PAROLE E LINGUA
di Nicola Santagada
Lo
schizzo.
C’è un verbo: σχίζω, che è stato
utilizzato dai latini, dagli italici e in contesti regionali. Tanto è stato
possibile perché σχίζω, che significa: spacco, fendo, scindo,
lacero, squarcio, divido, separo, inquadra alcuni
aspetti del processo di formazione della vita animale: la rottura delle acque, quanto
avviene durante un parto cesareo, il taglio del cordone ombelicale. Pertanto,
in greco e in latino, come in italiano, la radice non ha un significato
precostituito, ma interpreta un contesto (del grembo), anche nel suo divenire. La
radice originaria dovrebbe essere σχιδ, che è una
perifrasi da rendere: va a legare il passare il mancare, a volere
significare ciò che nasce (manca) dal legare e/o dalla creatura legata.
I greci dedussero σχίζα a cui attribuirono i seguenti significati: dardo, strale, quindi:
legno scheggiato/scheggia, poi ricavarono: l’aggettivo (schistòs) σχιστός: scisso, separato, da cui, in italiano, scisto, scistoso,
scistosità, il sostantivo: (schisma schismatos) σχίσμα σχίσματος: fenditura, spaccatura, scissione
e scismatico.
Nel mio
dialetto ha dato luogo a schizzuu (rade gocce di pioggia), al verbo schizzuuiare,
mentre, in italiano, abbiamo schizzo (d’acqua, poi: di fango) e fare
uno schizzo (disegnando). Tutto questo è avvenuto perché la perifrasi: va
a passare il legare che genera il mancare inquadra la rottura delle
acque, preannunciate da schizzi. Nel mio dialetto furono dedotti: scigh
(strappo), scigare (strappare), in quanto si considerò lo strappo della
membrana, e scingh’, che acquisì il seguente significato: rottura/danno
grave ed irreparabile, che ebbe anche valenza morale, in quanto fare nu
scingh’ significò: compromettere in modo irrimediabile e per sempre l’onore
personale e di tutta la progenie.
I latini trasformarono
σχίζω in scindo scindis, scidi, scissum, scindere:
squarcio, lacero, straccio, spacco, divido,
inquadrando, essenzialmente, un parto cesareo e/o il taglio del cordone
ombelicale. Quindi, da scissus furono
dedotti: scissione (fenditura, crepa), scissura (separazione,
strappo), scissor (scalco), scissilis (che si desquama). Poi, fu coniato
rescindo/rescisso, che, sicuramente, inquadra il tagliare per
sezionare (cadaverum artus, viscera), in cui è implicito il concetto di aprire
(os ulceris), ma anche lo spezzettare (tornare a tagliare) fino ad annullare/cassare
qualcosa: rescindere pactiones, rescindere testamentum. Fu, poi, elaborato praescindo,
che, in latino, significò; taglio davanti, mentre, in italiano, portò
alle seguenti espressioni: a prescindere, a prescindere da, che
si possono rendere: taglio in ogni caso, comunque taglio, in
quanto contestualizza il taglio del cordone ombelicale, che, senz’altro,
dev’essere effettuato.
Un sinonimo
di scindo è in-cido: incido, intaglio, che rimanda
al verbo caedo/caesum (da scrivere alla greca χαεδω, per contrazione diventa χηδω e per pronunzia
cido, in cui la lettera d è da tradurre: mancare), cui i
latini attribuirono i significati: batto, taglio, in quanto
contestualizzarono un albero molto alto, i cui rami svettanti vengono o scossi
0 tagliati. Da caedo i latini dedussero caedes caedis: uccisione,
strage, ad indicare non più, solamente, un taglio drastico, ma
una carneficina. I greci, invece, da κλάω: rompo,
spezzo, tronco, dedussero κλάδος: ramo,
rampollo, ramoscello (quello che si spezza), quindi: κλαδεία: potatura, da cui i latini elaborarono clades: rovina,
flagello, sventura, sconfitta, sinonimo di caedes. Da
caesus (tagliato) si ebbero: cesura, cesoie, cesareo,
mentre nel mio dialetto: cesa indica la cicatrice, ricordo di un
taglio, mentre, a Rocca Imperiale, il toponimo Cesine dovrebbe indicare
un territorio disboscato.
