QUELLO CHE RIMANE A GAZA
di Alida Airaghi
“Dopo una vita trascorsa a interrogarmi,
personalmente e professionalmente, su come il mondo abbia potuto permettere
catastrofi come l’Olocausto, ho trovato la risposta tra le macerie nella mia
terra martoriata, a migliaia di chilometri di distanza dai campi di sterminio
europei. Scrivo questo libro perché il genocidio di Gaza mi ha cambiata
nel profondo. Ha rivelato il vuoto morale e politico di un mondo che riduce
l’umanità a una gerarchia di morte. Scrivo affinché nessuno, in futuro, possa
dire di non sapere o che non poteva sapere… Scrivo perché le mie parole possano
aiutare a impedire che il genocidio di Gaza diventi una dottrina da esportare
nel resto del mondo, un modello da applicare ogni volta che il potere decida di
avere ragione della ragione, minacciando la sicurezza e l’esistenza
dell’umanità stessa”.
Con queste parole Rula
Jebreal (Haifa 1973), giornalista
esperta di politica internazionale, cresciuta a Gerusalemme e residente da anni
negli Stati Uniti, introduce il suo volume Genocidio. Quello che rimane di
noi nell’era neo-imperiale, in cui ricostruisce la storia della popolazione
palestinese, soffermandosi particolarmente sulle vicende politiche che hanno
portato alla creazione dello stato di Israele e ai successivi conflitti con la
popolazione arabo-musulmana, fino alla recente e tragica invasione della striscia
di Gaza.
Il resoconto puntuale
delle sofferenze della sua gente viene misurato in cifre: oltre 61.000 morti a
marzo del 2025 – secondo il calcolo al ribasso delle Nazioni Unite –, di cui il
75% donne e bambini con ventunomila dispersi, dai corpi disfatti e
irriconoscibili; la distruzione del 94% delle strutture sanitarie di Gaza con
centinaia di attacchi mirati, che hanno ucciso 1.200 operatori sanitari; più di
duecento giornalisti assassinati; la devastazione del 90% del territorio:
scuole, ospedali, palazzi, infrastrutture, coltivazioni; la carenza assoluta di
cibo e acqua che ha provocato denutrizione e malattie croniche; un elenco
tristissimo di torture, violenze sessuali, omicidi efferati… Un vero e proprio massacro
che l’Occidente democratico guidato dagli Stati Uniti mistifica e minimizza,
giustificando l’ingiustificabile, mettendo in atto una macchina di propaganda
più letale delle stesse armi utilizzate, “mentre il mondo continua a girarsi
dall’altra parte”.

Rula Jebreal
Rula
Jebreal ripercorre la storia di
questo genocidio a partire dalla Dichiarazione di Balfour del 1917 con cui l’impero
britannico accordava al movimento sionista la creazione di un “focolare
nazionale”, decidendo delle sorti dei popoli nel territorio palestinese. “Il
potere politico e militare ebraico si è affermato, in Palestina, attraverso un
rapporto violento con i nativi arabi, tanto musulmani quanto cristiani, un
rapporto di disprezzo e volontà di schiacciamento, nella consapevolezza piena
di stare occupando un territorio in spregio dei suoi abitanti”.
Contemporaneamente, i governi europei utilizzavano il sionismo per giustificare
la loro volontà di espellere gli ebrei dai propri Paesi. Per i palestinesi
iniziava nei decenni successivi la Nakba, la catastrofe, un progetto di
discriminazione, cancellazione, riduzione progressiva dei diritti e della
presenza fisica dei palestinesi in Palestina, con la loro sostituzione etnica
permanente.
Perché tale programmata
occupazione delle terre palestinesi si può correttamente definire “genocidio”?
Nel novembre del 2024, Amnesty International ha pubblicato un rapporto
sull’intento genocida della politica militare israeliana, che ha
intenzionalmente violato il diritto internazionale umanitario.








