaia
di milioni di altre persone, la distruzione del sistema economico/produttivo
europeo… nessuno di questi problemi sarà risolto, o anche solo alleviato, se
non rimuoviamo la causa principale che è: la guerra. La continuazione della
guerra in Ucraina ci impedisce, inoltre, di affrontare tutte le altre grandi
sfide “strutturali”, le crisi a cascata e i continui shock globali che stanno
seminando sofferenze, ansie e disperazione in tante persone: il cambiamento e
le catastrofi climatiche, il dramma delle migrazioni forzate, le guerre
economiche e finanziarie, l’implosione autoritaria di molti paesi, lo scontro
tra nazionalismi, la proliferazione delle armi e la moltiplicazione dei
conflitti armati, la crisi mondiale delle Istituzioni democratiche, la
rivoluzione digitale fuori controllo…
Papa
Francesco ce l’ha insegnato: ogni spiraglio va cercato!
I talebani
della guerra dicono che non abbiamo alternative, che la guerra è la sola cosa
che possiamo fare per difendere l’Ucraina. Ma non è vero. Mentre i censori e i
propagandisti della guerra continuano a manomettere la realtà, noi continuiamo
a dire chiaro e forte: la storia, la ragione e la politica ci insegnano che le
alternative esistono e vanno sinceramente volute, cercate e costruite con
coraggio, pazienza, tenacia, visione e lungimiranza. La pace non è solo
l’obiettivo. La pace è la via. La via scelta dalla comunità internazionale dopo
lo sterminio di settanta milioni di persone, la distruzione dell’Europa e lo
scoppio della bomba atomica. La sola che mette in primo piano la vita e non gli
interessi. La vita degli ucraini e dei russi, la nostra e quella degli altri,
la vita di tutta la famiglia umana e non gli interessi dei soliti pochi. Non
serve dirsi pacifisti. Chi ama la vita e la vita dei propri figli, non può che
fare la scelta della pace. Fare la pace è difficile ma è necessario. Per questo
si deve fare. La strada per la pace può essere lunga, tortuosa, incerta, ma è l’unica
strada possibile per allontanarci dall’orlo del precipizio. La pace non è il
frutto di anime buone e illuminate, ma del lavoro laborioso di esseri
imperfetti che lottano ogni giorno con l’arte del rispetto, del dialogo e della
persuasione. Dalla fine della seconda guerra mondiale moltissime persone hanno
dato la vita per la pace, molte istituzioni sono state costruite e molte
politiche sono state realizzate per costruire e assicurare la pace nel mondo.
Il fatto che tali istituzioni siano state messe in crisi non ci consente di
buttarle via ma ci deve spingere a moltiplicare gli sforzi per risanarle,
rigenerarle e rimetterle nelle condizioni di lavorare. Non dimentichiamo che la
pace è un diritto fondamentale, riconosciuto nella Carta delle Nazioni Unite,
nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e nella nostra Costituzione.
Un diritto primario che va promosso e difeso con la politica e l’economia, la
cultura e l’educazione. “La mia speranza è che si dia spazio alle voci di pace,
a chi si impegna per porre fine a questo come a tanti altri conflitti, a chi
non si arrende alla logica “cainista” della guerra ma continua a credere,
nonostante tutto, alla logica della pace, alla logica del dialogo, e alla
logica della diplomazia.” [Appello di Papa Francesco ai giornalisti,
26 agosto 2023].
Cura, non
bombe!
“Deponiamo
le armi, riduciamo le spese militari per provvedere ai bisogni umanitari,
convertiamo gli strumenti di morte in strumenti di vita” Papa Francesco, 19
agosto 2023 Più di due trilioni di dollari: la guerra in Ucraina (ma non solo
quella) ci sta rubando e distruggendo una montagna di soldi. Quei soldi sono
nostri e dei nostri figli, soldi pubblici, soldi di chi lavora e paga le tasse.
