INTERVISTA A GENNARO GIUDETTI
Lavinia Marchetti e Massimiliano Tognetti conversano
con Gennaro Giudetti.
Domanda: Il 13
ottobre 2025 c’è stato l’“evento”, come dire, la cerimonia imperiale, Trump,
Netanyahu e “collaboratori” di genocidio festanti, pacche sulle spalle e
sorrisi... Io la chiamo tregua trumpiana, non una pace, perché mancano
giustizia, condanne, assunzioni di responsabilità. Tu come l’hai vissuta?
Gennaro: Innanzitutto, quando si fermano le armi siamo
tutti contenti. Un processo di pace senza un processo di giustizia è inutile.
Chi ha sbagliato deve pagare. Si è fatta tutta questa trattativa per rimuovere
Hamas dalle prossime elezioni politiche, però l’accountability [n.d.r.
responsabilità giurico-politica] di Israele, che ha sbagliato e deve pagare,
non è stata messa in discussione. È una vergogna. È un fallimento del diritto
internazionale. Inoltre questi accordi sono basati sulla sabbia, il sangue e
sulle macerie: scrivono che i palestinesi possono tornare a casa, ma a casa
dove. Le case non ci sono più.
Domanda: Molto forte l’immagine della sabbia, del sangue e
delle macerie.
Gennaro: E poi il 55% della Striscia verrà comunque
controllato da Israele, quindi non si ritirano.
Domanda: In Cisgiordania vediamo insediamenti in
espansione.
Gennaro: Appunto. Lì non c'è neanche la scusa di Hamas e
continuano comunque.
Domanda: Il rischio è il modello Libano: si dichiara la
pace e poi si bombarda ogni giorno.
Gennaro: Sì, il rischio è quello. Una volta ricevuti tutti
gli ostaggi, possono ricominciare a bombardare senza problemi.
Domanda: Un’altra domanda più generale. Sei stato in molti
contesti di guerra: Colombia, Libano, Congo, Albania. Dalle tue interviste si
vede che Gaza è stata un orrore peggiore tra gli orrori. Ci sono episodi degli
ultimi nove mesi che ti tornano in mente, che ti tormentano di più?
Gennaro: Gaza non ha paragoni con le altre guerre che ho vissuto. Il grado di violenza e di expertise militare è altissimo: è come se tutto l’Occidente fosse in campo. Non è solo la distruzione, che già è spaventosa, non hanno lasciato nulla in piedi. È il modo in cui si infligge il massimo dolore alla popolazione. Sparare a un bambino per strada per attirare chi lo soccorre e poi colpire tutti. Bombardare due volte lo stesso punto, così colpisci i soccorritori. È una modalità cinica. Non è un bombardamento “ignorante” e indiscriminato: è studiato. E uccidere degli "internazionali" riduce poi la presenza internazionale per motivi di sicurezza. Uccidendo un "internazionale", ne punisci molti altri.
Domanda: Adesso ti faccio una domanda, che trascende il
contesto storico politico. Se è vero che la paura della morte e della
sofferenza ci separa dalla giustizia collettiva. è possibile che il segreto
dello slancio a portare giustizia nel mondo, come fai tu, anche a costo della
vita, è sentire gli altri come frammenti di te stesso? Oppure è un “sentire”
che si acquisisce strada facendo? Viene prima l’agire o il sentire per te?
Gennaro: Andare sul posto ti fa capire. Da lontano non ci
rendiamo conto. È facile “gestire” la cifra di sessantamila morti. Se li vedi,
cambia tutto. Nel Mediterraneo, in nave [Sea‑Watch [n.d.r. ONG di ricerca e
soccorso in mare], vedere persone affogare davanti ai tuoi occhi non è come
sentirlo al telegiornale. Essere nati in Italia o altrove è fortuna. Questo non
deve generare senso di colpa sterile, ma responsabilità. Dobbiamo metterci al
servizio dell’umanità. Siamo tutti parte della stessa umanità. Quello che
accade “là” ci riguarda. Domani può capitare a noi. Vorremmo che altri stessero
al nostro fianco.
Domanda: È il sentire comunitario di cui parlavo: ciò che
accade a una parte dell’umanità riguarda la totalità. Tu incarni questa
totalità, quando agisci.
