POETI
di Mariacristina Pianta
Poeti. Ventinove cavalieri e una dama di
Angelo Gaccione contiene 30 testi poetici ispirati ai versi di altrettanti
grandi maestri della poesia del Novecento: Caproni, Santucci, Barile, Sbarbaro,
Sereni, Raboni, Pavese, Loi, Betocchi, Calogero, Bertolucci, Pozzi, Quasimodo,
Tessa, Sanesi, Pasolini, Rebora, Montale, Testori, Sinisgalli, Ungaretti,
Fortini, Roversi, Saba, Luzi, Turoldo, Gatto, Penna, Zanzotto, Giudici. Di
alcuni Gaccione è stato anche amico.
“(…)Venuta la sera, mi
ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella
veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e
rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini,
dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di
quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno
parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per
loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia,
sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte:
tutto mi transferisco in loro. (Niccolò
Machiavelli, “Lettera a Francesco Vettori”).

Niccolò Machiavelli
Il testo riportato dimostra come sia
vitale stabilire un dialogo costante con la tradizione letteraria; si crea un
rapporto preciso tra passato e presente. Proprio questo nesso tra passione
civile e amore per la bellezza è presente nella silloge di Gaccione: Poeti.
Ventinove Cavalieri e una dama (Di Felice Edizioni, 2025, pagine 56
euro 10). Ogni lirica inizia con un verso di uno dei trenta autori scelti, di cui
Angelo conosce a fondo la poetica. Nasce un dialogo che si fonda su prospettive
comuni e su di una ricerca stilistica molto accurata. La prima poesia, dedicata
a Giorgio Caproni, mette in evidenza l’assenza di calore nel mondo, condivisa
da chi “seguendo la sua ombra” continua un itinerario artistico, cercando di
apprendere l’insegnamento di un grande maestro. A sua volta Caproni, in Preghiera, definendo la propria anima leggera, in una sorta di ricalco
lessicale, si ispira alla ballata Perch’
i’ no spero di tornare giammai di Guido Cavalcanti
Potrei citare altri esempi tra Virgilio e Dante, Petrarca e
Tasso, ma desidero focalizzare l’attenzione sulla sintonia che si genera tra
Gaccione e i ventinove cavalieri e una
dama.
Emergono tematiche comuni e un serio lavoro di carattere
espressivo.
Al “il male non è mai nelle cose” di Raboni subentra la
mancanza di saggezza che spinge gli uomini ad essere crudeli, ciechi di fronte
ai pericoli dei conflitti che distruggono. L’impegno di Angelo nel sostenere il
valore della pace non ha sosta: cerca di risvegliare le coscienze.
Vengono in mente i Discorsi
sulla poesia di Salvatore Quasimodo: “Oggi, poi, dopo due guerre nelle
quali ‘l’eroe’ è diventato un numero sterminato di morti, l’impegno del poeta è
ancora più grave, perché deve “rifare” l’uomo… quest’uomo che giustifica il
male come una necessità”.
Gaccione, inoltre, coglie il legame di Quasimodo con la
Sicilia e rivela il suo con la Calabria; rende partecipe il lettore dei colori
e profumi della sua Acri: “Vienimi incontro odorosa di zagara” con “la luce dei
tuoi mattini tersi”. Sembrano dipinti dai toni intensi, ricchi di contrasti.
Rivediamo vicoli, spiagge, campagne, cieli che suscitano stati d’animo, a
volte, soffusi di una delicata nostalgia.
Riproviamo queste sensazioni di fronte al testo dedicato ad Antonia
Pozzi con parole evocative ed il suo dramma esistenziale: “La strada è angusta
il varco accidentato / il passo è incerto e il piede già vacilla…”. Il testo di
Angelo segue un ritmo che si ricollega al vissuto di una donna che ha
sperimentato “il male di vivere”. Dopo una serie di immagini eloquenti subentra
un silenzio metafisico che tutto avvolge.
Il libro di Gaccione ha il merito di farci apprezzare la
poesia autentica e di avvicinarci a tanti autori che non possiamo dimenticare
per l’universalità del loro messaggio.
