L’ILLUSIONE E IL
DISINCANTO
di
Angelo Gaccione*
Vorrei tanto
sbagliarmi ed essere smentito del contrario, ma temo di essere fin troppo
facile profeta. E per una semplice ragione: conosco bene il mio Paese, e so
dove affonda le sue radici lo spirito italiano. In più, il mio insano mestiere,
mi obbliga a tener conto degli uomini nella loro concretezza: delle loro
repentine illusioni e del loro altrettanto repentino disincanto. L’intransigenza
del Movimento 5Stelle nella formazione di un governo, nasce da alcune
illusioni: 1. Credere che la
maggioranza del popolo italiano sia costituito da anarchici puri, onesti,
integerrimi, pronti a sacrificarsi senza nulla chiedere per sé, com’è nella
loro tradizione. 2. Credere che questa
tensione al cambiamento, questo consenso popolare, possa mantenersi per un
tempo molto lungo, senza allentarsi o addirittura sparire. 3. Credere che dietro questo voto di protesta che li ha beneficiati
(che non è, lo sottolineo, costituito del 51%) ci siano i militanti della
Comune di Parigi. 4. Credere,
infine, che il Parlamento sia diventato improvvisamente e per magia il luogo
della Rivoluzione. Mi dispiace
disilluderli, ma devono imparare rapidamente che il Parlamento è, per
eccellenza, il luogo delle ambizioni personali, dei privilegi, della
separatezza, delle mediazioni e degli intrighi. Prima ne prenderanno coscienza
e meglio sarà. Una volta varcata quella soglia, chi ti ha dato il voto,
soprattutto se per protesta, con la stessa rapidità te lo toglie, se non sarà
soddisfatto dei risultati, e con altrettanta rapidità dirà: “Sono come gli
altri”. Tanto più se le aspettative, come in questo caso, sono enormi. La
misera fine di Prodi e del suo libro dei sogni, dovrebbe insegnare qualcosa. Ad
ogni illusione segue il disincanto; ad ogni fallimento segue la restaurazione,
dietro ogni insipienza c’è un Berlusconi in agguato. E più il tempo passa, più
le realizzazioni si dilazionano e non trovano concreta attuazione, più il
consenso ti volta le spalle.
Se così stanno le cose, ci sono due sole vie: dimettersi
immediatamente dal Parlamento, non avendo il 51% dei consensi per attuare il
proprio programma, marcando sul serio la propria diversità (ma consapevoli di
perdere comunque una discreta parte di elettori, quella che voleva che tu
modificassi in meglio qualcosa con le leggi); accordarsi con una delle forze
meno oscene presente in Parlamento, per un governo con un numero minimo e
paritario di ministri, e un programma di pochi punti condivisibili e
indispensabili, da realizzare in tempi fulminei.
Se questo,
come sono quasi sicuro, non avverrà, per via dell’intransigenza e delle
illusioni di cui parlavo prima, il risultato sarà il seguente: nessuno dei
punti del programma del Movimento 5Stelle si realizzerà. Dunque, non si farà
una legge sul conflitto di interesse, non tornerà un solo soldato dalle
missioni di guerra, non si cancelleranno i 90 cacciabombardieri, non ci sarà
alcun reddito di cittadinanza e così via, mentre i disoccupati e i piccoli
imprenditori continueranno a suicidarsi.
La delusione ovviamente sarà gigantesca e subentrerà la
sfiducia, si allenterà l’entusiasmo, calerà il disincanto. Può darsi che si
tornerà alle urne, ma a quel punto il Movimento 5Stelle perderà metà dei
consensi e crescerà il partito del non-voto. E già si intravvede il ghigno
feroce e soddisfatto del restauratore e della sua corte, affilare il coltello
della vendetta.
*Scrittore.