ELEZIONE DIRETTA DEL SEGRETARIO PD:
FLESSIONE NEI VOTANTI, RENZI PERDE 600.000
VOTI
di Franco Astengo
Emiliano con Renzi |
Sono
stati appena comunicati i dati ufficiali riguardante l’elezione diretta del
segretario PD (denominazione corretta per il tipo di elezione svolta in luogo
di quella di inesistenti “primarie”). E’ il caso allora di
svolgere alcune prime valutazioni sulla base dei numeri assoluti, in attesa di
conoscere i dati suddivisi per aree geografiche e quindi di analizzare
scostamenti importanti rispetto alle diverse zone d’influenza di un partito che
molto di recente ha subito una scissione da parte di “storici” dirigenti della
sinistra italiana. Il PD ha scelto questo tipo di elezione diretta allargata
all’intera platea elettorale (anzi oltre la platea elettorale della Camera dei
Deputati) per la quarta volta, nel 2007 parteciparono al voto 3.554.169
elettrici ed elettori (fu eletto Veltroni con 2.694.721 voti) poi nel 2009 i votanti furono 3.102.709 (Bersani eletto con 1.623.239 voti).
Analizziamo allora nel dettaglio le ultime due occasioni, quella del 2013 e
quella svoltasi ieri, 30 Aprile, nelle quali è stato eletto segretario Matteo
Renzi.
Nel 2013 i votanti furono
2.814.881 voti ( meno 739.288 rispetto al 2007, una cifra assoluta di calo
nella partecipazione inferiore però a quella fatta registrare tra il 2013 e il
2017): infatti il 30 Aprile hanno partecipato al voto 1.848.658 elettrici ed
elettori con una flessione di 966.223 unità (in sostanza sono stati perduti
quasi il 35% di partecipanti al voto).
La candidatura vincente di
Matteo Renzi è passata da 1.895.332 suffragi a 1.283.389: un calo di 611.943
voti ( il 32% di quanto realizzato nel 2013). Gli altri due candidati nel 2013
(Cuperlo e Civati) assommarono in quell’occasione 910.443 voti; nel 2017 i due
candidati sconfitti (Orlando e Emiliano) hanno conseguito complessivamente
549.745 voti ( un calo di 360.390 voti, pari al 39,5% sul totale precedente).
Si può quindi affermare che il calo nella partecipazione al voto ha penalizzato
maggiormente i candidati sconfitti e non Renzi. Nel dettaglio il confronto
Cuperlo -Orlando è stato da 510.970 a 357.526 e quello Civati-Emiliano da
399.743 a 192.219. Una sommaria valutazione politica può essere riassunta in
due dati: 1) è evidente uno spostamento al centro dell’elettorato democratico;
2) possono accentuarsi, pur nel quadro complessivo di un evidente arretramento
complessivo, la caratteristica di partito personale essendosi fortemente
caratterizzati i caratteri plebiscitari della consultazione.
Da rilevare, infine, il
valore di questa consultazione sul totale degli aventi diritto al voto sul
territorio nazionale. Si tratta di un dato da non sottovalutare perché la
rappresentatività complessiva del segretario del PD derivante dall’essere stato
eletto direttamente fu rivendicata come una delle ragioni della sua ascesa alla
presidenza del Consiglio.
Di conseguenza: nel 2013
risultavano iscritti in Italia nelle liste elettorali 46.905.154 elettrici ed
elettori; i 2.814.881 votanti valevano dunque il 6,00%; l’eletto Renzi con
1.895.332 voti di conseguenza il 4,04%. 4,04% sulla base del quale fu reclamato
il diritto alla presidenza del Consiglio senza passare da alcun riscontro
elettorale e fabbricando la maggioranza attraverso una scissione del campo
avverso di centro destra. Nel 2017 risultano
iscritti, in Italia, nelle liste elettorali 46.720.943 elettrici ed elettori
(dato al referendum del 4 Dicembre 2013). Il totale dei partecipanti
all’elezione diretta del segretario del PD (1.848.658) valgono quindi una frazione
pari al 3,95 dell’intero corpo elettorale (-2,01 rispetto al 2013) e il
rieletto Renzi (1.283.389 voti) il 2,74% (-1,30%).
In sostanza ha sicuramente
basi ragionevoli l’idea di un PD partito – personale (con tutti i rischi
annessi e connessi per l’intero sistema), mentre assolutamente fuori dalla
realtà da punto di vista della consistenza del consenso nel sistema l’ipotesi
di un ulteriore trasferimento diretto dalla segreteria del PD alla Presidenza
del Consiglio che questa volta non potrà
non avvenire se non attraverso un regolare turno elettorale al contrario di
quanto accadde, ai limiti della Costituzione (come era già avvenuto con il
governo Monti nel 2011) nel 2014. In ballo, dopo questo tourbillon, la legge
elettorale ricordando entrambe le sentenze della Corte Costituzionale: quella
del 2014 che smantellò completamente la legge del 2005 e quella di pochi mesi
fa che destrutturò il mai entrato in funzione Italikum.