PENSIERO E APPROCCIO STRATEGICO
di
Luca Soressi Serena
Sono
trascorsi più di quarant’anni da quando Marco Vitale e Vittorio Coda avviarono,
alla fine degli anni ’80, quello straordinario laboratorio di pensiero
imprenditoriale che fu il loro corso sperimentale intitolato “Valori
imprenditoriali e comportamento strategico”, tenuto presso l’Università Bocconi
all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso e così commentato da Marco Vitale[1]:
“In quegli anni, nel campo
delle strategie aziendali, i testi dominanti, di origine americana, erano
ponderosi volumi che impostavano la strategia aziendale come una serie di
teoremi, illustrati da tanti grafici, che cercavano di insegnare certezze,
inquadrate in un mondo stabile, immutabile e governabile. La astratta ed
ingenua concezione dell’impresa sottostante a questo approccio era quella di un
luogo di perfetta razionalità, dove persone eccellenti e bene addestrate
prendono decisioni razionali e perfette.
Chi si comportava secondo le metodologie illustrate nei manuali non
poteva sbagliare. Eppure, c’era già stata la grande inflazione e recessione
degli anni ’70; la crisi petrolifera con l’esplosione del prezzo del petrolio;
una conclamata crisi americana sia economica che politica (pensiamo agli anni
della presidenza Carter); l’esplosione industriale del Giappone che tanta ansia
generò negli USA; il fiorire delle nuove tecnologie che rimettevano
continuamente in discussione i vecchi equilibri. E, da noi, c’erano stati i
durissimi anni ’70, con l’incrocio tra il terrorismo nelle strade, l’esasperazione
sindacale con l’inagibilità delle grandi fabbriche, le severe ristrutturazioni
aziendali; le grandi crisi, quasi mortali, di Olivetti, Fiat e altre grandi
imprese; la marcia dei quarantamila a Torino. E sin dagli anni ’70 Peter F.
Drucker aveva avvertito che eravamo entrati in “The Age of Discontinuity”.
E nel 1989 aveva ripreso e sviluppato il tema nel suo libro, a mio giudizio,
più importante: “The New Realities: in Government and Politics, in
Economy and Business, in Society and in World View.
Come osare “vendere”
certezze in un mondo oggetto di così profonde incertezze, discontinuità e
trasformazioni? Nella lezione conclusiva dell’anno accademico 1984-85 ricordavo
che Juanita Kreps, segretaria al commercio del governo USA, lasciando la sua
carica nel 1979, aveva affermato che non se la sentiva di tornare al suo vecchi
lavoro di docente di economia alla Duke University perché francamente “non
saprei cosa insegnare”. Come reagire da un lato all’illusione
meccanicistica e dall’altro a questo sempre più diffuso scoramento? Noi cercammo di rispondere suscitando negli
allievi una rinnovata capacità di pensiero, che li aiutasse a non temere
l’incertezza ma a cercare le vie per trarre da essa prospettive positive, e, ad
addestrarsi all’apprendimento innovativo, ricordando l’insegnamento di Socrate:
“La verità si trova nell’incertezza”.
Sono trascorsi - si diceva -
quarant’anni ma oggi i due grandi maestri della scuola italiana di economia
aziendale tornano, insieme, sul tema della strategia, con la curatela
congiunta, che si completa di ricchi contributi propri, di un volume a più voci
dal titolo: Pensiero e approccio strategico. Patrimonio comune
dell’impresa. Certamente non si tratta di un “ponderoso volume di strategie
aziendali”, ma di uno stimolo prezioso a riscoprire il pensiero e l’approccio
strategico come anima profonda dell’attività imprenditoriale, e non solo.

Marco Vitale e Vittorio Coda
Il senso profondo dello sforzo di Vitale e Coda è, infatti, quello di
stimolare il ritorno al pensiero strategico nelle persone e nelle
organizzazioni, attraverso la riscoperta delle intime relazioni tra strategia,
organizzazione e psicologia e la riaffermazione degli scopi e valori
fondamentali dell’imprenditorialità, per riportare in ciascuna di esse un nuovo
coraggio imprenditoriale, una più forte ed entusiasta coesione e una più forte
e orgogliosa consapevolezza del proprio ruolo civile, basato su una solida
concezione dell’impresa e dei suoi fini e su un approccio problematico e
culturalmente ampio che è l’unico adatto a penetrarne l’intima complessità. Ecco
perché, non si tratta di un nuovo manuale di strategie aziendali destinato a
super esperti, ma piuttosto di una riflessione ampia che, pur senza rinunciare
a contributi di altissimo livello nel campo dell’impresa, trascende il mondo
dell’azienda e del management, mette in luce le intime connessioni tra
strategia, psicologia, cultura del fare e del pensare, ed evidenzia come le
buone pratiche che sappiano fondere questi elementi valgano per ogni tipo di
organizzazione pubblica e privata. Tutte le organizzazioni vi possono, infatti,
trovare la via per risintonizzarsi con le proprie finalità più profonde e per
farle diventare “patrimonio comune”, proprio e di qualsiasi tipo di società e
cultura del fare e del pensare. In questo modo il volume diventa una sorta di
guida per orientarsi a ripensare, strategicamente, le nostre imprese e - più in
generale - i nostri tempi, per
“abbandonare una concezione economica fine a se stessa che si è cacciata in un
vicolo cieco e senza speranza, per ricostruire un nuovo modello di sviluppo
economico, sociale e culturale, riprendendo e aggiornando tanti esempi,
stimoli, insegnamenti dei quali la nostra storia è così ricca”[2],
risalendo, in una sintesi di teoria e pratica, pensiero e azione, ai tempi
passati, per scrutare e indirizzare quelli futuri (che poi è in sé l’essenza
vera della strategia). Che questo nuovo contributo veda la luce in un momento
storico che ha aumentato il suo livello di incertezza e che richiede con maggior
violenza uno sforzo di pensiero costruttivo, sembra sotto gli occhi di tutti:
nei quarant’anni che ci separano da quel corso in Bocconi, infatti, il contesto economico e
civile, lo scenario geopolitico internazionale, la crisi ambientale e le sfide
tecnologiche e sociali si sono molto complicati.