Dicono che servono alla nostra sicurezza ma è un grande imbroglio perché in
questo modo cresce solo la nostra insicurezza. In un tempo di così grave crisi
economica, sociale e ambientale, mentre sappiamo di non avere abbastanza
risorse per fare tutto, dobbiamo decidere dove mettiamo i nostri soldi. Se
vogliamo che i soldi delle nostre tasse vengano spesi dai governi per soddisfare
i nostri bisogni più elementari, non dobbiamo permettere che ci sia alcun
aumento delle spese militari. L’idea di aumentarle ancora fino e oltre il 2%
come pretende la Nato deve essere abbandonata. Questo è il tempo in cui tutta
la cosiddetta “spesa per la sicurezza” deve essere posta sotto una trasparente
radicale revisione. Il Ministero della Difesa deve essere il primo ad essere
sottoposto alla “spending review” a cui sono già stati costretti, più volte,
tutti gli altri ministeri. La vera sicurezza di cui ci dobbiamo preoccupare è
la sicurezza delle persone che non riescono ad arrivare a fine mese, che sono
costrette a sopravvivere nella più totale incertezza, talvolta in ambienti
malsani, senza dignità, diritti né legge, in balia della paura e della
violenza, dell’illegalità, di sfruttatori, criminali e mafie. È di loro che ci
dobbiamo occupare, come stabilito nella nostra Costituzione (art. 2 e 3), nella
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (art. 25), nella Carta 4 dell’Onu,
nell’Agenda 2030 e nel Rapporto dell’Unesco “Re-immaginare i nostri futuri
insieme”. Dobbiamo aiutare chi non ce la fa, soccorrere chi è in difficoltà,
proteggere chi è minacciato o abusato, nutrire chi è affamato e assetato,
curare chi è ammalato, sostenere chi è fragile, ridurre le disuguaglianze,
promuovere le pari opportunità, preservare i beni comuni, promuovere la
transizione ecologica. Per questo, dobbiamo disarmare e rimettere al centro le
comunità locali e finanziare e riqualificare i servizi pubblici e universali (i
servizi sociali, sanitari, per l’educazione, la formazione, l’ambiente, la
cultura…) così come dobbiamo ricostruire e rifinanziare la solidarietà e la
cooperazione internazionale. Se solo smettiamo di pagare lo stipendio di
qualche Reggimento, possiamo pagare gli stipendi di tanti medici e infermieri,
insegnanti e assistenti sociali. Se smettiamo di finanziare qualche missione
militare propagandistica possiamo finanziare le persone, le famiglie, le
attività economiche colpite dagli eventi climatici estremi (terremoti,
alluvioni, esondazioni, frane, bombe d’acqua, tempeste, siccità…) come in
Emilia Romagna o in Libia. Se rinunciamo a comprare altri cacciabombardieri
possiamo assicurare l’assistenza domiciliare socio sanitaria alle persone non
autosufficienti, assumere dei buoni medici di famiglia, finanziare la rete
territoriale di contrasto alla violenza sulle donne. Se rinunciamo a costruire
la terza portaerei possiamo prenderci cura di tanti bambini, donne e giovani in
fuga dalla miseria e dalla guerra. Se rinunciamo ad acquisire altri duecento
carri armati possiamo investire sulla cura, sulla formazione e sul lavoro delle
nostre giovani generazioni. Adesso è il tempo della cura, non delle bombe!
Nell’ora della crisi, la cura è la risposta di cui abbiamo bisogno, la più
concreta, immediata ed efficace, la miglior fabbrica di benessere, il vero,
grande, investimento sul futuro.
Diamoci
da fare insieme per costruire un avvenire di pace
La guerra in
Ucraina non è venuta dal nulla ma è parte e conseguenza di un mondo che da più
di due decenni sta progressivamente scivolando nella guerra. Quando Papa
Francesco parla della “terza guerra mondiale a pezzi che si va espandendo”
alcuni lo accusano di esagerare. Ma lo scontro planetario -reso evidente anche
dalle sempre crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina- si sta acutizzando e
ciò che ancora oggi riteniamo impossibile sta diventando sempre più possibile e
probabile. Dopo aver abbandonato il paradigma della cooperazione per passare al
paradigma della competizione, i “grandi” del mondo sembrano aver scelto il
paradigma del conflitto globale. La guerra, il grande scontro degli interessi
economici mascherati da falsi interessi nazionali e falso sovranismo, la
volontà di potenza, la legge selvaggia del più forte e la nuova impressionante
corsa al riarmo che accompagna lo smantellamento di tanti accordi strategici
per la limitazione degli armamenti 5 stanno ridefinendo le relazioni
internazionali -e quindi la vita dell’umanità- per gli anni che verranno. Con
la fine del mondo bipolare, il passaggio al mondo unipolare e ora a quello
“zero-polare”, insieme all’indebolimento delle istituzioni internazionali
unificanti, stiamo assistendo alla diffusione di un tribalismo geopolitico che
sta accelerando la distruzione della convivenza nel pianeta. Davanti a noi si
para sempre più chiaro un bivio: o cominciamo a prenderci cura della famiglia
umana e del pianeta che la sostiene o non sfuggiremo alla guerra totale.
