LETTERE DAL SUD
Confronti
Caro
Direttore,sono mossa da un certo sentimento
di rammarico rispetto alle vicende che quotidianamente investono le vite di
giovani ragazzi e ragazze adolescenti in preda a gesti estremi verso sé stessi
e verso persone care, forse perché io stessa mi ritrovo nel ruolo di genitrice,
per cui sento tutto il peso della responsabilità nel fornire ai miei figli gli
strumenti possibili per vivere in modo rispettoso e dignitoso nella nostra
attuale e difficile epoca, improntata sulla virtualità e digitalizzazione. A
volte, credimi, si ha la sensazione di percorrere strade tortuose e piene di
insidie e per questo faticose. Mi chiedo, pertanto, in che modo, attualmente,
le istituzioni, in primis la famiglia e la scuola, possano essere efficaci per
i nostri giovani, pragmaticamente parlando, sul piano educativo-pedagogico.
Alla ricerca di spiegazioni plausibili e razionali alle mie perplessità ho
voluto fortemente assistere, la scorsa settimana, al Festival culturale di Conversazioni
dal Mare che annualmente si tiene a cielo aperto nello splendente gioello
adriatico della città pugliese di Giovinazzo, avendo appreso che fra gli ospiti
di eccezione dell’edizione 2025, avrei potuto ascoltare il dibattito sul “Bene
e il Male: educare i giovani”, condotto dal professor Galimberti. Un’ora pura
di filosofia, psicologia e antropologia, per me appassionata e studiosa di
questi ambiti, mista ai profumi di salsedine, di cui la brezza marina ci
inondava, non sono, tuttavia, riusciti a placare quel senso di disagio che ho
avvertito quando il professore ha riportato un dato davvero inquietante in
merito alla stima dei suicidi adolescenziali: 400 la media raggiunta
quest’anno. Quale allora l’origine del dolore esistenziale delle nuove
generazioni, tale da indurli all’autoeliminazione, a cui si aggiungono
comportamenti omicidi attuati nei confronti di giovanissime ragazze e ragazzi
coetanei e non solo? E perché sempre più si avverte una degenerazione del
rapporto, un tempo fondato sul rispetto e sulla fiducia, fra studenti e
docenti? Galimberti tenta di fornire spiegazioni al pubblico, individuando,
nella mancanza di risposte e di obiettivi, a danno della crescita psico-emotiva
delle giovani generazioni, la possibile motivazione a tale angoscia
adolescenziale. Che l’assuefazione alla virtualità nell’era digitale abbia
raggiunto livelli alti di criticità è fuor di dubbio, in concomitanza, la
“panta-mercificazione”, per usare un neologismo, in nome del consumismo e della
tecnica, hanno conferito una impronta materialistica alle questioni della sfera
spirituale, col risultato di un appiattimento emotivo mai riscontrato
precedentemente e che rievoca il pensiero unidimensionale, formulato negli anni
sessanta dal filosofo Marcuse nel suo libro L’uomo a una dimensione. Il
professore attinge dalla lingua tedesca il verbo “fühlen/sentire
interiormente-percepire”, per ammonirci, genitori e docenti, del nostro essere
corresponsabili della crescita e dello sviluppo psico-emotivo dei giovani.
