Il
Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini
della
Fondazione Cineteca di Bologna
di Roberto
Chiesi
Roberto Chiesi |
L'archivio
fondato da Laura Betti
Negli
anni '70 nessuno probabilmente avrebbe accostato il concetto di “archivio” - e
il lavoro pazientemente capillare e scientifico di conservazione e ricerca che
questo implica – al nome di Laura Betti, cantante e attrice che era diventata
un volto e una voce celebre negli anni della Dolce Vita romana (aveva perfino
interpretato La dolce vita di Fellini), ma soprattutto era un
personaggio a sé stante, inclassificabile.
Un
volto dai lineamenti angelici, incorniciato da una sottile chioma dorata, una
donna di grande e vulcanica intelligenza, dotata di un'indole aggressiva e
spregiudicata, di un estro tagliente e di una volitività dirompente, di un
senso dell'umorismo beffardo e spesso crudele, di una volontà battagliera e
iconoclasta. Si era affermata creando un personaggio su misura di “giaguara”
che interpretava canzoni scritte da autori letterari quali Moravia, Soldati, Arbasino,
Fortini, Bassani, Flaiano e altri, fra cui Pasolini, con cui avrebbe stretto un
legame profondo e tumultuoso, condividendone non soltanto la realizzazione dei
film (ne interpretò cinque, da La ricotta, 1963, a I racconti di
Canterbury, 1972, vincendo la Coppa Volpi a Venezia per il ruolo di Teorema
(1968) e ne doppiò due, Porcile, 1969, e Salò o le 120 giornate di
Sodoma, 1975) e l'unica regia teatrale (Orgia, Teatro Stabile di
Torino, 1968) ma anche le disavventure giudiziarie e le battaglie contro la
censura del tempo.
Pasolini
la vedeva come una “contestatrice” ante litteram e probabilmente come una
imprevedibile “macchina da guerra”, ne apprezzava l'originalità e ne stroncava
le intemperanze. Dopo il suo assassinio, avvenuto nella notte fra il 1 e il 2
novembre 1975, quella parte della società italiana che aveva combattuto con
tutti i mezzi Pasolini quando era in vita, tentò di seppellirlo definitivamente
quale perverso e pervertito colpevole del suo stesso omicidio. La televisione
di stato fu uno degli strumenti di questa operazione (i telegiornali dell'epoca
accreditarono la versione del presunto omicida, poi rivelatasi menzognera anche
soltanto ad una indagine superficiale).
Come
altri amici dello scrittore assassinato, anche Laura Betti non volle
rassegnarsi a questa damnatio della figura e dell'opera di Pasolini e
decise di raccogliere documenti giornalistici e di altro genere da cui si
evinceva la lunga persecuzione subìta dal poeta-regista in parallelo con la sua
fama.
Questa
raccolta così drammaticamente improvvisata, che aveva inizialmente solo il fine
pratico di documentare il drammatico rapporto di Pasolini con una parte della
stampa e delle istituzioni, divenne il primo nucleo di un archivio, destinato
ad arricchirsi quando la Betti, con il concorso di amici scrittori e
intellettuali (fra i quali Moravia), decise di pubblicare un volume di denuncia
sulla lunga storia di processi e denunce che avevano segnato la tormentata
fortuna letteraria e cinematografica dello scrittore-regista: Pasolini:
cronaca giudiziaria, persecuzione, morte (Garzanti, Milano 1977).
Intanto,
la prima sentenza relativa al delitto – che il 26 aprile 1976 aveva stabilito
che era stato commesso dal reo confesso “in concorso con ignoti” (senza che gli
organi inquirenti si dedicassero all'individuazione degli “ignoti”) - venne
smentita dalla sentenza definitiva della Cassazione del 26 aprile 1979, che
annullava l'aspetto più inquietante dell'assassinio (appunto la partecipazione
di più complici).
Quella
sentenza fu vissuta da Laura Betti come un'ingiustizia, una rimozione dei tanti
aspetti oscuri ed equivoci che l'omicidio di Pasolini celava (e continua a
purtroppo a nascondere tuttora). A questo si aggiunse anche una discreta
cortina di silenzio discesa sulla sua opera sul finire degli anni '70. Fu
probabilmente proprio in reazione a questa situazione e anche per la volontà di
non rassegnarsi passivamente non solo alla perdita brutale di Pasolini, ma
anche all'oblio cui sembrava destinato, che all'inizio degli anni '80, la Betti
costituì ufficialmente l'Associazione Fondo Pier Paolo Pasolini a Roma.
