GEDANKEN
SIND FREI!
di Alida Airaghi

Gustav Mahler
I pensieri sono liberi
Nel 1899 Gustav Mahler (1860-1911)
pubblicò una raccolta di ventiquattro lieder sotto il titolo Des Knaben
Wunderhorn (Il corno magico del fanciullo), i cui testi erano più o meno
direttamente tratti da un ciclo di poesie e canti popolari curati all’inizio
del secolo da Clemens Brentano e Achim von Arnim, i quali intendevano con
quest’opera rendere omaggio alla tradizione poetica orale tedesca dal medioevo
al XVIII secolo.
Nel secondo gruppo
della raccolta mahleriana, l’ottava delle dodici composizioni per voce e
orchestra si intitola Lied des Verfolgten im Turm (Canto del perseguitato
nella torre), ed è un duetto in cui un prigioniero rivendica perentoriamente la
libertà di pensiero, arrivando a rinunciare per essa all’amore della sua
fidanzata, che gli risponde con una melodia di intenso lirismo, invitandolo a
recedere dai suoi propositi battaglieri per tornare a godere delle bellezze
della natura e del profondo sentimento che li lega.
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Gustav Mahler |
La prima strofa del
lied è strutturata in otto versi, così modulati con voce roboante dal
protagonista rinchiuso nella torre: “Die Gedanken sind frei, / Wer kann sie
erraten? / Sie rauschen vorbei / Wie nächtliche Schatten. / Kein Mensch kann
sie wissen, / Kein Jäger sie schießen; / Es bleibet dabei, / Die Gedanken sind
frei” (“I pensieri sono liberi, / chi può indovinarli? / Passano di corsa /
come ombre notturne. / Nessun uomo può conoscerli, / nessun cacciatore colpirli;
/ questo è certo: / i pensieri sono liberi”).
Il ritornello Die
gedanken sind frei (I pensieri sono liberi) viene ribadito dal prigioniero
alla fine di ogni strofa, insieme all’orgogliosa constatazione del suo stato di
recluso, ingiustamente perseguitato da un potere tiranno: “Penso
cosa voglio e cosa mi piace / ma tutto in silenzio e come si conviene. / Quel
che voglio e desidero nessuno lo può impedire, / questo è certo: i pensieri
sono liberi! // … Se anche mi rinchiudessero in una buia galera / sarebbe un’azione
inutile / perché i miei pensieri spezzano le sbarre / e i muri in due: i
pensieri sono liberi!”
Mi è tornato alla mente questo lied alcune sere fa,
ascoltando uno degli ospiti di un talk show televisivo chiedersi per quanto
tempo potremo ancora pensare ed esprimerci apertamente e con indipendenza, senza
venire sorvegliati, emendati e censurati in quello che diciamo e scriviamo
dalle nuove tecnologie imperanti o da poteri più o meno occulti.
Sono andata quindi a cercare informazioni sul testo di
Mahler, scoprendo che si tratta di una canzone di protesta diffusa in fogli
anonimi alla fine del ’700 nell’area alpina di lingua tedesca (Baviera,
Austria, Svizzera tedesca, Südtirol). Venne musicata intorno al 1810, e stampata
nella raccolta Lieder der Brienzer Mädchen a Berna, per essere
poi pubblicata nel 1842 nella versione che conosciamo in Schlesische
Volkslieder da August Heinrich Hoffman von Fallersleben. Il motivo centrale
risale
però a un periodo molto precedente al romanticismo, addirittura al Medioevo: già il poeta e cantore cortese Walther
von der Vogelweide (ca.1170-1230) cantava Sind doch Gedanken frei,
mentre il Minnesänger austriaco Dietmar von Aist gli faceva eco pochi
anni dopo: Die Gedanken, die sind ledig frei. Il testo risulta
reperibile in Freidank (Bemogenheit, 1229). Veniva cantata in altre tonalità,
secondo diverse testimonianze, durante la rivolta contadina del 1524/25.
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Di cosa è degno un popolo
che non parla?
