di Nicola Santagada
La verità
Mi sono sempre chiesto come siano giunte a Roma le
numerose radici linguistiche dei greci. Ho pensato a due possibili ipotesi: 1)
contatti di contaminazione anteriori alla colonizzazione greca; 2)
radici arrivate con i latini, provenienti da territori di cultura greca.
Personalmente propendo per la seconda ipotesi.
Questa
volta la riflessione è sulla radice λαθ, da
tradurre: genera lo sciogliere il crescere, che il pastore greco
interpretò come gravidanza incipiente e a ciò che ne consegue. Nel trovare il
filo rosso che lega le parole che furono dedotte, si fanno scoperte
sorprendenti.
Da λαθ i greci derivarono λανθάνω: nascondo, concetto mutuato dalla
creatura in grembo, che c’è, ma non si vede. Sempre nel mondo greco da λήθη, per i dorici λάθα, furono dedotti: dimenticanza, oblio,
in quanto tutte le esperienze della vita intrauterina non fanno parte del
ricordo e dei ricordi e, comunque, c’è una fase del divenire della creatura che
è della quiescenza. Questo aspetto del processo formativo dell’essere,
come tanti altri fenomeni, diventa mito: il Lete, rivissuto e
rielaborato da parte di Platone, di Virgilio e di Ovidio, che canta l’amore
infelice e disperato di Orfeo per Euridice agli Inferi. Inoltre, da λήθη fu dedotto letargo, come lungo sonno
che obnubila.
Dalla
radice ληθ, i greci
coniarono aleté: vero e aleteia: la verità. Il
pastore greco dedusse dal grembo, appena abbozzato, da ciò che ognuno constata de
visu, ciò che è vero. Allo stesso modo ragionò il pastore latino, quando
coniò vero, che, tra l’altro, trova nel tempo la verifica. La
certezza, che è appurata dalla notizia incontestabile (i greci dissero: δῆλος: chiaro, evidente, manifesto),
viene data dal grembo conclamato, per cui il non vero è imputato
all’errore della vista: mi sono sbagliato, mi era sembrato.
Incidentalmente, si ricorda che sembra è da collegare a σῆμα σῆματος, che indica, senza ombra di dubbio, il segno
della gravida.
I greci
dal verbo nascondere (λανθάνω) dedussero
l’avverbio λάθρῃ (variante: λάθρᾳ): di
nascosto, per cui da colui che si aggira di nascosto si dedusse ladro,
che viene inseguito dai latrati
La radice
λαθ servì per denominare il territorio in cui i Latini
abitarono: il Lazio, terra ferace (genera lo sciogliere il crescere)
per eccellenza, abitato dal re Latino e dai Latini. Ma da λαθ, con il deduttivo molto forte, che è eo,
nel senso che è ciò che il pastore ricava dalla sua esperienza, i latini
coniarono lateo: mi celo, mi tengo nascosto, latente e
latenza, latitanza, latebra (nascondiglio segreto, in
quanto al buio). I Francesi con il deduttivo ek coniarono éclater:
scoppiare, mentre la cultura italica elaborò eclatante, che, nel
senso di lampante, è il contrario di latente.
Da questa
radice, i latini dedussero l’aggettivo latus (largo) e latitudine,
latere, laterale e, persino, laterizio, ad indicare che la
costruzione che cresce ha bisogno di mattoni.
I latini,
inoltre, pensarono che il nascosto (nel grembo) viene anche portato,
trasportato (dalla madre), per cui utilizzarono λαθ per formare il supino latum di fero:
porto. Pertanto, da latus (portato) fu dedotto latore. Da
delato (ciò che è stato deferito, accusato, riportato, svelato) furono
dedotti delatore e delazione; da collatus (nel senso di
portato confrontato, paragonato) fu dedotta collazione; da illatus
(è ciò che si genera in chi ha portato dentro) si ebbe illazione; da prelato
(portato sopra) si ebbe l’eminente della Chiesa, mentre da prelato
(nel senso di preferito) si ebbe prelazione; da differo
differito, mentre dal participio passato dilatus (differito) si ebbe
dilazione; da obfero si ebbe oblatus (che ha offerto, che
è stato offerto), quindi l’ostia come oblata, le oblate, oblazione,
come offertorio e oblazione come pena pecuniaria; dal portare
si ebbe riportare (anche notizie), per cui da relatus: riferito
furono dedotti relatore, relazione su, mentre gli italici
dedussero il concetto di ciò che si ricava da quel portato: relazione tra e relativo a.
Da sottolineare che i latini non solo ebbero il superlativo assoluto,
come qualità in sé posseduta al massimo grado, che dev’essere rapportata al
solo (quello che nasce), ma anche il comparativo assoluto: alquanto
bello (pulchrior), senza introdurre confronto con chicchessia.
Inoltre,
la radice λαθ
determinò altre espansioni logiche; infatti dallo sciogliere il crescere generò:
dilatare, dette luogo a lasciare (il grembo da parte della
creatura), a lascito, a λαθso: lasso,
nel senso che la creatura a causa delle spinte continue resta sfinita, ma,
nella cultura italica lasso significò la perdita della tensione
muscolare, per cui si ebbe il prolasso; infine, gli italici dallo
sciogliere il crescere dedussero elastico ed elasticità.