GAZA: STOP AL GENOCIDIO
di
Giuseppe Natale
La
mobilitazione della società civile per la Palestina.
Tante diverse forme di manifestazione e di mobilitazione vedono la cittadinanza attiva e consapevole, in prima persona o nelle associazioni umanitarie e professionali e nei comitati sociali, impegnata a livello locale, nazionale e mondiale contro il genocidio del popolo palestinese e lo Stato razzista e colonialista di Israele. È un movimento globale di solidarietà, sempre più ampio, di cui si sentono parte la Sezione ANPI e l’Associazione Casa Crescenzago. È un movimento di resistenza pacifica, determinato a promuovere non solo azioni ed iniziative di aiuto concreto alle vittime dei bombardamenti e delle stragi quotidiane ma anche atti di denuncia e disobbedienza civile, di boicottaggio e disinvestimento, di sanzioni e interruzione dei rapporti con lo Stato d’Israele. Occorre fare di tutto perché questo movimento umanitario ed etico-politico, nelle sue molteplici modalità d’intervento, si consolidi e si coordini per diventare una vera forza che possa riuscire a inchiodare alle loro responsabilità di connivenza criminale le classi dirigenti dei Paesi occidentali, in primis di USA e Regno Unito, di Europa e dell’Italia, per quanto ci riguarda, non esclusi le classi dirigenti di tutti gli altri Paesi a cominciare dai leader dei Paesi arabi.
Si sta
infatti rafforzando un grande movimento globale per Gaza e per la Palestina
libera. Decine di imbarcazioni della Global Sumud (per i Palestinesi
è parola che vuol dire Resistenza decisa e ferma) Flotilla - con a
bordo attivisti provenienti da 44 Paesi - stanno, mentre scrivo, per partire
verso Gaza da quattro porti del Mediterraneo (Barcellona, Genova, Tunisi e
dalla Sicilia), per portare aiuto materiale di ogni genere, soprattutto
alimentare e farmacologico e per manifestare la volontà etico-politica di
giustizia e libertà e - come si afferma nel comunicato - “rompere l’assedio
illegale e chiedere l’immediata riapertura dei corridoi umanitari garantiti dal
diritto internazionale e bloccati da Israele”.
Si
tratta di isolare Israele dal consesso internazionale e abbattere la sua
struttura genocida. È un compito straordinario di fratellanza e di amore verso
l’intera umanità da compiere con l’ottimismo della volontà e della speranza, e
con una dose di pessimismo dell’intelligenza coltivando la memoria storica e
critica che ci rende consapevoli, nell’impegno presente, di costruire un futuro
diverso e migliore.
“Oltre
mezzo milione di persone attualmente soffrono la fame, l’indigenza e la
morte a Gaza ed entro la fine di settembre questo numero potrebbe superare le
640.000. Praticamente nessuno a Gaza è immune dalla fame: si prevede che almeno
132.000 bambini sotto i 5 anni soffriranno di malnutrizione acuta”: lo si
afferma in un report ONU redatto da 14 Paesi. Ed è evidentemente vergognoso
assistere al mancato intervento delle forze dell’ONU e ai veti e alle
violazioni del diritto internazionale, in primis da parte USA.
Il 25
agosto scorso l’ennesima strage israeliana all’Ospedale Nasser a Khan Younis,
unica struttura sanitaria rimasta, ha ucciso 58 civili e feriti 308. Tra le
vittime la giornalista Maryam Abu Daqqa (ad oggi sono 246 i giornalisti uccisi
dall’esercito israeliano!). Commovente e struggente il suo breve intenso
“testamento” scritto al figlio Ghaith di 12 anni, che ci fa tornare in mente le
lettere delle e dei condannati a morte della resistenza antinazifascista: “Voglio
che tu tenga la testa alta, che studi, che tu sia brillante e distinto, e che
diventi un uomo che vale, capace di affrontare la vita, amore mio. Non
dimenticare che io facevo di tutto per renderti felice a tuo agio e in pace, e
che tutto ciò che ho fatto era per te. Quando crescerai, ti sposerai e avrai una
figlia chiamala Maryam come me. Tu sei il mio amore, il mio cuore, il mio
sostegno, la mia anima e mio figlio, colui che mi fa alzare la testa con
orgoglio. Sii sempre felice e conserva una buona reputazione. Ti prego, Ghaith:
la tua preghiera, poi ancora la tua preghiera, e poi ancora la tua preghiera”.
(Il testo è ripreso dall’Agenzia Anbamed).
Maryam,
come le colleghe e i colleghi giornalisti, come i medici e i sanitari, come le
/gli insegnanti, come soprattutto le donne, e gli uomini di tutte le età sono
resistenti indomabili e partigiani della libertà e della dignità, della
giustizia e della pace: sono popolo espropriato e oppresso da oltre 80 anni e
fanno sumud. Anche per noi. Per l’intera umanità.
A Milano,
come in tante città d’Italia e del mondo, cresce la mobilitazione contro il
genocidio e per la Palestina libera. Tante iniziative sparse in tutto il
territorio metropolitano vedono la partecipazione di sempre più numerose
persone: incontri di informazione e solidarietà, adozioni e raccolta fondi,
mostre documentarie (in particolare dei disegni di bambini palestinesi),
letture di testi poetici e letterari, azioni di boicottaggio dei prodotti
israeliani, atti di disobbedienza civile. E si intensificano le manifestazioni
pubbliche con cortei e flash mob. Creativo e silenzioso, muto con i cartelli
che denunciano il genocidio e invocano il cessate il fuoco e la fine delle
guerre è il flash mob quotidiano in Piazza Duomo improvvisato da un gruppo
eterogeneo di cittadini-e, che si ripete da oltre due mesi.
Dall’ottobre
del 2023, ogni sabato le associazioni e le comunità palestinesi promuovono
cortei e sit-in per le strade e nelle piazze dei diversi quartieri di Milano: è
una forma di sumud della “diaspora” che rinforza lo spirito di
resistenza e la speranza di coinvolgere la cittadinanza italiana e le forze
sociali e politiche, le istituzioni nazionali e locali. È in crescita il
coinvolgimento della cittadinanza attiva accanto ai palestinesi, ma mantengono
purtroppo le distanze i principali soggetti associativi come l’Anpi. Silenzio
assordante oppure qualche balbettio caritatevole da parte dei rappresentanti
delle istituzioni e del governo centrale.
Nonostante
diversi appelli al Comune di Milano di annullare il “gemellaggio” con la città
di Tel Aviv e di interrompere ogni rapporto politico economico e commerciale
con Israele, Palazzo Marino tace, e si limita a qualche generica dichiarazione
umanitaria. Un impegno più stringente, che si propone diventi comune a tutti i
municipi, e che venga assunto dal Comune centrale è l’ordine del giorno
approvato dal Municipio 5, con il quale si impegna il Comune di Milano e i
rappresentanti nel Parlamento italiano e in quello europeo a farsi portavoce delle
richieste di: “cessare il fuoco”, “fermare il genocidio”, “impedire la
deportazione del popolo palestinese”, “sospendere immediatamente gli accordi
economici, politici, militari ed accademici e tecnologici “con lo Stato
d’Israele, “avviare un percorso di pace che ponga fine all’occupazione militare
e territoriale” delle terre palestinesi.