L'intento
era quello di costituire un archivio dove si riunisse, in tutte le sue
complesse dimensioni, l'opera multiforme di un artista che aveva sperimentato
quasi ogni genere espressivo (poesia, narrativa, saggistica, cinema, teatro) e
che all'epoca era ancora dispersa in sedi e pubblicazioni disparate.
Non
era (e non è), quindi, l'archivio personale dello scrittore ma uno sterminato corpus
postumo che comprende una vasta biblioteca, una ricca collezione iconografica e
un'ampia sezione audiovisiva. La biblioteca raccoglie migliaia di articoli
giornalistici e saggi critici, della stampa italiana e internazionale, riuniti
in ordine cronologico, dove, nelle raccolte relative ai primi decenni, si offre
un riscontro concreto e puntuale delle reazioni che suscitavano gli scritti di
Pasolini (anch'essi ovviamente conservati nell'emeroteca), giorno per giorno,
secondo le diverse testate giornalistiche. Questa raccolta, che non corrisponde
a criteri scientifici, ha però il merito di riflettere l'attenzione che lo
scrittore riservava alla vita culturale, politica e sociale in Italia, che,
com'è documentato, seguiva quotidianamente anche sui giornali.
La
biblioteca del Centro Studi Pasolini comprende naturalmente le diverse edizioni
dei volumi pasoliniani e una vasta raccolta di monografie e di testi
miscellanei che riguardano la sua opera, nonché la collezione integrale delle
riviste friulane, bolognesi e romane che diresse o dove collaborò e centinaia
di tesi di laurea italiane e straniere a lui dedicate. Nella biblioteca sono
inoltre conservate alcune sceneggiature originali edite e inedite, testi
dattiloscritti con annotazioni autografe: questa sezione, senz'altro la più
preziosa dell'archivio, deriva in parte da una donazione della segretaria di
edizione di Pasolini, Beatrice Banfi, che lavorò con il regista dal 1969 al
1975.
Significativa
è la sezione iconografica, che raccoglie migliaia di stampe fotografiche, di
negativi e contatti, che documentano la vita privata e pubblica, le
partecipazioni a manifestazioni letterarie e cinematografiche, le fotografie di
scena e di set di tutti i film di Pasolini.
La
sua attività culturale è inoltre documentata anche dalle registrazioni audio di
numerose conferenze e tavole rotonde cui partecipò, mentre nella sezione degli
audiovisivi sono conservati i filmati di interviste e interventi televisivi,
oltre, naturalmente, alle edizioni video e dvd di tutti i suoi film e della
maggior parte di quelli cui collaborò come sceneggiatore.
Centro Studi Pasolini (foto: Peter Zullo) |
Le
retrospettive internazionali e l’attività editoriale
Ma
Laura Betti non concepì questo archivio esclusivamente come una grande raccolta
di testi e documenti ma anche come un centro culturale organizzatore di
retrospettive cinematografiche in Italia e all'estero, di pubblicazioni,
convegni e seminari internazionali.
Le
tappe salienti dell'affermazione del “Fondo Pasolini” furono la grande
manifestazione parigina del 1984 “Avec les armes de la poésie”, organizzata con
il Ministero della cultura francese, e il restauro e la ristampa di tutti i
film intrapreso nel 1988 e culminato nella retrospettiva integrale alla Mostra
del cinema di Venezia quello stesso anno.
Alla
fine del 2003, Laura Betti decise di donare l’intero archivio al Comune di
Bologna e costituì il Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna,
che venne collocato all'interno della Cineteca di Bologna, una delle più
prestigiose istituzioni culturali italiane, e precisamente nella sede degli
archivi non filmici, presso la grande biblioteca internazionale “Renzo Renzi”.
Dopo
la morte di Laura Betti, avvenuta nell'estate del 2004, il Centro Studi -
Archivio Pasolini ha proseguito le attività dedicate al poeta in Italia e
all'estero, in diversi ambiti, avvalendosi della fondamentale collaborazione
della cugina ed erede di Pasolini, la studiosa Graziella Chiarcossi. Ogni anno
organizza i "Premi Pasolini", assegnati alle migliori tesi di laurea
e dottorato dedicate all'opera del poeta-regista. All'estero cura annualmente
retrospettive e convegni. In particolare ha organizzato, in collaborazione con
Istituti Italiani di cultura e altre istituzioni locali, manifestazioni a
Monaco, Helsinki, Cracovia, Lisbona, Zurigo, Istanbul, Seoul, Norimberga, Oslo,
New York, Karlsruhe, Ankara, Amburgo, Barcellona, Londra, Parigi, Berlino, Rio
de Janeiro, Brasilia, San Paolo, Tel Aviv e in altre città.