Da cido furono
elaborati: recidere, concidere/conciso: interseco, solco,
spezzetto, mentre Cicerone disse: “Distincta concisa brevitas” (breve
formula che riassume con chiarezza). Quindi, si ebbe: decido: taglio,
conduco a termine, concludo, atti che prefigurano il
pastore che prende una decisione importante, senza possibilità di tornare
indietro: il taglio del cordone ombelicale. Quindi, dedussero: circumcido:
taglio intorno, che potrebbe indicare un’azione di colui che innesta e
che significò anche un rituale della religione ebraica. Infine, gli italici
coniarono coincidere, che dovrebbe tradursi: è ciò che consegue all’incidere,
ad indicare che quel taglio determina una coincidenza nello spazio (in quel
punto preciso) e nel tempo (quando è terminato il processo di formazione).
Un altro
sinonimo di scindo è findo findis, fidi, fissum, findere:
fendere, dividere, spezzare, che contestualizza sempre il
taglio del cordone ombelicale. Infatti, la perifrasi di find è: va a
nascere dentro il mancare. Quindi, i latini da fissus (diviso)
dedussero: fissura (fessura), fessipes (dal piede fesso), fissilis
(facile a dividersi, che si desquama), fissio fissionis: separazione,
taglio netto. Gli inglesi, poi, strutturarono: fission, poi: fissione,
anche quella nucleare.
Inoltre, con l’aggettivo in-fensus, i latini indicarono: ostile, avverso
ad indicare colui che non dimentica (lega) il mancare (i torti subiti). Inoltre,
fendo rimanda a un originario faendo: urto, conseguente a
questa perifrasi: è ciò che nasce da dentro il legare, da cui il pastore latino
dedusse: de-fendo: tengo, impedisco, proteggo, tutelo,
difendo, in quanto, aggiungendo la perifrasi de (dal mancare, dal
generare il mancare), pensò che lui proteggeva, tutelava, difendeva
la gravida, in quanto oggetto di tutte le cure e protezioni.
Inoltre, con l’aggettivo in-fensus, i latini indicarono: ostile, avverso
ad indicare colui che non dimentica (lega) il mancare (i torti subiti). Inoltre,
fendo rimanda a un originario faendo: urto, conseguente a
questa perifrasi: è ciò che nasce da dentro il legare, da cui il pastore latino
dedusse: de-fendo: tengo, impedisco, proteggo, tutelo,
difendo, in quanto, aggiungendo la perifrasi de (dal mancare, dal
generare il mancare), pensò che lui proteggeva, tutelava, difendeva
la gravida, in quanto oggetto di tutte le cure e protezioni.
Quando coniò ob-fendo: offendo, faccio
offese, il pastore latino pensò che il significato letterale della perifrasi
(dall’andare è ciò che si genera dentro il legare) generasse in lui il
desiderio di rifarsi dei torti subiti, offendendo. Infatti, uno dei
significati che si deve attribuire a legare è mantenere viva la memoria di
quanto ingiustamente patito. Nel mio dialetto, se dico: ha un occhio offeso,
si vuole indicare una cicatrice profonda ad un occhio, causata da un legare, in
quanto si tratta di uno sfregio che lega orribilmente. L’offesa,
pertanto, resta come ignominia, come onta, come sgarro, per cui solo
un’altra offesa (la vendetta con il sangue) può cancellare. Da questo
sentimento di odio insaziabile fu elaborata la legge del taglione.
Si ribadisce questo: il significato alle parole
viene attribuito da chi conia le parole, in quanto, con suoni/grafi simbolici,
legge ed interpreta qualcosa del processo di formazione della vita.
Quando i latini coniarono fessus, nel senso
dato dagli italici a stanco, pensarono a quella creatura (quella che sta
nel grembo), che, dal crescere il mancare, lega (spingendo). Attribuirono il
concetto di stanchezza alla creatura, che in modo inde-fesso, spinge per
nascere. Gli italici, invece, attribuirono a fesso (in dialetto: fiss’)
il significato di chi asserisce che la creatura, mentre è legata alla mamma,
cresce, mentre, in realtà, manca, nel senso che, gradualmente,
acquisisce quanto le manca. Infatti, fesso è sinonimo di stup-ido,
dedotto da stup-eo: resto attonito, resto meravigliato,
che è ciò che il pastore deduce per sé da questa perifrasi: va a fare il
tendere il crescere di quello che ho in grembo. Si tratta di una evenienza
sbalorditiva, in quanto, in base alle conoscenze della fisiologia animale, il
primo abbozzo del grembo avviene per la crescita del mancare, che rimanda alla
crescita del flusso spermatico.