LA SOLITUDINE NON CI FA PIÙ PAURA
di
Elena Ricci
Un’iniziativa del Centro
anziani di Acri per non lasciare indietro nessuno.
Frequento
il Centro per anziani della mia città, Acri, e da qualche tempo ho messo in
cantiere un piccolo progetto che mi sta molto a cuore. Nasce da una
riflessione: la solitudine negli anziani è un fenomeno sempre più diffuso e
doloroso. E non parliamo solo della solitudine fisica, ma di quella più
profonda, fatta di silenzi, di giornate vuote, di ricordi che affollano la
mente senza più essere condivisi con nessuno. L’invecchiamento porta con sé
tanti cambiamenti: il distacco dal lavoro, l’allontanamento o la perdita di
persone care, il ridimensionamento dei ruoli familiari. Tutto questo,
lentamente, riduce le occasioni di relazione e costringe a confrontarci con un
tempo che sembra dilatarsi senza scopo.
I giorni di festa, poi, possono diventare veri e propri momenti di dolore per chi è solo: la tavola apparecchiata per uno solo è un’immagine che stringe il cuore. È proprio ascoltando i racconti e le emozioni di altri soci che è nata l’esigenza di fare qualcosa di semplice, ma concreto. Così ho pensato a un’iniziativa da realizzare all’interno del Centro: aprire le porte, in particolare nei giorni festivi, per permettere a chi è solo di condividere qualche ora in compagnia e, se lo desidera, anche il pranzo. Non si tratta di una mensa, ma di un momento autogestito. Ognuno potrà portare qualcosa da mangiare, oppure si potrà cucinare insieme usando la cucina del Centro, dividendo le spese con trasparenza.
Tutto sarà svolto nel rispetto delle esigenze di ciascuno. E
naturalmente, chi partecipa si prenderà cura degli spazi: pulizie, riordino,
piccoli compiti assegnati a rotazione. Niente di pesante, ma qualcosa che ci
aiuti a sentirci di nuovo utili, presenti, vivi. Vorrei che questo spazio
diventasse un punto di ritrovo per chi non vuole lasciarsi sopraffare dal senso
di abbandono. Un posto dove si può ridere, parlare, ascoltarsi. Dove nessuno si
sente di troppo.
Non vi nascondo che a ispirarmi sono state due persone: il primo è stato un frate che incontrai molti anni fa. Ricordo ancora le sue parole come se fosse ieri, quando mi disse: “Le persone come te sono tutte creature di Dio, che lui ricompone, ricuce, ripara e rigenera. Abbi cura di lasciarti splendere. Trova il modo di celebrare la vita, qualunque essa sia”.
Mi
colpirono così tanto quelle parole che non riuscii neppure a ringraziarlo. Ma
in quel momento feci un accordo con me stessa: avrei cercato di diventare una
persona migliore, non solo per me, ma anche per gli altri. Questo progetto è un
modo per onorare quella promessa. Il secondo è don Tonino Bello, vescovo di
Molfetta, poeta e profeta dei nostri tempi, che ho seguito e ammirato
profondamente. La sua vita è stata un canto alla giustizia, alla nonviolenza,
alla pace. Ha scelto con coraggio di stare dalla parte degli ultimi, dei
dimenticati. È stato presidente nazionale di Pax Christi, e dopo la sua morte -
avvenuta a soli 58 anni - è iniziato il suo cammino verso la beatificazione. È
stato dichiarato Venerabile da Papa Francesco nel 2021.
Ed è con questa consapevolezza che continuo a credere nel valore della condivisione, dell’ascolto, della vicinanza umana. A chi oggi sente il peso della solitudine diciamo: non sei solo. A chi ha smesso di sperare lo invitiamo a venire per sederci insieme e riprendere a raccontare la nostra vita. Speriamo che questa piccola iniziativa possa essere un seme, che magari qualcun altro, in un altro paese o città, vorrà far germogliare. Perché nessuno deve sentirsi dimenticato. E insieme, la solitudine fa meno paura. Rivolgo un doveroso ringraziamento alla presidente del Centro Tina Turano e al membro del comitato di gestione Vincenzo Gaccione per la sensibilità dimostrata permettendo l’apertura dei locali la domenica mattina.