IL MINISTERO CAMBIA NOME
di
Antonia Sani
Ministero
“dell’Istruzione
e del merito”?
Quando
il Ministero della Pubblica Istruzione venne cambiato in Ministero della
“Pubblica Istruzione” dal ministro Berlinguer, la scomparsa di “pubblico” portò
con sé la legge di parità, l’Autonomia Scolastica, i tagli alla Scuola statale.
Fu la porta aperta alla “buona scuola” di Renzi. La “libertà di insegnamento”,
riconosciuta costituzionalmente, elemento base delle democrazie (documento dei
500), come il tentativo di far esplodere l'unità della categoria dei docenti. Un
tratto comune a tutte queste contro-riforme fu il mantra del presunto “merito”,
dietro al quale si nasconde l’attacco alla libertà d’insegnamento, riconosciuta
costituzionalmente, elemento base delle democrazie, e il tentativo di far
esplodere l’unità della categoria dei docenti, quindi il contratto nazionale. Dal
1999, quasi tutti i governi hanno provato a scardinare questi due elementi,
compreso l’ultimo di essi. Ora, Meloni decide di cambiare addirittura il nome
del Ministero, che diventa “dell’Istruzione e del merito”. Potrebbe sembrare
semplicemente ridicolo: è come se il Presidente della Repubblica diventasse di
colpo “Presidente della Repubblica e dell’equità”, oppure “Presidente della
Repubblica e della prosperità”.
Di
quale “merito” si parla? Nel programma di Fratelli d’Italia troviamo:
potenziamento delle scuole paritarie, voucher per le famiglie da poter
spendere a scelta nelle statali o nelle paritarie, riduzione di un anno della
scuola superiore, apertura ai privati per la scuola statale. Poi, naturalmente
e come d’abitudine nel bla bla bla di tutti i programmi di tutti i
governi, c’è la “valorizzazione dei docenti con avvicinamento agli stipendi
europei”. Ma ad una condizione: la formazione continua. E qui il gioco dell’oca
riparte da capo, da Berlinguer, dalla Gelmini, da Renzi, da Draghi: volete uno
stipendio decente, cari insegnanti? Piegatevi alla distruzione della libertà d’insegnamento.
E sì, perché l’aggiornamento di oggi non è quello delle discipline, del
sapere, della libera ricerca didattica e del confronto sui metodi: è quello
ministeriale, dell'indottrinamento per imporre una didattica di regime,
orientata a distruggere le discipline a favore di una scuola-animazione nella
quale un po’ si lavora, un po’ si fanno “esperienze”, un po’ si parla di
problemi sociali e personali in modo generico e propagandistico, un po’ si seducono
gli allievi, il tutto in modo
naturalmente “tecnologico”.
Per
fortuna, tra il dire e il fare, c’è tutto lo spazio della lotta, più attuale
che mai. Prepariamoci!