Ha attraversato da
allora in poi tutti i momenti in cui in Germania il popolo si è opposto all’oppressione,
dalla rivoluzione del 1848 alla resistenza al nazismo, che ne vietò la
diffusione, pena il carcere: diventò comunque l’inno del movimento studentesco “Weisse
Rose” (Rosa Bianca), che nel 1942/43 si ribellò a Hitler e fu soffocato nel
sangue.
La canzone è stata ripetutamente ripresa in momenti
cruciali di lotta popolare e nelle manifestazioni contro la repressione nel
corso di tutto il ’900. Il 9 settembre 1948, al culmine del blocco di Berlino,
Ernst Reuter pronunciò un discorso davanti alle rovine del Reichstag, in cui
fece appello ai “popoli del mondo” affinché non abbandonassero la città. Dopo
questo discorso, la folla intonò spontaneamente Die Gedanken sind frei. Nel
1989, durante la rivoluzione pacifica nella RDT, la canzone fu suonata dai
membri dell’Orchestra di Stato di Dresda sulla Theater Platz di Dresda, insieme
a migliaia di dimostranti. Nel 1966, il cantante folk americano Pete Seeger ne registrò
una versione inglese per il suo album Dangerous Songs. Molti altri
artisti e gruppi (Dean Reed, Leonard Cohen, Christof Stahlin, KeinMensch, Nena,
Evelyn Fischer, Lea) hanno esaltato la tradizione secolare del canto
sovversivo. Il 10 dicembre 2010, i sostenitori dello scrittore Liu Xiaobo, incarcerato,
hanno interpretato la canzone in inglese di fronte all’edificio in cui gli è
stato conferito in contumacia il premio Nobel per la pace. In seguito
all’attacco terroristico alla redazione della rivista francese Charlie Hebdo nel
2015, gli artisti alsaziani hanno utilizzato il testo per esprimere la
loro resistenza all’intimidazione di matrice islamista.
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che non parla?
Il 21 maggio
2017, a Francoforte sul Meno, si è tenuta una lettura di solidarietà per l’autore
Deniz Yucel, imprigionato in Turchia, con l’esibizione canora di Jan
Boehmermann. Il 15 febbraio 2019, il canto è stata eseguito in tedesco e
francese durante la cerimonia funebre per Tomi Ungerer nella cattedrale di
Strasburgo. Nel marzo 2019, è stato ripetuto da molti giovani durante diverse
manifestazioni nell’ambito delle proteste contro la riforma del diritto
d’autore dell’Unione Europea. Dal 2020, è stato riproposto frequentemente
contro le misure di contenimento della pandemia di Covid-19.
Una lunga e combattiva storia, dunque, sta alla base
di questo motto libertario e democratico, riportato in auge da Mahler, al quale
va tuttora la mia gratitudine, perché in anni per me molto dolorosi –
emotivamente e psichicamente – mi è venuto in soccorso con gli adagio delle sue
sinfonie, e con i messaggi (angosciati, sì, ma anche ricchi di indignata
ribellione) dei suoi lieder. Riascoltando adesso l’energica e inflessibile
affermazione del suo perseguitato nella torre, sento il desiderio di unire la
mia voce al coro: Gedanken
sind frei, nella speranza che
tali rimangano sempre.
Riferimenti
1.- https://www.youtube.com/watch?v=dZZBx7C2C0Y&list=RDdZZBx7C2C0Y&start_radio=1
2.- https://www.youtube.com/watch?v=ngwvs4G4b6M&list=RDngwvs4G4b6M&start_radio=1
3.- Melodia e testi di Gedanken sind frei,
da: Canzoni popolari della Slesia con melodie: Dalla bocca del popolo di August Heinrich Hoffmann von
Fallersleben, Ernst Heinrich Leopold Richter,
p. 307; Pubblicato da Breitkopf & Härtel, 1842
4.- Canzoni contro la guerra: https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=810
5.- Alida Airaghi, https://www.glistatigenerali.com/cultura/letteratura/grinzing-lautobus-era-il-n-38/