RISPOSTA RUSSA ALLA GOLDEN DOME
AMERICANA
di Alessandro
Pascolini - Università di
Padova
La stampa norvegese ha osservato nel mese di
agosto una frenetica attività attorno alla base artica russa di Rogachevo sull'isola
Yuzhny dell'arcipelago di Novaya Zemlya, alla latitudine di oltre 71 gradi nord,
con movimenti di navi e di aerei, incluso un velivolo da ricognizione e
controllo aereo e aerei della Rosatom, l'agenzia russa per l'energia nucleare. Sono stati osservati lavori e movimenti
di elicotteri anche al sito di Pan'kovo (170 km più a nord), dotato di
una piattaforma di lancio per test del missile cruise a propulsione nucleare 9M730 Burevestnik (procellaria),
per la NATO SSC-X-9 Skyfall. Queste
attività, oltre a restrizioni imposte al volo e alla navigazione civili nel
nord-est del mare di Barents, suggeriscono, secondo esperti internazionali e
norvegesi, che si stia appunto preparando un nuovo test del Burevestnik,
dopo 13 insuccessi. Ricordiamo che l'incidente dell'8 agosto 2019, che ha
causato al morte di 2
militari e 5 esperti nucleari russi a seguito
di un’esplosione su una piattaforma nel Mar Bianco al largo della base della marina
russa di Nyonoksa, è stato interpretato
da esperti occidentali appunto come legato al recupero del relitto di un Burevestnik
finito in mare a seguito di un test fallito (http://ilbolive.unipd.it/it/news/morte-65deg-parallelo-lincidente-russo).
Il Burevestnik è uno dei prodigi tecnologici presentati dal
presidente russo Vladimir Putin all’Assemblea federale il 1° marzo 2018 nel
messaggio sullo stato dell’unione, assieme al veicolo sommergibile autonomo a
propulsione nucleare Poseidon, ai missili ipersonici Tsirkon, Kinzhal e Avangard
e l'ICBM super-pesante Sarmat. Lo sviluppo di questi sistemi bellici nucleari, per
molti aspetti assolutamente straordinari, venne motivato per la preoccupazione
della Russia che il progresso americano nel campo anti-missilistico vanifichi
la capacità di reazione russa a un attacco nucleare. Atteggiamento che il nuovo
progetto della Golden Dome di Donald Trump non può che rafforzare.
Una tecnologia estrema
ll Burevestnik è un missile cruise subsonico per
missioni nucleari alimentato da un reattore nucleare. I missili cruise, a differenza dei missili balistici, hanno
propulsione autonoma e seguono percorsi arbitrari, guidati da un calcolatore a
bordo e/o dai satelliti di navigazione; volando a bassa quota (qualche decina
di metri) sfuggono ai radar e con la loro alta mobilità possono evitare gli
intercettori anti-missile. Ciò li rende armi ad altra penetrazione delle difese
nemiche; tuttavia i Cruise con motori convenzionali hanno un tempo di volo e
una gittata limitati (alcuni fino a un massimo di 3000 km), determinati dalla capienza
di combustibile a bordo. Il Burevestnik dovrebbe essere uno statoreattore (ram jet) con un
reattore nucleare compatto al posto della camera di combustione. La fissione nucleare mette a
disposizione molta più energia rispetto ai combustibili convenzionali, e un Cruise
a motore nucleare potrebbe raggiungere distanze intercontinentali, seguire rotte
imprevedibili e rimanere in volo per un periodo estremamente lungo,
praticamente illimitato. In
uno statoreattore l'aria esterna entra in una presa dinamica e viene rallentata
a velocità subsonica (solitamente sino a Mach 0,3) dalla
particolare geometria dei condotti opportunamente conformati, portando a un
aumento della pressione del flusso di aria fredda. Il flusso compresso impiegato
come fluido refrigerante del reattore nucleare raggiunge temperature altissime
(fino a 1400-1600° C), si
espande e viene espulso ad alta velocità da un ugello opportunamente
sagomato per creare la spinta necessaria. Nonostante siano più efficienti al di sopra di Mach 2, gli statoreattori possono funzionare anche a velocità
subsoniche, come appunto nel caso presente. Per raggiungere la velocità
iniziale transonica necessaria per l'innesco del motore, il missile deve avere,
per la fase iniziale, anche un propulsore a combustione, con carburante liquido
o solido.
La realizzazione
di uno statoreattore nucleare è una vera sfida tecnologica, che molti esperti
ritengono ancora lontana da venir superata. Gli USA hanno sviluppato fra gli
anni ’50 e ’60 il progetto Pluto per un tale motore da impiegare appunto in un
mastodontico missile cruise (il Supersonic Low-Altitude Missile),
fortunatamente cancellato prima di ogni test. Il prototipo di statoreattore nucleare
Tory-IIC venne comunque positivamente testato su rotaia nel 1964 per alcuni
minuti, ma il progetto Pluto fu definitivamente chiuso per gli enormi problemi
tecnici ancora aperti e i rischi di contaminazione radioattiva dell'ambiente.
Tra il 1959 e il 1972 sono stati costruiti e provati negli USA venti reattori del
programma NERVA per la propulsione spaziale, utilizzanti l'idrogeno come fluido
di lavoro anziché l'aria atmosferica, ma non hanno avuto impiego pratico.
