BIBI A GAZA
di
Zaccaria Gallo
Ti
hanno insegnato ad aver paura
della
dolcezza e, nella tana della tua testa,
è
cresciuta la consapevolezza
che
anche il cielo puoi strangolare.
Non
hanno padri, non hanno fratelli,
quelli
che tu chiami nemici in una
guerra
perduta per entrambi?
E
i lamenti delle donne che l’aria
saturano
con voli di tordi a sera,
non
giungono al tuo cuore,
pieno
di benzina e kerosene,
d’uranio,
fosforo e terrore?
“La
tua guerra non è un campo di grano”
per
far fiorire le spighe
e
coltivare il pane,
ma
armadio, dove conservare il delirio,
non
importa se muore un vecchio
o
un bambino.
Il
tuo nome si scrive nella estraneità
del
Meccanico del mondo,
che
ti lascia fare quello che vuoi,
come
se se la fosse data a gambe
dopo
la creazione.
Sugli
scuri della tua casa,
sul
parabrezza della tua auto,
riposano
angeli senza braccia,
senza
gambe, come anitre
impallinate
per la cena.
Apri
il frigorifero e,
tra
i certificati di morte,
cerca
la bottiglia che contiene l’omicidio.
Tua
madre l’ha conservata da tempo per te.