di Franco Astengo
Matteo Salvini |
Le osservazioni che
seguiranno sono dedicate a commentare due fatti molto gravi accaduti ieri e che
hanno rimarcato ancora una volta la consistenza etica e culturale di alcuni
componenti di questo governo. Il
primo di questi fatti riguarda il Procuratore della Repubblica di Torino e il
Ministro dell’Interno: il magistrato, facendo rilevare come un inopportuno
tweet del Ministro avesse inficiato una delicata operazione di polizia anti-mafia (mafia nigeriana, nella fattispecie) si è sentito replicare con un “Vai
in pensione”. Il secondo episodio concerne l’inopinata sostituzione (anticipata
rispetto alla scadenza naturale) dei membri “non di diritto”del Consiglio
Superiore di Sanità (tra i quali si trovavano eminenti scienziati): operazione
analoga era già stata compiuta, qualche giorno avanti, con i componenti
dell’Agenzia del Farmaco. La signora ministra della Sanità ha giustificato
l’operazione sostenendo come la sua intenzione fosse quella di “aprire a nuove
competenze” e inoltre “ di avere necessità di disporre di pareri misurati al
100% con le sue opinioni politiche”. A
questo punto il commento più facile che viene alla mente è quello di “prove
tecniche di fascismo”.
Un
accostamento questo al fascismo (almeno potenziale) che ormai ricorre
frequentemente in quella parte dell’opinione ormai minoritaria più avanzata e
coerente sul piano della tenuta democratica. Si
avverte però qualcosa di diverso e ancora di più profondo.
Allo
scopo di impostare un principio di riflessione nel merito è stato possibile
prendere spunto da un testo che, almeno in apparenza, non c’entra nulla con
l’argomento, almeno in origine. E’
comparsa, infatti, sulle colonne del “Manifesto” una recensione del nuovo libro
di Lelio Demichelis “La grande
alienazione” (Jaca Book): recensione firmata da Benedetto Vecchi. L’autore
si misura con la grande trasformazione della “rivoluzione del silicio”
affrontando, come riferimento, tre grandi figure della mitologia classica:
Narciso, Pigmalione, Prometeo. Queste
tre figure rappresentano secondo l’autore rispettivamente:
“L’edonismo di
massa, la dissoluzione corrosiva del legame sociale in nome di un sé sempre
eccedente rispetto allo stare in società". E ancora: la contraddittoria
attitudine pedagogica scandita da un’evidente propensione manipolativa e la
spinta compulsiva a piegare la natura alle necessità terrene, sfidando gli dei,
i depositari delle verità ultime e prime della vita, la società e gli umani”.
Su
questa base si sviluppa, nel testo, una critica serrata del tecno capitalismo,
ponendo in rilievo il fenomeno irreversibile della “colonizzazione” della vita
privata e pubblica da parte della tecnica (con riferimento preciso, si presume,
agli algoritmi che dominano ormai la scansione della nostra vita quotidiana
imponendo un gran numero di scelte). E’ evidente come i fenomeni in atto in
Italia sul piano politico come quelli ricordati in epigrafe, possano essere
considerati come provinciali e di secondaria importanza rispetto agli
intendimenti dell’autore. Nel testo della recensione di Vecchi, infatti, si
annota un dato del tutto fondamentale: quello di mutamento d segno nel ruolo di
scienza e tecnologia come manifestazione di un potere performativo della
realtà. Ricordato come ci sia chi pensa di sostituire l’algoritmo al
Parlamento, le argomentazioni appena riportate colpiscono, se poste in
relazione alla situazione che si sta vivendo nel nostro paese. Queste
affermazioni colpiscono perché misurate a una degenerazione del confronto
politico e della qualità nella convivenza civile intesi quali fenomeni
protrattisi nel tempo e oggi giunti a una dimensione davvero inquietante. In
particolare deve essere sottolineata quest’affermazione: ” L’edonismo di massa,
la dissoluzione corrosiva del legame sociale in nome di un sé sempre eccedente
rispetto allo stare in società”. Scomponendo questa frase si ottiene
un’efficace fotografia dello stato di cose in atto.
Prima
di tutto, nell’attualità, si nota come il sé “sempre eccedente” si è collegato
in un progetto politico il cui collante è rappresentato da quello che in
passato ci si è permessi di definire “individualismo competitivo”. Appunto
“l’individualismo competitivo” come progetto politico, questa è la prima
annotazione da rilevare: ne deriva, infatti, l’eccesso di bramosia del potere.
Una bramosia del potere che non deriva semplicemente dall’idea della
“sostituzione generazionale” ma è qualcosa di ben più profondo e insidioso. In
secondo luogo “l’edonismo di massa”: troppo semplice da spiegare in relazione
alla società dell’apparire e del consumismo individualistico così come tante
volte era stato individuato da quei critici che avvertivano da tempo gli
scricchiolii della dissoluzione sociale.
L’esito
del combinato disposto tra “individualismo competitivo” (figlio del sé sempre
eccedente) e “l’edonismo di massa” è proprio quella “ dissoluzione corrosiva
del legame sociale”.
Lo
sfrangiamento della società appare essere la cifra che contraddistingue quella
parte più reattiva della società politica italiana che ha individuato l’onda
accumulando consensi in tempi rapidissimi. E’
evidente come un grande contributo proprio sul piano della rapidità
nell’accumulazione del consenso sia stato fornito dalla velocizzazione del
messaggio comunicativo fornito dalle novità tecnologiche insorte nell’ultimo
decennio. Ci troviamo in fase dove sembra comparire l’egemonia strutturale
della sovrastruttura. Così si esaltata la bio-politica fino trasformarla in
parte decisiva della dilagante “democrazia recitativa” che qualcuno intende
trasformare nel nuovo ibrido teorico della cosiddetta “democrazia illiberale”
nella quale proprio l’io recitante sostituisce il potere accompagnando le
pulsioni primordiali di un individualismo che si esprime senza contrappesi né
etici, né politici.
Questi
fenomeni non sono nati ieri, almeno nella situazione italiana, e sono molto
diversi dal totalitarismo novecentesco. Si ravvisano specificità provenienti
direttamente dalla fase della lunga transizione italiana seguita all’implosione
del sistema dei partiti verificatasi a cavallo degli anni’90 del XX secolo.
Servirebbe
un progetto alternativo a questo procedere di un fenomeno che giustamente viene
definito come di vera e propria alienazione di massa: in tutta sincerità
all’orizzonte però di questo progetto alternativo collocato a dimensione
sistemica non se ne vede che qualche pallida traccia.