Sarà, dunque, la risonanza emotiva nella gestione delle conflittualità
relazionali delle giovani generazioni, la giusta via da intraprendere, da parte
delle istituzioni familiari e scolastiche, per discernere il Bene dal Male? Anna Rutigliano
Caro
Direttore,anche io ho voluto essere
presente a uno degli incontri, previsti quest’anno, nel corso del Festival
culturale “Conversazioni dal Mare” che, nei giorni scorsi, si è tenuto a
Giovinazzo, una città già sede in passato di una importante industria
siderurgica e oggi perla nel territorio della Provincia Metropolitana di Bari: incontro
con lo psicologo, filosofo, saggista e antropologo, Umberto Galimberti. Tema:
“Bene e male nella formazione dei giovani”. Permettimi però, innanzitutto, tu
che mi conosci, fare una premessa che mi sta a cuore: ricordare, con te, il
contesto in cui si è tenuto l’appuntamento con il professor Galimberti: il
porticciolo della città. Vero cuore pulsante della città, là dove i pescherecci
si cullano sulle onde e l’odore salmastro si mescola alle storie di tanti
pescatori che, da generazioni, animano queste rive e che il tramonto nei mesi
più caldi, e quindi anche in questo nostro caldo giugno, tinge di sfumature
rosate le facciate alte dei grandi palazzi quando si rispecchiano da un lato e
si riflettono sull’acqua, regalando uno spettacolo suggestivo e
indimenticabile. Il palco, che ospita l’oratore, è quasi in riva al mare, e in
una atmosfera quasi sospesa dal tempo, colpisce una lunga barca da pesca dai
colori vivacissimi, posta alle sue spalle: sembra voler salpare, da un momento
all’altro, e intraprendere il viaggio, per
seguir virtute e canoscenza. Sì, perché il futuro ormai è un mistero, ed è
fatto di parole, solo di parole, noi viviamo di parole, che sono l’anestesia
del presente. Ha una specie di grido la roca voce di Galimberti, quando dice
che anche le chiese sono riempite di sepolcri imbiancati. Eppure siamo chiamati
a riconoscere e armarci di coraggio, per affrontare il nichilismo e la
rassegnazione, e interrogarci in maniera molto precisa sul significato da attribuire
al concetto di identità della persona e, per converso, alle tante identità dei
nostri giovani. Con forza, il professor Galimberti afferma che è la società che
crea l’identità e non l’individuo che crea la società. La società viene prima
dell’individuo, e stare in società è come partecipare ad una partita di calcio,
in cui ci sono delle regole e il principio base della educazione è il rispetto
delle regole, quelle che ci portano a separare il bene dal male. Bene e male,
potremmo anche non definirli, perché ciascuno sente naturalmente da sé che cosa
è l’una e che cos’è l’altro; oggi, però, non è più vero questo, perché noi
vediamo che questa distinzione tra i giovani non è più esattamente percepita
come dovrebbe. Non percepire la differenza tra il corteggiare una ragazza, o
stuprarla, significa che qualche cosa non ha funzionato nella educazione alla
sessualità. Che cosa è accaduto in questi anni? Lo sviluppo della tecnica,
quella che giustamente tu, cara Anna, chiami “assuefazione alla virtualità”, la
pervasiva sollecitazione al consumismo, l’elevazione del denaro e della forza
come elementi di affermazione, hanno portato alla scomparsa di quella risonanza
affettiva, che “è sentire” ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è grave da
ciò che non lo è”. Risonanza affettiva, che nasce dall’empatia, sentimento che
abbiamo in noi appena nasciamo e che, se non coltivata e protetta dai genitori,
dagli educatori, con gli anni della crescita si perde, rendendo poi
estremamente possibile che i giovani non riescano più a percepire la
divaricazione appunto tra ciò che è bene e ciò che è male, ponendo le basi così
per una società schizofrenica (cioè scissa da freni). E c’è anche un’altra
amara considerazione da fare e da non dimenticare: la società attuale, alle
premesse precedenti, aggiunge lo stato di isolamento e smarrimento dei giovani,
quando non dà loro il lavoro e non consente di sviluppare le grandissime
potenzialità che ognuno di loro possiede. La Storia umana è stata scritta dai
giovani (Leopardi, Einstein, Mozart etc.). Una società che si permette di fare
a meno dei giovani è una società destinata a morire. Per questo assistiamo al
tramonto dell’Occidente. Caro direttore, ben vengano altri incontri di questo
immenso spessore. Auguriamocelo di cuore. Zaccaria Gallo
Anna Rutigliano
Zaccaria Gallo