Come difendere
la Democrazia parlamentare
di Felice Besostri
Felice Besostri |
Per riaprire il dibattito
Presentazione
Pensate
che possa interessare aprire un dibattito su questi temi, cioè dare un seguito
all'appello di Luciana Castellina pubblicato dal “il Manifesto” il 23 agosto 2018?
(https://ilmanifesto.it/allassalto-della-democrazia-rappresentativa-e-del-parlamento/)
.
Analizzando
da vicino ho scoperto che la sinistra nei fatti è stata contro il divieto di
mandato imperativo, benché adesso sia uno dei motivi di critica del M5S, che
almeno ne fa una battaglia aperta. Democrazia parlamentare, sovranità del
popolo, leggi elettorali e ruolo dei partiti sono tra loro interdipendenti. La
nostra Costituzione pur essendo frutto di compromessi è un sistema coerente,
compreso il titolo III. Invece per non attuare un sistema misto in cui avrebbe
avuto un ruolo la cogestione, l'abbiamo fatta svuotare dalla libertà di
concorrenza e dalla stabilità dei prezzi.
Si comincia a capire perché non si sia capitalizzata la vittoria
referendaria del 4 dicembre, o non ci credevamo, in altre parole si sarebbe
dovuto mostrare una coerenza che non c'era. Non dobbiamo dimenticare che un
colpo mortale alla democrazia parlamentare
l'ha dato una Presidente della Camera nel 2015 con l'ammissione del voto di
fiducia su una legge elettorale, dichiarata incostituzionale prima della sua
entrata in vigore*: la fine anche formale della centralità del Parlamento
rispetto all'esecutivo. Nel 2017 l'errore si è ripetuto e raddoppiato.
[*Sentenza
Corte Cost. n. 35/2017 di annullamento dell’Italikum]
Nel suo 70°
anniversario la nostra Costituzione è sotto attacco in un contesto più pericoloso di quello
sconfitto dal voto popolare del 4 dicembre 2016. La ragione è semplice è il
mutamento della sensibilità pubblica, parlare di opinione pubblica è un errore
perché implicherebbe una quota di razionalità, totalmente assente: è stata
sacrificata sull’altare del contrasto ai fenomeni migratori. Non è un caso che dalla stessa forza politica,
la Lega, esca sia l’esasperazione della clandestinità (Salvini), che le
soluzioni istituzionali (Giorgetti) presidenzialismo e monocameralismo per
rendere più efficiente il processo decisionale, cioè il sistema esistente,
senza metterne in discussione i fondamenti, ma solo i gestori.
La cronaca(stupri p. es) poi
aiuta a percepire la migrazione incontrollata come il problema, il maggiore,
comunque, se non l’unico, mentre quando i migranti sono vittime l’emozione è
meno forte. Tutti gli altri dal deficit di bilancio, l’assenza di sviluppo, la
disoccupazione e il peggioramento delle
condizioni di vita di un numero crescente di famiglie son complessi, non ci
sono ricette verbali. Mentre per risolvere quelli della migrazione e dei
clandestini basta dare l’impressione di essere decisi a farlo e di essere
pronti a metterci la faccia: anche a costo di essere incriminati dal sistema di
potere, costruito da chi non vuole il cambiamento e che la parola sia affidata
al popolo. Il popolo, secondo questa narrazione, sa naturalmente quali sono i
suoi problemi, senza tante complicazioni e lungaggini delle procedure
parlamentari, istituzioni che sono state occupate da una casta, che pensava
solo ai suoi affari e dei loro amici o sodali, specialmente se ricchi e potenti
o appartenenti alla nomenklatura manageriale,
giudiziaria, burocratica, universitaria o tecnocratica. La casta va punita nei
suoi interessi e privilegi a cominciare dal basso, i vitalizi, per colpire in
alto il divieto di mandato imperativo, pietra angolare della democrazia
rappresentativa. Nella nostra Costituzione il divieto di mandato imperativo
(art. 67 Cost.) è legato all’art. 54 .2 Cost., per il quale “I cittadini cui sono affidate funzioni
pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore “, che
riguarda tutti quelli che esercitano pubbliche funzioni e non soltanto quelle
elettive. Purtroppo molti, troppi, di loro, se ne sono dimenticati comprando
elettori, facendosi corrompere o vendendo i loro voti nelle assemblee di
appartenenza, Parlamento compreso, come accertato in via definitiva da una
sentenza penale di condanna a seguito di patteggiamento dell’ex senatore Sergio
De Gregorio. I corruttori Berlusconi e Lavitola saranno, invece, salvati dalla
prescrizione. San Just l’aveva detto che “ C’è un paradosso nella democrazia,
che richiede dai molti le virtù che di norma sono di pochi”.