Domanda: Una domanda più brutale. Mi occupo in questi
giorni di stampa e TV. Inevitabilmente mi sto ponendo il problema dell’egemonia
culturale. I social rilanciano notizie dallo stesso bacino, tre o quattro
editori. Tu sei stato nove mesi laggiù. Cosa provi quando, anche in TV, vedi
che in Italia si attenua, si diluisce, si derubrica tutto ciò che hai visto e
viene ribaltato. Giornali come Libero, Il Foglio, Il Riformista, bollettini
della Comunità ebraica, attacchi a Francesca Albanese, a Greta, ai ragazzi della
Flotilla. Non ti chiedo diplomazia. Quando hai visto persone morire negli
ospedali bombardati e poi leggi queste ricostruzioni, cosa provi?
Gennaro: È una vergogna. Non si può, dopo due anni, far
finta di nulla. Ieri, 13 ottobre, il portavoce della RAI ha detto che “è tutto
finito”. Che era Hamas che rubava dai camion, io ero lì. Ero su quei camion.
Quindi stai dicendo una cazzata. Dire bugie a mezzo stampa perché vuoi che la
bugia, ripetuta, diventi verità. La stai dicendo a mezzo stampa, in maniera
pubblica, e non ti curi minimamente del fatto che quella notizia sia falsa. Ma
la stai dando lo stesso perché vuoi che quella bugia venga ripetuta tante volte
affinché diventi verità. Quindi tu sei parte del sistema. Sembri più l’ufficio
stampa dei soldati israeliani, più che la RAI, l’informazione pubblica
italiana. È una vergogna, è uno schifo. Queste persone dovranno pagare prima o
poi anche loro, perché sei parte e complice del sistema. Non so come dire: non
è “un punto di vista diverso”. Che cazzo significa? Che difendi l’esercito
israeliano? Dire che Israele non ha sparato alle persone, quando io, testimone
visivo oculare, e i miei colleghi, che vedevamo e parlavamo coi i medici mentre
estraevamo proiettili dalla testa, dal corpo, dal petto di ragazzi e bambini. E
lì c’erano solo droni israeliani e soldati israeliani. Se poi dici che c’è
Hamas, stai facendo fare un autogol a Israele, perché stai ammettendo che Hamas
è entrato nelle basi israeliane per sparare ai palestinesi. Non sta in piedi:
sei un miliziano a cinquanta metri dai soldati israeliani, hai un fucile in
mano e spari ai palestinesi? Ma che stai dicendo? Chi può credere a una roba
del genere…
Domanda: Emerge una vergogna vicaria per loro.
Gennaro: Sì.
Domanda: Ti voglio chiedere di “Pallywood” [n.d.r. accusa
complottista che attribuisce ai palestinesi video inscenati], l’accusa di messa
in scena di video falsi.
Gennaro: Non credo che Hamas si metta a fare una cosa del
genere. La distruzione è enorme. È guardare il dito e non la luna. E anche se
uno, dieci, mille video fossero falsi, gli altri milioni li fa Hamas?
Domanda: Sulla malnutrizione: hai avuto modo di entrare in
contatto con queste problematiche mediche?
Gennaro: Sì, assolutamente, ma è piena la striscia, cioè
anche lì non è che uno dice malnutrizione, lì ci sono chiaramente degli studi
scientifici, delle analisi fatte con una base scientifica, vengono chiaramente
fatte delle misurazioni, soprattutto dei bambini dentro la striscia, dove
il cibo non arriva. Questi studi dimostrano che questa è una malnutrizione
indotta, cioè non dovuta alla povertà, o alla carestia, ma deriva dal fatto che
un governo sta bloccando gli aiuti alimentari, un governo che sceglie di
affamare un’intera popolazione.
Domanda: Tu eri ai camion, allo smistamento, giusto?
Gennaro: Sì, sì, io facevo la parte sanitaria, quindi
tutta la parte medica, comunque tutti i miei colleghi si occupavano del cibo,
quindi eravamo tutti insieme lì, e vedevamo. Se il cibo non arriva a tutta la
popolazione, perché per due milioni di persone devono mangiare due milioni di
persone, ci vogliono almeno duecento camion, se ne entrano trenta c’è qualcuno
che non mangia, se domani non entrano c’è qualcun altro che non mangia, dopo
domani continua il blocco, la gente continua a non mangiare, e chi non mangia
sono i più deboli, gli ultimi, perché non arrivano fino all’ultima persona, gli
aiuti si fermano ai più forti, chi riesce diciamo ad assaltare i camion, ad
arrivare al cibo.