Il reattore sviluppato
per il Burevestnik è una scatola nera per quanto riguarda il materiale open
source,
e nulla si sa dei
suoi parametri di progettazione; tenuto conto delle indiscrezioni sulle
dimensioni e velocità del missile, dovrebbe avere una potenza di alcuni
megawatt. In linea di massima, ci sono due configurazioni che possono essere
ragionevolmente prese in considerazione: “a circuito aperto”, in cui l'aria in
entrata fluisce direttamente attraverso il reattore per estrarne il calore, o
“a circuito chiuso”, in cui il reattore è isolato dal flusso d'aria da uno
scambiatore di calore che trasferisce il calore del reattore all'aria,
impiegando come refrigerante metalli liquidi, come sodio o potassio.
Entrambe le
configurazioni presentano delle difficoltà. I sistemi a circuito aperto
avrebbero particelle radioattive nei gas di scarico e dovrebbero essere di
grandi dimensioni per accomodare i condotti per il flusso d'aria; ciò richiederebbe
una maggiore quantità di combustibile fissile per raggiungere la massa critica,
aumentando così il peso del sistema.
I sistemi a
circuito chiuso avrebbero un reattore di massa inferiore, ma si deve aggiungere
lo scambiatore di calore. La maggiore complessità derivante dall'introduzione
di uno scambiatore di calore renderebbe un concetto a ciclo aperto più
interessante per una più rapida implementazione, considerata anche la pressione
politica per il completamento delle nuove armi presentate da Putin ancora nel
2018.
Complessità
da gestire in volo
I reattori sono
macchine estremamente sensibili e occorre controllarne continuamente con
precisione la geometria, i fluidi con cui vengono a contatto e la temperatura.
Il combustibile fissile del reattore deve mantenere con precisione la sua
disposizione per raggiungere un flusso neutronico ottimale nel nocciolo. Per un
missile da crociera che opera a un'altitudine di 50-100 m e segue il terreno ad
alta velocità, saranno in gioco molte forze inerziali. Gli elementi strutturali
del reattore (combustibile, moderatore, refrigerante) devono essere progettati
per gestire ogni perturbazione, senza modificare in modo significativo il
flusso di neutroni nel reattore, oppure prevedere meccanismi per far tornare il
reattore naturalmente alla criticità dopo situazioni anormali. Se la geometria
del combustibile cambia, la reattività potrebbe aumentare fuori controllo,
ovvero diminuire fino a non sostenere il moto del missile. A quote di
decine di metri, nella presa d'aria dello statoreattore potrebbe entrare anche
polvere, foglie, neve, pioggia, grandine e forse anche uccelli. Bastano i
cambiamenti di umidità, temperatura e pressione a modificare la reattività del
reattore, variabili che inevitabilmente fluttueranno durante un viaggio di
giorni attraverso migliaia di km di oceano e terraferma. In condizioni di
maggiore umidità, l'acqua nei condotti del reattore potrebbe aumentare il
numero di eventi di fissione, innalzando la temperatura e richiedendo un
controllo preciso per evitare la criticità. Le alte temperature indicate
per l'aria in uscita del Burevestnik richiedono che la maggior parte degli
elementi strutturali siano in ceramica, e quindi fragili e soggetti a fratture
rapide e imprevedibili. L'enorme gradiente termico (e quindi lo stress)
all'interno del reattore, nonché il carico dinamico causato dal vento, dalle
manovre e dalla turbolenza, producono un forte degrado dei materiali, che
potrebbe portare a situazioni critiche per il missile.
In un sistema a
circuito aperto, l'aria che fluisce attraverso il nocciolo del reattore raccoglierà
i prodotti di fissione radioattivi gassosi prima di essere espulsa come
scarico. La principale preoccupazione radiologica deriva dal degrado dei
materiali del reattore a causa del calore, della pressione e delle intense
radiazioni durante il funzionamento. Man mano che questi materiali radioattivi si
degradano, possono scheggiarsi e uscire attraverso lo scarico.
Il
Burevestnik potrebbe dover gestire autonomamente tutti questi problemi. In volo
contro un bersaglio, non invierà telemetria a un operatore remoto che possa
impartire comandi, dato che il suo vantaggio critico è proprio la furtività. Una volta
localizzato dalle forze avversarie, la limitata velocità e il profilo di volo a
bassa quota lo renderebbero un facile bersaglio un per la caccia nemica. Ciò comporta che
tutti i sistemi di controllo del reattore devono essere autonomi per una parte,
se non per tutta la durata del volo e devono funzionare perfettamente pur in
condizioni di intensa radiazione.
L’integrazione di uno statoreattore nucleare a ciclo aperto all’interno
di un missile da crociera, unitamente all’implementazione di sistemi di
controllo caratterizzati da elevata affidabilità e di sottosistemi ausiliari
idonei a garantire la sostenibilità operativa per missioni della durata di più
giorni, configura una problematica ingegneristica di straordinaria complessità.
Alla luce di tali criticità, una parte consistente della comunità scientifica
considera la piena concretizzazione di un simile programma tecnologico, allo
stato attuale, un obiettivo di fattibilità ancora remota.
Il
programma appare orientato principalmente a un’attività di 'signalling' nei
confronti degli Stati Uniti, sottolineando come gli elementi centrali della
postura russa siano la sorpresa strategica e la capacità di eludere i sistemi
di allerta precoce, vanificando anche la vantata impenetrabilità della Golden
Dome. Parallelamente, esso sembra volto a riaffermare sul piano internazionale
l’immagine della Russia quale potenza tecnologica in grado di sviluppare e
dispiegare capacità non replicabili da altri attori. Abbiamo quindi un
ulteriore confronto delle due superpotenze giocato sullo sviluppo di tecnologie
estreme, nessuna delle quali in grado di migliorare la sicurezza umana globale delle
relative popolazioni, ma che aggravano la durezza dello scontro e il rischio di
escalation militare.