Se il pericolo maggiore è
l’assalto alla democrazia parlamentare, come sostiene Luciana Castellina, la
sua difesa è il primo compito e, in particolare della sinistra, non perché
abbia il monopolio della democrazia, ma perché questa Costituzione rappresenta
una costruzione istituzionale compatibile con le trasformazioni politiche e
sociali da sempre sostenute e necessarie per una coerente politica di riforme
strutturali. Non si tratta di un obiettivo implicito ma dichiarato apertamente
dal secondo comma dell’art. 3: “È compito della Repubblica rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana
e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica,
economica e sociale del Paese.” Gli strumenti sono chiaramente individuati nel
Titolo III Rapporti economici della Parte Prima a cominciare da una definizione
dell’iniziativa economica privata che è libera, ma “non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana.”( art. 41 Cost).
Sull’attuazione della Costituzione come terreno comune di tutte le forze
di progresso si possono superare le divisioni storiche della sinistra e in
primo luogo quella tra socialisti e comunisti. Se libertà, democrazia e
socialismo sono interdipendenti viene meno le ragioni di due sinistre in
competizione prescindere da quale forma
assuma la loro cooperazione.
Slavoj Žižek citando Alain Badiou ritiene che una politica rivoluzionaria, che
parte che parte dagli antichi cinesi” Legalitari” fino a Lenin e Mao attraverso
i Giacobini contenga 4 punti: 1)Volontarismo
,la convinzione, cioè che si possono, “Spostare le montagne”, ignorando le leggi e gli ostacoli
”obiettivi”. 2)Terrore, la volontà senza riguardi di annientare i “nemici del
popolo” 3) Giustizia ugualitaria, la immediata e brutale attuazione del
diritto senza riguardo “alle complesse circostanze”, che ci costringerebbero a
procedere piano e un passo alla volta 4)Fiducia nel popolo, ad esempio la
“Grande verità” di Robespierre: “Un governo popolare deve avere fiducia nel
popolo ed essere severo con se stesso” o la Critica di Mao all’opera di Stalin
“Problemi economici del Socialismo
nell’URSS”, al punto di vista staliniano, ritenuto “quasi completamente falso.
L’errore principale è la sfiducia nei confronti dei contadini”[1].
Per Ignazio Silone[2]
quattro erano le questioni in forza delle quali si consumò la scissione tra
comunisti e socialisti: “a)difesa nazionale o disfattismo; b) partecipazione
ministeriale o opposizione sistematica; c)legalità o insurrezione; d) dittatura
o democrazia: una visione ottimista che si comprende nel 1944 nel pieno
dell’unità antinazista e antifascista e frutto di una visione
teorico-ideologica della contrapposizione, quando sarà la politica economica
della ricostruzione postbellica, quindi dei blocchi contrapposti, a creare la
nuova divisione tra socialismo democratico e comunismo, che in Italia ebbe
caratteristiche particolari. Non impedì, infatti, l’approvazione della
Costituzione in un clima di ampio consenso e la divisione non passò tra
socialisti e comunisti, ma all’interno del movimento socialista con la
scissione di Palazzo Barberini: un caso unico in Europa occidentale. Tutto
sommato un destino migliore della guerra civile greca o dell’unificazione
forzata nell’Europa orientale, imposta dall’Unione Sovietica. Nella condizione
attuale della sinistra italiana pare utopistico parlare di una sua
ricostruzione con la prospettiva di essere alternativa di governo: i risultati
delle elezioni politiche del 2008 e del 2018 assomigliano ad epitaffio di una
storia altrimenti gloriosa malgrado le contraddizioni e le contrapposizioni tra
socialisti e comunisti, che ne escono entrambi sconfitti se confrontati non
solo con i consensi elettorali, ma con l’iniziativa politica del PCI e del PSI.