Prenderci cura della famiglia umana vuol dire riconoscere ciò che la realtà ha
reso evidente ovvero che viviamo in un pianeta dove tutto – persone, popoli,
nazioni, economie, risorse, natura, presente e futuro…- è interconnesso e
interdipendente, che i problemi e le sfide che dobbiamo affrontare sono troppo
grandi perché i Paesi possano pensare di affrontarli da soli o con qualche
alleato, che se vogliamo avere un futuro e assicurarlo ai nostri figli e nipoti
dobbiamo attuare il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani e promuovere l’amicizia sociale, il dialogo politico e la cooperazione
universale riconoscendoci “sorelle e fratelli tutti”. Per promuovere e
organizzare la cura della famiglia umana e del pianeta, abbiamo bisogno di
rafforzare le istituzioni internazionali democratiche a cominciare dall’Onu.
L’Onu è come la terra: è l’unica casa che abbiamo. Sapere che si trova in grave
difficoltà e piena di contraddizioni non ci consente di buttarla via. Chi vuole
prendersi cura dell’umanità e del pianeta deve impegnarsi per dare a questa
organizzazione tutti gli strumenti e i mezzi per realizzare il suo mandato
originario: “salvare le future generazioni dal flagello della guerra,
promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più
ampia libertà, riaffermare la fede nei diritti fondamentali, nella dignità e
nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e
delle donne e delle nazioni grandi e piccole”. Della mancanza di volontà di
molti governi nazionali di agire insieme “per il bene pubblico globale”,
nonostante si sia iper-connessi e interdipendenti, sono già evidenti le
tragiche conseguenze in tanti campi: da quello ambientale a quello sanitario,
da quello umanitario a quello della sicurezza. Il mondo sta soffrendo una
gravissima crisi globale di cura e una “carestia di fraternità”.
Tutte le spie di allarme del mondo sono accese. Ignorarlo è da irresponsabili. dare impulso all'attuazione degli impegni esistenti, concordare soluzioni concrete alle sfide, ripristinare la fiducia tra gli Stati membri e adottare un “Patto per il futuro”. Siamo ad un nuovo bivio cruciale. Il futuro sarà il tribunale delle nostre scelte presenti. Quelle dei governanti ma anche delle nostre. Per questo, invitiamo tutte e tutti, donne, uomini, giovani e anziani, scuole, associazioni e istituzioni, a promuovere dal basso, con coraggio e creatività, un movimento per trasformare il futuro con la cura. Siamo ancora in tempo per scrivere un nuovo capitolo di pace nella storia dell’umanità. Scriviamolo assieme!
Trasformiamo
il futuro! Ma io
cosa posso fare?
1. Diffondi
questo documento 2. Invialo alla stampa e chiedi di pubblicarlo 3. Invialo ai
responsabili della politica locale, nazionale ed europea 4. Aderisci,
sostieni e collabora con la Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace 5. In ogni città,
in ogni quartiere, in ogni scuola e università, in ogni luogo di lavoro nasca
un gruppo, un incontro, un’iniziativa per la pace.
Questo
documento è stato elaborato in occasione del Seminario di riflessione e
proposta alla scuola di Antonio Papisca che si è svolto a Pellegrino Parmense
il 15 settembre 2023. Il Seminario è stato organizzato dalla Fondazione
PerugiAssisi per la cultura della pace in collaborazione con il Comune di
Pellegrino Parmense, il Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”
e Cattedra Unesco “Diritti Umani, Democrazia e Pace” dell’Università di Padova,
il Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani e la
Tavola della pace nell’ambito della “Festa della Pace 2023".
Fondazione PerugiAssisi
per la cultura della Pace
via della Viola, 1 - 06122
Perugia
Tel. 3351401733
perugiassisi@perlapace.it
www.perugiassisi.org
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