TRA LE PAGINE
di Francesca
Mezzadri

Wanda Marasco
Di spalle al mondo
Con Di
spalle a questo mondo, Wanda Marasco consegna al lettore un’opera che va
ben oltre la narrazione storica: è un attraversamento poetico e filosofico
dell’umano, un romanzo che interroga la coscienza più che raccontare un’epoca.
Ambientato nella Napoli ottocentesca, segnata da tensioni sociali, guerre e
trasformazioni scientifiche, il libro prende le mosse dalla figura reale di
Ferdinando Palasciano - medico, patriota, precursore dell’idea di neutralità
nella cura dei feriti - per costruire un’opera che fonde documentazione e
visionarietà, ricerca archivistica e tensione lirica. Marasco non si limita a
restituire vita a un personaggio storico dimenticato: lo trasfigura, lo sottrae
alla retorica celebrativa e ne fa un emblema inquieto della responsabilità
etica. Palasciano è un medico, sì, ma anche un uomo costantemente esposto
all’abisso che tenta di contenere. La sua figura oscilla tra scienza e
compassione, tra ragione e disordine, tra il mondo esterno e una ferita
interiore mai del tutto rimarginata. La scrittura, densa e ipnotica, accompagna
questa ambivalenza. Come già nei precedenti lavori di Marasco, in particolare
ne La compagnia delle anime finte, finalista allo Strega nel 2017, il
linguaggio si fa protagonista: non semplice veicolo, ma materia viva che plasma
la realtà. Il romanzo non si legge, si attraversa - come una febbre, come un
sogno che confonde i confini della veglia. È una lingua che disorienta e al tempo
stesso richiama, costruita su frasi spiraliformi, lente, talvolta interrotte,
dove ogni parola sembra scelta per peso più che per funzione.
Storia e visione: un romanzo
verticale
In un panorama narrativo spesso
segnato da un minimalismo psicologico o da una cronaca del presente che tende a
sbiadire il contesto, Di spalle a questo mondo si distingue per una
verticalità che affonda nella materia viva dell’esistenza. Non è solo la storia
di un medico, né solo quella di una città. È il tentativo di restituire alla
letteratura la sua funzione originaria: fare i conti con l’enigma della
sofferenza, restituire voce a chi non ne ha, portare alla luce ciò che il tempo
tende a seppellire. Il titolo stesso è una dichiarazione poetica e politica:
essere “di spalle al mondo” non significa fuggire, ma rifiutare le logiche
dominanti. È una posizione etica, quella di chi si volta verso ciò che viene
escluso: la follia, il dolore, l’abbandono. Palasciano non si conforma, ma si
espone. E in questa esposizione senza protezione, Marasco individua la traccia
più autentica dell’umano.
Follia come verità: l’abisso che
cura
Uno dei temi portanti del romanzo
è la follia, trattata non come devianza clinica, ma come modalità alternativa
del conoscere. La malattia mentale non è qui una patologia da correggere, ma
uno spazio da abitare, una lente che deforma e, proprio per questo, rivela. Marasco
sembra accogliere, in filigrana, l’eredità di pensatori come Foucault o Artaud:
l’idea che nella follia si nasconda una verità non accessibile alla ragione
cartesiana. Palasciano, pur da medico, non è immune da questo contagio. La sua
mente, attraversata dal dolore altrui, rischia a tratti di perdere
l’orientamento. Ma proprio questo rischio lo rende più umano, più vero.
C’è una tensione costante nel
romanzo tra razionalità e delirio, tra medicina e poesia, tra diagnosi e
ascolto. In questo senso, Marasco mette in discussione anche i limiti della
scienza, o meglio, ne reclama un uso etico, capace di farsi carico non solo del
corpo, ma della totalità dell’essere. Curare, nel mondo di Palasciano, non è
un’azione neutra, ma un atto di responsabilità radicale, che non conosce
confini di appartenenza, ideologia o identità.
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