La difesa della democrazia
costituzionale, tuttavia, ha assunto nel suo complesso un significato di
conservazione dell’esistente ed anche un fatto di portata istituzionale
storica, come l’attuazione dell’ordinamento regionale, non è stato all’altezza
delle speranze di una visione autonomista integrale, ma di assicurare piuttosto
uno spazio di potere alle forze di sinistra escluse dal governo nazionale. Per
attuare la Costituzione la democrazia parlamentare doveva essere rafforzata con
la centralità del Parlamento, non dei partiti egemoni. Due scelte ben precise
della Costituzione sono state ignorate l’art. 39 sull’organizzazione sindacale
e il 49 sui partiti politici, come se la loro regolamentazione pubblica e sulla
base di statuti democratici potesse essere un attentato alla loro autonomia.
Tale scelta si è tradotta in leggi elettorali, che anche quando proporzionali
secondo il modello implicito nella Costituzione, ha affidato il monopolio delle
candidature a partiti politici o gruppi politici organizzati[3]
non disciplinati da leggi anche quando sono stati destinatari di ingenti
finanziamenti pubblici incontrollati nella loro effettiva destinazione e
strumento di controllo dei gruppi dirigenti sui loro partiti. La scelta della
democrazia implica, che la ricerca della maggioranza per governare, si fondasse
sulla maggioranza del consenso elettorale, ma col tempo con la constatazione,
che la sinistra nel suo complesso fosse lontana dalla maggioranza popolare, si
è fatta strada l’idea, che bastasse la conquista della maggioranza delle
Camere, ma non con la via maestra di un sistema maggioritario condiviso, ma
attraverso la scorciatoia di premi maggioranza, non importa se
incostituzionali. Franco Astengo ha esaminato i risultati elettorali delle
elezioni della Camera dei deputati dal 1948 al 2018, 70 anni, ma includendo
anche quelli dell’Assemblea Costituente del 1946 dall’angolo visuale della
sinistra e secondo il criterio di sinistra di governo e sinistra di
opposizione, vale a dire, se al momento delle elezioni e indipendentemente
dagli sviluppi successivi, le sue articolate espressioni appoggiassero il
governo in carica. Un criterio semplice finché si è votato con un sistema
proporzionale e la sinistra si articolava sui socialisti e i comunisti e le loro
divisioni/ricomposizioni, che all’inizio hanno riguardato soltanto la
componente socialista PSI, PSDI, PSIUP.
Con il 1972 si ebbe un’articolazione
con rappresentanza parlamentare di una sinistra di opposizione(Manifesto, MPL,
PC-ml) con 1,17% dei voti validi, altra
dal PCI e dallo PSIUP(26,22%). Un processo che nelle elezioni del 1992, le
ultime proporzionali, si porterà a compimento con una sinistra di opposizione
composita (PDS 6.321.084 13,25%, PRC 2.204.641 4,62%, Rete 730.171 1,53%, che
totalizza per la prima volta meno del 20% dei voti validi ( 19,40%). Nelle
stesse elezioni la sinistra tradizionale di governo (PSI-PSDI)totalizza con il
13,43% il suo secondo miglior risultato
dopo il 17,02% del 1963, quindi prima della scissione socialista del 1964.
La somma di socialisti e comunisti ebbe il suo
tetto massimo nel 1946 con il 33,73% (Socialisti 4.758.129 16,99%, Comunisti 4.356.686 15,55%),
ma ancora una volta prima della scissione socialista del 1947, tanto che nel
1948 il Fronte Popolare rimase con il 27,94% sotto il 30%. Una barriera che si
è superata soltanto nelle elezioni del 1953 (32,87%) e nel 1958 (33,63%).I
migliori risultati di una sinistra di opposizione, che comprendeva un’area
socialista di una certa consistenza, maggiore del 11%. Unici furono i risultati delle elezioni del
1976, che si svolgono dopo il referendum sul divorzio del 1974 e il turno
amministrativo del 15 giugno 1975 che ha fatto registrare un forte spostamento
a sinistra. Si presenta una situazione inedita: PCI, PSI, PSDI facevano parte
dell’area di governo, prima come “maggioranza delle astensioni” poi come
maggioranza d’appoggio a due governi monocolore DC. I tre partiti conquistarono
il 47,38% dei voti validi e, fatto ancor più significativo il 43.02% del corpo
elettorale, che era ritornato a quota superiore al 90% degli aventi diritti: molto di più, quindi, del 40,81% del PD alle
europee del 2014 con un’affluenza del 57,22%, ma mai altrettanto enfatizzato,
I risultati dell’Ulivo nel 1996 con il 41,92%
complessivi non sono confrontabili, a causa del sistema elettorale, ma
conteggiando sulla parte proporzionale la sinistra interna ed esterna all’Ulivo la stessa è valutabile al massimo al 30,03%
(per Astengo 23,08%), con i Verdi 32,53% Tuttavia tra la quota proporzionale e
quella maggioritaria vi è una differenza, a favore di quest’ultima superiore a
2,5 milioni di voti: con la conseguenza di un premio in seggi superiore al
consenso elettorale per il PDS, che con il 50% della coalizione ( 21,06 su 41,92)
ottenne il 60,35% dei seggi(172 su 285). La reale consistenza si rivelò nel
2001 con la sinistra al 18,66%.
