Cinquantadue: ovvero, sulla legittima difesa civile
di Mao Volpiana
C'è
un aspetto positivo, forse l'unico, nel dibattito sulla legittima difesa (al di
là della pessima legge approvata alla Camera, che spero possa essere vanificata
dal Senato nella sua funzione di controllo): se ne discute pubblicamente e si
cerca una soluzione legislativa. In qualche modo, seppur maldestramente, si
riconosce che l'uso della forza debba essere normato dallo Stato e non possa
essere lasciato al libero arbitrio del singolo.
Tralascio in questo
articolo tutti i dati e le evidenze che dimostrano senza ombra di dubbio che il
dibattito sulla legittima difesa (il ladro che entra in casa di notte per
rubare e ammazzare) ha poca attinenza con la realtà dei fatti (furti e omicidi
in diminuzione, esiguità degli episodi di cronaca rispetto, ad esempio, al
femminicidio o alla diffusione delle violenze sui minori, ecc.), ed è una
forzatura tutta politica ed ideologica. Tuttavia, il tema “difesa”, personale e
collettiva, è importante e va affrontato seriamente.
La “difesa” è un punto
decisivo nella pratica della nonviolenza attiva. Difesa della vita, difesa dei
diritti, difesa della libertà, difesa dei più deboli, difesa dell'ambiente. La
nonviolenza, dunque, non è affatto in antitesi con la difesa. Anzi, la storia
della nonviolenza moderna è storia di movimenti di difesa. Gandhi difendeva
l'indipendenza del suo paese; Martin Luther King difendeva i diritti dei neri
d'America; Nelson Mandela difendeva la libertà del suo popolo; oggi tanti movimenti
nonviolenti nel mondo agiscono in difesa della pace e per salvare la vita a chi
fugge dalle guerre.
E' lecito chiedersi cosa
sia giusto difendere, e con quali mezzi. L'oggetto da difendere deve
rappresentare un valore compatibile con gli strumenti utilizzati dal soggetto
difensivo. Nelle regole della nonviolenza è fondamentale la correlazione tra il
metodo scelto e la difesa del bene da tutelare. La difesa personale e
collettiva è al centro della Campagna nonviolenta “Un'altra difesa è possibile”
con la proposta legislativa per il riconoscimento della “Difesa civile non
armata e nonviolenta” che si propone di introdurre nelle nostre istituzioni uno
strumento di difesa che agisca mettendo in campo capacità di prevenzione, di
mediazione e di risoluzione dei conflitti.
Il riconoscimento della
difesa civile non armata e nonviolenta è già stato fatto proprio dal nostro
ordinamento (due sentenze della Corte costituzionale, la n. 164/1985 e
470/1989, la legge del 230 del 1998 di riforma dell’obiezione di coscienza e la
legge 64 del 2001 istitutiva del servizio civile nazionale); con il progetto di
legge n. 3484, già incardinata nei lavori della Commissione Difesa della Camera
dei deputati, la politica avrà uno strumento in più a disposizione. Il
Dipartimento della difesa civile non armata e nonviolenta coordinerà le
politiche di difesa alternativa e comprenderà il Servizio civile, la Protezione
civile, i Corpi civili di pace e l'Istituto di ricerche sulla Pace e il
Disarmo.
C'è una curiosa
coincidenza, un casualità numerica, che potrebbe assumere un significato
ideale.
L'articolo della
Costituzione riferito alla difesa della Patria è il 52: “La difesa della Patria è sacro dovere
del cittadino”. Anche l'articolo del Codice penale dedicato alla legittima
difesa è il 52: “non è punibile chi ha
commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un
diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta,
sempre che la difesa sia proporzionata
all'offesa”.
L'articolo numero 52,
costituzionale e penale, lega la Difesa della patria e la difesa di un diritto
soggettivo, richiamando la responsabilità del cittadino nella scelta del mezzo.
Come amici della
nonviolenza non solo non ci sottraiamo al dovere di rispettare entrambi gli
articoli 52, ma diciamo che è il metodo nonviolento il solo in grado di poterli
attuare alla luce di quel comandamento laico e religioso che tutti riconoscono
come fondamento del vivere civile: tu non uccidere. Vale a dire: l'uso delle
armi resta prerogativa della sovranità dello Stato, ma il cittadino ha il
diritto/dovere di ricorrere alla forza per attuare forme di difesa. E noi
sappiamo ben distinguere tra uso della violenza (armata) e uso della forza
(civile). La nonviolenza è una forma originale ed efficace di forza.
Qualche precedente
illustre ci aiuta a capire meglio.
Già 800 anni fa, il santo
della nonviolenza, Francesco d'Assisi, si pose il problema della legittima
difesa della proprietà privata, intuendo perfettamente cause e soluzioni del
problema, e dando ai propri seguaci la Regola di non portare mai armi.
Rispose il Santo: “Messere, se avessimo dei beni, dovremmo
disporre anche di armi per difenderci. E’ dalla ricchezza che provengono
questioni e liti, e così viene impedito in molte maniere tanto l’amore di Dio
quanto l’amore del prossimo. Per questo non vogliamo possedere alcun bene
materiale a questo mondo” (Fonti francescane – La Leggenda dei Tre
Compagni).
Una soluzione radicale,
certo, ma che può valere come indicazione di metodo: non accumulare e non
ostentare ricchezze, serve anche ad evitare di doversi armare per difenderle.
Ma la stesso ragionamento
può valere nel campo della guerra. Scrisse don Lorenzo Milani nella famosa
lettera L'obbedienza non è più una virtù:
“E' noto che l'unica difesa possibile in
una guerra atomica sarà di sparare circa 20 minuti prima dell'aggressore. Ma in
lingua italiana lo sparare prima si chiama aggressione e non difesa. Oppure
immaginiamo uno stato onestissimo che per sua difesa spari 20 minuti dopo (cioè
che sparino i suoi sommergibili unici superstiti d'un paese ormai cancellato
dalla geografia). Ma in lingua italiana questo si chiama vendetta e non difesa”.
Chi usa le armi per primo,
aggredisce; chi usa le armi dopo, si vendica. E' rarissimo il caso di chi sa
sparare solo per difendersi e disarmare l'avversario: riesce a farlo chi è
professionalmente addestrato, militare o poliziotto, non certo un cittadino
inerme aggredito.
Noi cittadini facciamo
meglio a prepararci alla prevenzione. Lo stato ci aiuti predisponendo forme di
controllo efficace del territorio, mettendo le forze dell'ordine e della
giustizia in grado di agire efficacemente per garantire sicurezza. La pessima
legge approvata dalla Camera va cestinata.
L'alternativa c'è e si
chiama “legittima difesa civile”, che nasce dal combinato disposto degli
articoli 52 già in vigore. La
numerologia della difesa, da giocare al Lotto!