Nel
2014, grazie all'iniziativa dell'Associazione Amici dell'Osservatorio della Pro
Civitate Christiana di Assisi, ha organizzato un convegno sul Vangelo
secondo Matteo proprio presso la Cittadella assisana dove Pasolini concepì
il film. Fra il 2015 e il 2016, il Centro Studi Pasolini ha curato un ciclo di
conferenze che ha visto la partecipazione di scrittori e studiosi quali Dacia
Maraini, René de Ceccatty, René Schérer, Hervé Joubert-Laurencin, Peter
Kammerer, Giorgio Passerone, Marco Antonio Bazzocchi, Valerio Magrelli, Gian
Piero Brunetta, Guido Santato e altri.
Il
Centro Studi - Archivio Pasolini di Bologna - che collabora dalla sua
fondazione alla rivista scientifica “Studi pasoliniani” - conduce inoltre
un'intensa attività editoriale, come dimostrano la monografia Laura Betti,
Illuminata di nero ("Cineteca Speciale", 2005), i volumi
pubblicati in collaborazione con il Museo del Cinema di Torino (Pasolini: un
cinema di poesia, 2006), con FMR-Franco Maria Ricci di Bologna (Pasolini,
Callas e "Medea", 2007), con City Lights (San Francisco) -
Titivillus (Perugia) (Pasolini - Poet of Ashes, 2007), con Carlotta
Films (Carnet de notes pour une Orestie africaine, 2009), con Criterion
Collection (Trilogy of Life, 2011) e le pubblicazioni curate per la
Cineteca di Bologna: La rabbia di Pasolini (2009) - pubblicato anche in
Francia dalle Éditions Nous - Appunti per un'Orestiade africana (2009,
dvd dell'edizione restaurata e volume monografico), L'Oriente di Pasolini. Il
fiore delle Mille e una notte nelle fotografie di Roberto Villa (2011), Pier
Paolo Pasolini My Cinema (2012), traduzione in inglese di alcuni testi
cinematografici dello scrittore-regista pubblicata per accompagnare la
ridiffusione internazionale della sua opera filmica, in collaborazione con
Cinecittà Luce, avvenuta a partire dal 2012 a New York e in altre città
statunitensi. Nel 2015 è stata poi pubblicata l'edizione originale, arricchita
di numerosi testi, fra cui anche alcuni inediti ed è stato edito un cofanetto
dvd con l'edizione integrale di Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975),
l'ultimo film di Pasolini, accompagnato da numerosi documenti audiovisivi. Nel
2015, inoltre, è stata avviata, in collaborazione con Cinemazero di Pordenone,
una collana di monografie dedicate ai film del poeta-regista che è iniziata con
un volume dedicato al suo primo film, Accattone (1961), cui farà seguito
nel 2017 il libro su Mamma Roma (1962).
Sede del Centro Sudi Archivio Pasolini presso la Cineteca di Bologna |
I
documentari e le mostre espositive
Il
Centro Pasolini ha inoltre realizzato vari documentari audiovisivi sulla genesi
di alcuni film dello scrittore-regista: Il corpo perduto di Alibech
(2005), su un episodio perduto de Il Decameron (1971); L'umiliazione
segreta di Chaucer (2006), su I racconti di Canterbury (1972); Visioni
'barbare' di “Medea” (2007), sul film del 1969 tratto da Euripide; Pasolini
e Sana'a (2009), L'assassinio di Pasolini secondo la televisione
(2009), Il laboratorio dell'Inferno di “Salò” (2013), sul film uscito
postumo nel 1975.
Ha
anche curato alcune mostre espositive: Una strategia del linciaggio e delle
mistificazioni. L'immagine di Pasolini nelle deformazioni mediatiche
(2005), basata su documenti giornalistici del 1949-2000 e su tavole di
Gianluigi Toccafondo (2005), L'Oriente di Pasolini. Il fiore delle Mille
e una notte nelle fotografie di Roberto Villa (2011), sulle immagini che
il fotografo genovese Roberto Villa realizzò in Arabia sul set; P.P.P. Un
omaggio a Pier Paolo Pasolini (2011), mostra tenutasi a Roma con la
collaborazione del grande scenografo Dante Ferretti e Officina Pasolini
(2015), tenutasi al MAMbo, Museo d'arte moderna di Bologna, articolata in un
vertiginoso percorso attraverso documenti cartacei - manoscritti,
dattiloscritti, disegni – filmici e audio, costumi (di Danilo Donati) e
fotografie, che rimandano ai connotati estetici e tematici del mondo
pasoliniano.