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Marco Vitale e Vittorio Coda |
Mentre il mondo corre al riarmo, i destini di intere nazioni, che già
soffrono l’incredibile tragedia della guerra, dipendono dalle decisioni di
leader che non mostrano alcun rispetto umano né coerenza etica e intellettuale
e mentre il ritorno a nazionalismi e allo spirito bellico si fa concreto e
visibile, esso si aggiunge alle altre grandi sfide che sono globali e si
scontrano con questa sempre più tragica frantumazione del mondo. Tutto questo,
anche se appare così grave e lontano da un piccolo laboratorio di pensiero
condensato in un libro di 320 pagine, rende la riflessione che il volume
contiene più importante che mai. Tale è la conclusione a cui giunge chiunque
identifichi il pensiero critico, strategico e anticipatorio come la sola via
che l’umanità ha di fronte per reagire all’incertezza dominante, fronteggiare
sfide immani e provare a disegnare scenari diversi, condividendo la convinzione
ben espressa da Piero Gobetti in quelle che furono le ultime parole dedicate ai
giovani, in un messaggio a loro destinato ma solo abbozzato poco prima di
morire il 26 ottobre 1926 in cui scriveva: “È necessario tenere lontane le
tenebre del nuovo medioevo, continuare a lavorare come se fossimo in un mondo
civile”.
Il volume prende le mosse dall’esperienza di un omonimo corso
di alta formazione organizzato, su impulso di Marco Vitale e con il suo diretto
coinvolgimento, dalla Società di consulenza strategica Vitale-Zane &Co. per
imprenditori e capi-azienda, ma Federico Butera (grande e compianto esperto di
organizzazione, scomparso a febbraio 2025, dopo aver consegnato come suo
contributo al volume quello che molto probabilmente è il suo ultimo scritto
scientifico) parlerebbe, in proposito, di “cantiere”. Il libro che è nato da
quello sforzo comune è oggi a disposizione del lettore con l’obiettivo di
perpetuare e ampliare il lavoro problematico e costruttivo di quel cantere. Questo
ha coinvolto, in qualità di docenti, importanti operatori del mondo
imprenditoriale ed economico e alcuni dei massimi esperti di impresa e
strategia, provenienti da nove diverse Università, e, come partecipanti,
importanti imprenditori, professionisti e intellettuali, tra i quali (valga
questa sola nota per dirne la grandezza).
Gianfranco Dioguardi, uno dei massimi esponenti della cultura aziendale e
organizzativa italiana, che ha fatto dono agli autori di una preziosa
post-fazione al volume, ad esito del corso e del libro che ne è scaturito. Queste
diverse autorevoli voci sono rappresentate nel libro che non risulta, però, in
una collettanea di interventi, ma si propone come un testo unico scritto a più
mani, costruito su di un solido progetto unitario, che si propone diabbracciare
la complessità delle dimensioni contenute nell’orizzonte delineato dai concetti
di strategia e pensiero strategico. Il cuore del discorso è la concezione di
economia e di impresa, come strumenti per sviluppare e far evolvere la società.
L’impresa vi viene riscoperta, sulla scorta di una lunga tradizione
eminentemente italiana e che risale alle antichissime origini del pensiero
strategico, come straordinario strumento strategico e operativo per lo sviluppo
collettivo, che il mercante raguseo Benedetto Cotrugli, nel 1458, già definiva
“arte overo disciplina intra persone legiptime, iustamente ordinata in cose
mercantili, per la conservatione de la humana generatione, con isperanza niente
di meno di guadagno”, fornendo la più bella definizione di impresa che sia ad
oggi mai stata scritta, e sintetizzando lo spirito dell’”impresa toscana,
lombarda, genovese, veneziana, quando l’imprenditoria italiana era ai vertici
mondiali e insieme creava modelli di città, di benessere serio, di convivenza
civile”[3],
che è sopravvissuto nella scuola italiana di economia aziendale e in tante
storie d’impresa virtuose, come quelle recuperate nel libro e ivi definite
storie di “imprese possibili”. È questa concezione che alimenta anche il grande
valore che il testo può avere per qualsiasi organizzazione e cultura del fare e
quindi anche per rifondare il nostro modello di civiltà sulla centralità
dell’uomo e sul suo rispetto, e quindi su un pensiero strategico che prenda le
mosse da questa visione del mondo per orientare vari livelli di pensiero e
azione a questo scopo profondo. Per alimentare, nei nostri tempi, un pensiero
strategico “come se fossimo” (ma anche per ritornare ad essere) in un mondo
civile.

La copertina del libro
Note
1. In V. Coda, M. Minoja, A.
Tessitore, M. Vitale, Valori d’impresa in azione, Egea, 2012, Milano
2. M. Vitale, L’impresa
responsabile. Nelle antiche radici il suo futuro, prefazione di Gianfranco
Dioguardi, postfazione di Stefano Zamagni e Carlo Orlandini, Edizioni Studio
Domenicano, Bologna, 2014; ripresa in “Pensiero e approccio strategico” a cura
di M. Vitale e V. Coda, Guerini Next, Milano, 2025
3. Ibdem