La crisi
del sistema politico italiano fondata sui partiti dell’arco costituzionale si è
manifestata con l’esplosione di inchieste giudiziarie (Tangentopoli, Mani
Pulite), crisi parlamentari con due legislature la XI e la XII di durata
biennale, il referendum Segni del 18 e
19 aprile 1993 in un mutato contesto internazionale cominciata col crollo del
muro di Berlino, cui è seguita la disgregazione dell’impero sovietico. In quel
periodo si pensò di superare la caduta di legittimazione con la governabilità e
il privilegio dell’esecutivo rispetto alle assemblee, partendo dagli enti
locali con l’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provincia (legge
25 marzo 1993 n. 81), l’abbandono del proporzionale per Camera e Senato (leggi
4 agosto 1993 n. 276 e n. 277) un ciclo che si è concluso con listini bloccati
e premi di maggioranza nelle elezioni regionali (legge 23 febbraio 1995, n. 43)
adottate in un clima di ampio e trasversale consenso che ha coinvolto la
maggioranza della sinistra. La vicenda
della legge elettorale iper-maggioritaria del 21 dicembre 2005 n. 270 dimostra,
che l’opposizione del centro-sinistra era apparente, perché né ha profittato
nel 2006 e 2013 e cercato di aumentarne la distorsione con il referendum Guzzetta e
rimanendo inerte anche dopo la dichiarazione d’incostituzionalità della
sentenza n.1/2014. Ridare centralità
alla democrazia parlamentare per respingere l’assalto al nostro ordinamento costituzionale significa dare
centralità al Parlamento, ma non è possibile senza dare un ruolo importante ai
singoli parlamentari. I regolamenti parlamentari hanno favorito i gruppi e i
loro capi con i poteri assegnati agli Uffici di Presidenza, la rappresentanza
nelle istituzioni dei gruppi parlamentari, quindi dei partiti politici. Una
scelta sbagliata, ma, parzialmente, molto parzialmente visti gli esiti final,
compensata da partiti, quelli tradizionali e di massa radicati nella società e
mediatori tra questa e le istituzioni e canale di partecipazione di strati
popolari altrimenti esclusi. Tuttavia questo ruolo dei partiti , in realtà dei
loro gruppi dirigenti, si è rafforzato sempre in assenza di una loro
regolamentazione e si è mantenuto, anche quando i partiti sono diventati altro:
associazioni al servizio di un uomo o padrone o di gruppi d’interesse, nel
migliore dei casi del Partito in quanto tale, a prescindere. Il soggetto
principale dell’art. 49 Cost. non sono i partiti ma i cittadini, tutti i
cittadini, che liberamente associati in partiti concorrono con metodo
democratico[4]
a determinare la politica nazionale. Nella Costituzione c’è un legame preciso
tra il secondo comma dell’art. 1, per il quale la sovranità appartiene al
popolo, che come corpo elettorale elegge un Parlamento i cui membri non
rappresentano i partiti che li hanno candidati, né gli elettori che li hanno
votati e neppure i loro collegi, ma la Nazione (art. 67 Cost.)e l’art. 49 Cost.
inteso nel senso proprio, articolazione
del corpo elettorale, “tutti gli elettori”. L’attuazione della Costituzione e
della democrazia parlamentare si gioca rafforzando sia lo stato comunità
articolato in collettività, corpo
elettorale o partiti politici, ma rispettosi delle individualità perché la
Nazione non è rappresentata dal Parlamento, ma da ogni suo membro e nei partiti
il potere dovrebbe risiedere negli elettori liberamente, quindi
democraticamente, associati.
