LA FORZA DELLA RAGIONE
di Paolo Vincenti
Detesto la gente che vive schiava
dell'istinto, dell'occasione, del momento, preda dei propri deliri percettivi,
che si fa troppo facilmente suggestionare dalle apparenze distorte della realtà
che generano reazioni incontrollate e irrazionali. Ne abbiamo avuto un esempio
pochi giorni prima dello scoppio della guerra in Ucraina quando folle impecorite
di automobilisti hanno preso d'assalto le stazioni di rifornimento per fare il
pieno ai propri veicoli nella assurda paura di rimanere a secco, come se tutti
i giacimenti petroliferi del globo smettessero di colpo di erogare l'oro nero,
quasi che le grandi multinazionali decidessero all’istante di abbandonare i
loro lucrosi affari con il greggio, come se tutto un sistema logistico
planetario basato sui combustibili fossili di repente si fermasse, le compagnie
di estrazione e quelle di distribuzione venissero meno in simultanea, il
business multimiliardario del petrolio diventasse improduttivo, obsoleto,
infruttuoso, non strategico nè conveniente, i gruppi di potere non facessero
più lobbing sui parlamenti e sulle classi dirigenti del mondo avanzato, l'idea
di uno sviluppo sostenibile si radicasse nella mentalità comune e ispirasse
politiche illuminate ai governi delle principali potenze industriali, che ai
bisogni reali e al benessere dei popoli improntassero le loro azioni, e ai
proclami sbandierati nei convegni e nei summit del G20 sul clima seguissero i
fatti concreti. “Come puoi, decerebrato, restare da un giorno all'altro senza
benzina o gasolio per la tua macchinina?”: questo mi veniva di chiedere a
qualcuno di quegli automobilisti assiepati in lunghe code nelle stazioni di
rifornimento e che invadevano anche le corsie stradali. “Come fai, imbecille, a
restare senza viveri da un momento all’altro?”: questo avrei voluto domandare a
qualcuno di quegli avventori che prendevano d’assalto i supermercati caricando
di tutto nei loro carrellini. Ovviamente, se mi fossi messo in fila anch’io davanti
ai distributori o a fare la spesa nei market. Ma poi, se così li avessi
apostrofati, anch'io sarei stato preda degli istinti. “Ti adiri contro degli
stolti?”, chiederebbe Marco Aurelio (nei Pensieri).
“«Ma l'uomo, si risponde, possiede la ragione. Riflettendo, egli può prendere
coscienza dell'errore commesso». Certo, e dunque anche tu possiedi la ragione.
Metti in moto con la tua ragione la sua, mostragli l'errore, avvertilo. Se egli
ti ascolterà guarirà senza bisogno che tu entri in collera”. Davvero non riesco
ad immedesimarmi nella psiche devastata di coloro che non seguono la virtù suprema,
ossia il vivere secondo ragione. Lo dicevano i primi stoici che è proprio
questa la differenza fra l'uomo volgare e l'uomo saggio. Non che le passioni
non facciano parte dell'uomo, ma vivere seguendo esclusivamente i sensi porta
all'abbrutimento dell'essere umano, lo rende simile alle bestie. E allora a quegli avventori nel panico,
vorrei dire, sempre con Marco Aurelio: “Se la forza
delle circostanze ti getta nell'inquietudine, ritorna tosto in te stesso e non
perdere l'equilibrio per più tempo che non ti sia necessario. Tu sarai tanto
più signore della tua armonia interiore quanto più spesso vi tornerai”.
Non sopporto il popolo quando si fa trascinare dai
trappolatori delle masse, dagli opinion leader, dal sentimento unisono, e ancor
meno quando segue l’umore penieno o uterino anziché la mente raziocinante. E la
pandemia ha sicuramente esasperato una condizione già fortemente critica. Il
costretto isolamento nelle quattro mura domestiche, lo smart working, la
didattica a distanza dinanzi ad uno schermo per svariate ore, l'isolamento
sociale, tutto questo ha fatto precipitare adulti e giovani in una profonda solitudine
che ha contribuito ad acuire le già presenti fragilità. Le restrizioni hanno
accentuato le somatizzazioni ansiose, i disturbi dell'apprendimento e
dell'attenzione dei ragazzi, rendendo più problematico il loro percorso di
crescita e il rientro nella quotidianità. C'è stato un vero e proprio
appiattimento emotivo, al quale sono seguite svariate reazioni. La
frustrazione, l'aumento delle patologie psichiatriche con ricorso al suicidio,
la non accettazione del proprio corpo, con evidenti disturbi alimentari, il
ritorno di una massiccia dipendenza da sostanze psicotrope e stupefacenti sono
i segni evidenti di un malessere sedimentato. Alcuni docenti (ché il mondo
della scuola è stato quello più duramente colpito dallo stress da covid) non
volevano più mettere piede fuori da casa per paura del contagio ed alcuni di
essi hanno dovuto sostenere percorsi di riabilitazione psicologica per tornare a
fare lezione in presenza. Così il popolo si fa trasportare dalle fobie, che un
nonnulla può scatenare. “Non confonderti, ad ogni impulso dell'istinto fa
valere i sensi del giusto equilibrio, ad ogni idea che ti si presenta esercita
liberamente la tua facoltà di assenso”, dice ancora Marco Aurelio. Chiaro che
dal popolo si giunga facilmente al populismo quando qualcuno
voglia approfittare di questa evidente debolezza dei nostri simili per
strumentalizzarla a fini elettorali: mi riferisco ovviamente ai politici e alla
becera demagogia utilizzata da buona parte dei rappresentanti delle destre
europee e non solo. Io, per parte mia,
populista non potrei mai essere perché disprezzo il popolo quando questo è
correo di certe anomalie, discrasie, tipiche del nostro Paese. Del pari,
disprezzo le élite, quelle che ritengono di farsi carico del pensiero comune e
di indicare la via, tracciare la rotta.
E se per populismo, come sostiene il professor Richard Baldwin
dell’Università Bocconi di Milano, si intende l’idea che il solo il popolo sia
puro e le élite corrotte, ancora una volta mi
sento lontanissimo da questo atteggiamento mentale perché ritengo che anche il
popolo possa essere corrotto come la sua classe dirigente, intimamente
corrotto. Tuttavia, se questo farsi gregge del popolo mi fa
davvero arrabbiare, capisco poi che attenuare l'ira, non farsi
trasportare dal furore verso eccessi incontrollabili, è mio preciso dovere, e
mi viene di pensare al De ira di
Seneca. L'uomo saggio infatti non è soggetto alle offese e ai fendenti della
vita, egli è come una fortezza inespugnabile, un muro invincibile, proprio come
dice Seneca nel De constantia sapientis.
Certo, la mia lontananza dal popolo in questi casi non vuole essere superbia o
albagia, ma una presa di distanza, quasi un’immunità dalle psicosi collettive,
una serena apátheia
che fa giudicare con distacco gli accadimenti. Perché il popolo meschino e
instabile non riflette prima di agitarsi scompostamente in preda ai più
elementari sentimenti? Perché non analizza a mente serena le cause e gli
effetti di ogni avvenimento, senza seguire il primo ciurmatore desideroso solo
di gloria e di onori o ripetere a pappagallo frasi fatte e uniformarsi a stati
d’animo, umori e vizi collettivi? La ragione è ancora lontana dal reggere il
mondo e gli uomini.