Domanda: E riguardo ai medicinali, la questione “dual use”?
[n.d.r. beni a duplice uso militare e civile per cui Israele blocca
praticamente tutto ciò che dovrebbe entrare].
Gennaro: Mettono “uso militare” su tutto [n.d.r.
classificazione come beni a duplice uso]. Hanno bloccato anestetici, latte in
polvere 0-3 mesi, protesi pediatriche, incubatrici. Che cazzo c’entra con la
guerra? È una puttanata!
Domanda: Sì, non ci sono dubbi. L’intento genocidario
appare chiaro!
Domanda: Nel docufilm sulla tua missione, La febbre di Gennaro, racconti
che in mare ti sei trovato più volte a dover scegliere chi salvare perché non potevi salvare tutti. Citi un episodio in cui tre donne ti si aggrapparono al braccio per non annegare,
mentre una quarta, che non riuscivi a
raggiungere, l’hai dovuta lasciare e quella donna è annegata. Come si convive con una decisione del genere
e come hai fatto pace con l’idea che il tuo lavoro ti impone di salvare il maggior numero possibile, non tutti?
Gennaro: Non puoi salvare tutti. Salvi una parte. Se
centocinquanta persone sono in acqua, tu puoi salvarne dieci o undici, il resto
muore. Ma quelle dieci vivono. Se non ci fossi, sarebbero morti tutti. Se ti
carichi l’idea di salvarli tutti, impazzisci. Devi concentrarti su quelli che
salvi.
Domanda: Nel documentario hai usato l’espressione goccia
nell’oceano.
Gennaro: Sì. Una goccia non salva l’oceano. Ma è parte
dell’oceano.
Domanda: Un’altra domanda rapida: sono interessato alla
tua giornata. Sei stato nove mesi a Deir al‑Balah. Ci spieghi una giornata tipo
di un operatore con mandato ONU [n.d.r. incarico ufficiale sotto agenzia delle
Nazioni Unite] in un contesto come Gaza.
Gennaro: Dopo esserti accordato con Israele e aver
fatto tutte le autorizzazioni e tutto per poter circolare, ogni volta che ti
spostavi, ogni 8 chilometri ti dovevi fermare e chiedere ancora un’altra
autorizzazione, perché loro ti spostavano da un posto ad un altro, poi arrivavi
nel posto dove dovevi andare e lavoravi, io soprattutto ero alla distribuzione
dei farmaci dentro gli ospedali, lo spostamento dei farmaci dal confine, dalla
frontiera, fino ai nostri magazzini, e quello ti levava veramente un sacco di
tempo. Poi l’evacuazione degli ospedali bombardati, quindi andavo negli
ospedali bombardati, entravamo dentro gli ospedali, quelli che erano già
distrutti, cercavamo di evacuarli e prendere quanto più materiale possibile,
dai farmaci alle apparecchiature mediche.
Domanda: Una panoramica degli ospedali in cui ti sei
trovato a operare.
Gennaro: La maggior parte sono distrutti o parzialmente
funzionanti. In tutta la Striscia ci sono una o due TAC, una o due radiologie.
Sono al collasso. La gente viene trattata nei corridoi o nei parcheggi per
mancanza di spazi. L’ospedale oncologico e pediatrico di al-Rantisi di Gaza
City è stato distrutto e bombardato. Non c’è più un ospedale oncologico.
Domanda: Ricordi scene particolarmente devastanti?
Gennaro: Il sangue per terra, strisce di sangue ovunque:
me lo porterò dietro. L’odore di cadaveri nei palazzi: sotto ci sono ancora
morti che non si riescono a recuperare.
Domanda: Sul numero dei morti sentivamo giorni fa
Francesca Albanese parlare di seicento ottantamila. Si citano da mesi i canonici
sessantamila come se il contatore si fosse inceppato.
Gennaro: Io non do numeri. Ma se lo stesso esercito
israeliano dice “almeno duecentomila” già quello ti fa capire.
Domanda: Alla fine è probabile che il conteggio, tra morti
dirette e indirette (anche quelle tra un anno, due anni) sfiorerà il milione.
