UNA SCUOLA PICCOLOBORGHESE
La copertina del libro
Ho
appena finito la lettura di questo libro molto interessante, autobiografico ma
con valore universale, di Luca Marchesini (Una scuola piccoloborghese,
Bookabook edizioni, pagine 146 € 14,00), che ci racconta la scuola, da quando era
piccolo e andava alle elementari, fino a quando in cattedra è andato lui, come
professore di filosofia. Nato nel 1953, è ora in pensione e rievoca la scuola,
che è sempre fonte di sapere, pur con tante incongruenze. Oltre ad essere
insegnante Luca Marchesini è drammaturgo, autore di numerose commedie, alcune
delle quali rappresentate, tra l’altro, al Teatro Parenti e al Teatro Libero.
Infatti, nel descrivere la scuola e le sue esperienze, appare una vena sottile
di teatrale umorismo, che permea tutta la narrazione. Mentre nel suo parlare
della scuola elementare avvertiamo il profumo della nostalgia e del sentimento,
quando si arriva alle superiori, con la contestazione giovanile, le vicende si
fanno serie e anche un po’ drammatiche. Egli apprezza molto i due professori di
filosofia, che tanto gli hanno dato con la loro vasta cultura, sebbene di
stampo diverso, ma passa poi a descrivere il clima infocato degli studenti, che
si riempiono la bocca e la mente di proclami di antifascismo, di comunismo, di
diritti del proletariato (di cui peraltro conoscono ben poco), di rivoluzione,
di giustizia sociale ecc.
Ed
ecco alcune gustose scenette: il prof. S, così nominato, viene a dichiarare ai
suoi studenti “guardate che il fascismo tornerà, ma non preoccupatevi, per il
bracciante e per il contadino non cambierà nulla”.
L’ironia
intelligente e grottesca del professore li smonta ferocemente e con lui
l’autore allaccerà un’amicizia profonda, ormai come collega, benché l’altro resti
sempre in fondo per lui uno sconosciuto. Il giovane protagonista segue con
grande interesse le lezioni di filosofia e di letteratura, ma ciò non gli
impedisce di andare alle manifestazioni e occupazioni politiche, alle assemblee
non autorizzate di classe, di corso e di qualsiasi cosa - rientrando nei ranghi
verso la fine dell’anno scolastico per evitare guai. “Mi vedo, garzoncello penoso, votare per l’occupazione alzando il
braccio, naturalmente col pugno serrato, perché un po’ di retorica non guasta
mai”. Poi si arriva alla laurea in lettere, all’insegnamento delle 150
ore agli operai (esperienza che rimarrà indelebile), infine alla scuola media
superiore, dopo anni di precariato faticoso e stressante. E qui inizia un’analisi
della scuola, di ciò che è diventata coi vari Progetti, Programmi formativi (il
famoso POF), le varie incombenze soffocanti e inutili riunioni. L’autore
ritorna quindi a insegnare agli adulti nel Corso Integrativo, un’integrazione
per chi aveva frequentato solo i 4 anni delle magistrali (che poi diventarono 5
con la trasformazione in liceo pedagogico). Lì egli ripete un po’ l’esperienza
delle 150 ore, con bei ricordi di adulti volonterosi e amichevoli.
Poi,
ritornando ad insegnare al liceo pedagogico e delle scienze sociali, eccolo incontrare
la figlia di un’allieva di tanti anni prima. Infine nelle ultime pagine, di cui
non voglio svelare il finale, i ricordi si fanno lieti, e umoristici, se pur
sempre critici verso un’istituzione soffocante.
La
scuola piccoloborghese è sempre criticata, analizzata, ma anche goduta nei
rapporti belli con alcuni allievi e colleghi, che non si interrompono neppure
con la pandemia. Dunque un libro che consiglio a tutti, ai genitori, agli
allievi, ai colleghi e a tutti quelli interessati al mondo del sapere e della
scuola, vista anche come commedia umana.
Serena
Accascina
La copertina del libro |