LA NATO È UN PERICOLO, LA DIFESA PURE
di
Angelo Gaccione

Marco Travaglio
“L’unica
cosa seria che dovrebbe fare la Nato, non da oggi ma da quando sparì il Patto
di Varsavia, sarebbe sciogliersi per mancanza di nemici. Invece, da allora, se
li inventa”. Non sto citando né dagli scritti disarmisti dello scrittore
Carlo Cassola, che lo ha ripetuto fino a quando è rimasto in vita; né dai miei,
che lo vado ripetendo da oltre mezzo secolo. Sto citando il brano di apertura
dell’editoriale di Marco Travaglio dal titolo “Si vis bellum spara
balle”, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri venerdì 27 giugno. Per
fortuna esiste un quotidiano come questo e per fortuna esiste un direttore di
quotidiano che fa onore a questo vilipeso e umiliato mestiere. Ho una tessera
di giornalista da oltre 40 anni, ma mi ritengo uno scrittore e non un
giornalista. Quando una parte infame del nostro Stato ammazzava alla cieca
cittadini della sua stessa nazione, cittadini inermi e incolpevoli, in una
banca dove si commerciavano granaglie, sementi e capi di bestiame (la Banca
Nazionale dell’Agricoltura) per cancellare la giovane e fragile democrazia
italiana con il terrore della strage di Piazza Fontana a Milano, avevo solo 18
anni. Il comportamento dei grandi quotidiani e il disonore di cui si è macchiato
il 99% dei giornalisti in quella tragica vicenda, cancellò subito ogni fiducia
in questa categoria. Non fosse stato per una giornalista come Camilla Cederna e
per alcuni organi di stampa indipendenti, non avremmo più potuto recarci in
un’edicola per comprane uno. Non parliamo del conflitto contro l’Iraq: i
megafoni, la voce più ossessiva della guerra, era costituita da giornali e
televisioni, e poco importava se la balla dell’antrace era solo una menzogna.
Scoprimmo che dei giornalisti si erano persino trasformati in spie e
collaborazionisti al libro paga di poteri più o meno occulti. Oggi è lo stesso:
la Nato si inventa i nemici, come scrive Travaglio; capi di Stato e di Governi che
si comportano come veri e propri teppisti, come bulli di periferia, soffiano
sul fuoco allo stesso modo che dei provocatori estremisti infiltrati, e una
pletora di giornali e giornalisti non si pone alcuna domanda, non dubita, non analizza,
e ti chiedi se siano anche loro estremisti provocatori infiltrati o beoti
inconsapevoli e ignoranti come li definisce l’ex giudice della Corte
Costituzionale Luigi Mazzella. C’è di che vergognarsi e non poco; e la mente va
ai tanti educatori di asili, scuole, e collegi e ti domandi che cosa possono raccontare
ai loro giovani allievi per educarli, che cosa possono dire di questi
psicopatici che eleggiamo e reggono le sorti del mondo.
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Marco Travaglio |
Una stampa corriva
Tutte le mattine mi arriva sul
telefonino “la mazzetta” dei giornali, come si dice in gergo. Le altre
“mazzette”, quelle della corruzione, prendono altre strade. Non apro che i pdf
de il Fatto Quotidiano e di Avvenire. Verso gli altri ho maturato come un senso
di ripulsa. Non ce n’è uno che non faccia l’apologia della guerra, che non
parli di armi, bombe, missili e difesa. Non ce n’è uno che non parli
come gli uomini di governo e di potere. Se avessimo una stampa decente e non
compromessa, opererebbe un serrato e salutare controllo su tutti gli organi di
potere difendendo la Costituzione. Metterebbe in guardia i cittadini sulle
scelte di chi li governa. E quando costoro si comportano come provocatori ed
estremisti, dovrebbero far fronte comune con i cittadini e dire che è dai loro irresponsabili
governanti che si devono difendere. Sono loro il vero pericolo
della patria e della nazione.
Rendo onore pubblicamente a il Fatto Quotidiano: se questo giornale non ci fosse, molte delle sue firme non avrebbero un luogo dove esprimersi. A suo tempo, Cassola fu cacciato dal Corriere della Sera e dal quotidiano di Torino La Stampa solo perché osava scrivere contro la pazzia del riarmo e dei guerrafondai. Non ci fu un solo “intellettuale” che su quei giornali, o altri di un certo peso dove pure scrivevano, che ne prese le difese. Da allora ho imparato che la categoria è pessima: opportunista, vile, pavida, compromissoria, conformista. E vi si annidano i peggiori, quelli che un tempo facevano gli estremisti e i radicali, e oggi sono diventati i più zelanti assertori delle idiozie del potere. Sparano balle per attizzare la guerra, come scrive Travaglio, ma se ne guardano bene dal recarsi sui fronti di guerra a misurare la loro temerarietà, a provare il brivido della “bella morte”. Mancano i guerrieri in questo tempo, ma loro non partono; la pace intorpidisce, ma loro restano al sicuro comodamente seduti sulle poltrone dei talk show serali ben retribuiti.
Il concetto perverso di difesa
Ora, tutti noi disarmisti e
contrari alle voci del padrone sulla guerra, ci aspettiamo una più rigorosa
coerenza: fare il passo più ardito. La Nato va sciolta, non c’è alcun dubbio:
la sua esistenza costituisce una provocazione costante e un pericolo concreto
per l’ecatombe nucleare collettiva; ma a questa saggia convinzione ne va
sommata un’altra: la presa d’atto che in era nucleare non è possibile
alcuna difesa in caso di guerra. Il concetto di difesa ha perso ogni
giustificazione dal momento in cui pochi ordigni nucleari, possono azzerare
ogni forma di vita presente e futura nell’intero orbe terracqueo. Se non esiste
difesa possibile, è insensato tenere in piedi alleanze militari e
spendere per armarsi. Dunque, bisogna dire apertamente che rinunciamo alla difesa
come dottrina politico-militare, e la sostituiamo con quella della cooperazione
e dell’aiuto reciproco sia sul piano economico- scientifico-culturale, sia su
quello sanitario e della cura dell’ambiente. Un principio che andrebbe scritto
come articolo 1° della Costituzione contemporanea. Non c’è che questa presa di
coscienza se si vuole promuovere un’autentica pace stabile e duratura. Lo vado
ripetendo come un Catone solitario da decenni, e lo ripeterò fino alla noia: nessuna
difesa è possibile in era nucleare perché saremmo tutti sterminati:
pacifisti e guerrafondai, credenti e non credenti, governanti e governati.
Riflettiamoci.