La
struttura costituzionale è rimasta incompiuta perché presupponeva che il corpo
elettorale, espressione del popolo sovrano fosse un potere dello Stato, che
quindi potesse promuovere conflitto di attribuzione nelle materie sue proprie,
relative al processo elettorale e che lo stesso potessero fare i singoli parlamentari:
la Corte Costituzionale non l’ha finora ammesso, ma neppure escluso a priori
con le ordinanze nn. 280/2017 e 181/2018. Il divieto di mandato imperativo deve
essere garantito di fatto e non è il caso in Italia. Una delle ragioni è nella
legge elettorale, che affida il monopolio della presentazione ai partiti e
gruppi politici organizzati, quindi la sanzione per un parlamentare che agisca
come richiedono gli artt. 54 e 67 Cost. è la non ricandidatura. La pratica
delle liste bloccate totalmente o parzialmente ha rafforzato il controllo
dei gruppi dirigenti dei partiti, quando
non del loro leader/padroni, in assenza di un tempestivo controllo giudiziale
sul processo elettorale preparatorio. In assenza di statuti democratici e di
procedure trasparenti per la scelta dei candidati, anche il collegio
uninominale di per sé non garantisce a
priori un rapporto tra candidati e cittadini/elettori. Ai gruppi è consentito
di rimuovere ad nutum i componenti
senza incarichi delle Commissioni parlamentari. I parlamentari non possono
nemmeno promuovere conflitto di attribuzioni nel caso che siano compromesse le
loro funzioni, neppure quelle costituzionalmente garantite, quale è stata la
creazione del precedente nel 2015 di ammettere il voto di fiducia sulle leggi elettorali.
Una responsabilità del centro-sinistra non dei nemici della democrazia
parlamentare. Paradossalmente l’unica garanzia è quella del vitalizio, perché
aver svolto la funzione parlamentare anche per una sola legislatura non
completa, avrebbe garantito una rendita. Un sistema non deliberato dai singoli
parlamentari, ma dagli Uffici di Presidenza delle Camere, cioè dai partiti: una
garanzia che nel nuovo clima si è rivelato ulteriore fattore di discredito
della politica e delle istituzioni.
I
risultati del 2018 sottolineano l’anomalia di un sinistra italiana, che
computando tutto il PD nel campo, fatto contestabile e contestato da molti, con
LeU e PaP non supera il 17%: e i voti persi da una formazione a differenza del
passato non si ridistribuiscono fra i
partiti della stessa area politica, ma incrementano le astensioni o si
rivolgono a nuovi soggetti, come già nel 2013. Nella sinistra italiana non c’è
una componente socialista o verde ambientalista, che superi le soglie di
accesso e, quindi, non appare nemmeno potenzialmente alternativa. Il
superamento delle barriere ideologiche tra le due anime principali e
tradizionali della sinistra, socialista e comunista, invece di aumentarne le chanches non hanno alcun significato neppure
di riflessione sugli errori passati e le occasioni perdute. L’attuazione della
Costituzione e la difesa dei suoi valori e scelte istituzionali, in primis la
democrazia parlamentare, può essere il terreno di incontro tra le forze di
progresso, ma allora ci vuole una coerenza finora assente, come di mostrano e
dimostrano l’assenza di garanzie procedurali e processuali a tutela del
Parlamento e di ciascuno dei suoi membri.
In Italia non esistono eredi
diretti della tradizione comunista e socialista, in grado di polarizzare il
dibattito a sinistra(Rifondazione Comunista
e PdCI da un lato e PSI dall’altro non hanno la consistenza del PCI e
del PSI d’antan, neppure sommando
Sinistra Italiana, LeU e Pap. Tuttora esistono divisioni profonde a sinistra,
che non sembrano ricomponibili, a meno che nasca un progetto comune, che
partendo dalla difesa della democrazia parlamentare, si fondi sulla critica al
sistema economico e sociale esistente, da cui nasca da una proposta di un suo
superamento, anche come uscita dalla crisi economica e finanziaria e dalle
crescenti diseguaglianze.
Note
1.”Die
bösen Geister des himmlischen Bereich. Der linke Kampf um das 21. Jahrhundert”, Fischer, Francoforte
s.M.,2011, 94.
2.Avanti! Roma 1944 in reprint
a cura dell’Istituto Europeo di Studi Sociali, Milano, 1992, 62,
3. Art. 13 d.p.r,
361/1957 T.U. Camera dei Deputati. Un monopolio criticato nei rapporti degli
osservatori OSCE-ODHIR alle elezioni italiane, anche alle elezioni 2018
4.
Purtroppo interpretato in modo riduttivo, cioè non esteso al funzionamento
interno dei partiti, ma soltanto al processo elettorale.