Gennaro: Sì.
Domanda: Ti faccio un’altra domanda più astratta: quando
incarni un ideale comunitario così nobile come la giustizia, ne ricevi una
pienezza interiore che sembra prescindere dagli stimoli esterni. Ti basta
sentire la consapevolezza di contribuire alla giustizia per sentirti
realizzato, sai dentro di te che quello che stai facendo, rischi inclusi, è
giusto di per sé. Che cosa ne pensi?
Gennaro: Sì. Non aspetti il grazie. È il minimo che devi
fare per la giustizia umana. Non aspetto il grazie dei palestinesi e non lo
voglio: non devono sentirsi in debito. È il minimo. Noi abbiamo la
responsabilità collettiva dei bombardamenti [n.d.r Apparteniamo ai paesi che
coadiuvano i bombardamenti, vendendo e comprando armi]. Il minimo è alleviare,
ridurre. Semmai dobbiamo dire noi grazie a loro.
Domanda: Vorrei farti una domanda sul fatto che non potrai
rientrare a Gaza. Com’è andata? Ti hanno negato il nuovo visto per i video e le
informazioni vere che hai fornito?
Gennaro: Quando entri a Gaza chiedi il permesso a Israele
che può anche rifiutare. È assurdo perché non passi da Israele, non c’entri. Ma
decidono loro, anche se sei in missione ufficiale ONU. Siamo in tanti ad aver
ricevuto il rifiuto. Nel mio caso non hanno detto perché. Dicono solo “tu non
entri più”. Mi sono esposto, ho raccontato sui social. Sono uno scomodo
testimone.
Domanda: Hai incontrato giornalisti?
Gennaro: Palestinesi sì, gli altri non entrano. Stavano
fuori dagli ospedali. Si lavorava lì. Loro facevano dirette, io lavoravo
dentro, non potevo fermarmi molto.
Domanda: Quindi stavi dentro agli ospedali?
Gennaro: Sì, entravo e poi ripartivo. Ricostruzione di
reparti bombardati, distribuzione di medicinali, capire come migliorare i
reparti.
Domanda: Che cosa ti sei portato dietro da Gaza che oggi vuoi
raccontare alle persone?
Gennaro: La resilienza palestinese. Li pieghi ma non li
spezzi. Si sono inventati la benzina quando l’hanno bloccata. Macchine a gas,
trasporto con i muli. Non li abbatti. Se fosse successo in Italia, forse ci
saremmo estinti. Hanno una resistenza pazzesca.
Domanda: La resistenza del popolo.
Gennaro: Sì.
Chi è Gennaro Giudetti
Operatore umanitario,
mediatore culturale. Tarantino, attivo da anni tra supporto ai
migranti in situazioni di emergenza in mare, conflitti e sanità in emergenza.
Ha lavorato con reti civili e ONG in vari teatri: Operazione Colomba, Corpo
Nonviolento di Pace; missioni SAR con Sea‑Watch (testimone del naufragio del 6
novembre 2017 nel Mediterraneo centrale); incarichi con agenzie ONU. Nel 2024 -
2025 ha operato per l’OMS a Gaza
nel coordinamento della logistica
sanitaria per 9 mesi: ingresso e distribuzione dei farmaci, catena del
freddo, trasferimenti dal valico ai magazzini e agli ospedali, evacuazione di strutture bombardate.
Al rientro in Italia, Israele gli ha negato il visto
di re‑ingresso.
Ambiti
e paesi toccati. Mediterraneo centrale, Palestina/Gaza, Libano,
Colombia, Albania, Kenya, Congo.
Libro. Con loro, come loro. Storie di donne e
bambini in fuga (con Angela Iantosca, Paoline, 2024). Scheda
editore: https://www.paoline.it/news/novita-libri/con-loro-come-loro.html
Docufilm. La febbre di Gennaro. Scheda
produzione: https://www.talpaproduzioni.com/portfolio-items/la-febbre-di-gennaro-2020/
Potete vederlo qui: https://www.youtube.com/watch?v=aqxqO3tRfWI
Gli Autori
Lavinia Marchetti (biologa, laureata in filosofia politica, ricercatrice)
Massimiliano Tognetti (filosofo,
specializzato in filosofia politica)