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UNA NUOVA ODISSEA...
DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES
Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.
Angelo Gaccione
LIBER
L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

(foto di Fabiano Braccini)
Buon compleanno Odissea

1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)
martedì 22 luglio 2025
PIGOLII PAPALI
di Luigi Mazzella

Il Papa a cavallo
Da un piglio ruspante
a uno ragionieristico.
Prima domanda:
Nell’Occidente delle cinque follie irrazionali, dimostratesi, nel corso di più
di venti secoli, irrealizzabili (o asseritamente realizzate con ecatombe
di vite umane e con l’arricchimento di ristrette nomenclature di privilegiati)
vi sono mai state e vi sono “Autorità Morali”? In passato, quelle che
pretendevano di essere tali si sono rese, proprio esse, promotrici di
guerre definite “sante” o collaboratrici silenti di cosiddette “pulizie
etniche” dei popoli indigeni. Oggi la Chiesa Cattolica,
al probabile fine di farsi perdonare crociate e genocidi atroci nel
Centro-America, inquisizioni e patiboli nelle pubbliche piazze di Roma (e non
solo) fa sentire la sua voce in difesa della pace, con un piglio che
oscilla tra quello “ruspante e graffiante” di Francesco e quello “lamentoso e
ragionieristico” di Leone XIV. E ciò, a parte la consueta, ben nota,
tradizionale, antica duplicità del lessico ecclesiale: che se riesce ad essere,
talvolta, espresso e univoco quando è pontificale resta sempre appena
sussurrato se non del tutto taciuto (e quindi, fondamentalmente ambiguo) quando
è curiale.
Seconda domanda: indipendentemente
da ciò, quali sono i margini di efficacia dell’azione di un’Autorità
cosiddetta Morale in un momento in cui il cupio dissolvi Occidentale
sembra voler raggiungere il suo diapason e concludere il
suo iter autodistruttivo?
In altre parole, potranno
mai le flebili grida di dolore di un Papa (che pur di “leonino” ha certamente
il nome) prevalere:
a) sulle smargiasse
guasconate di un Emmanuel Macron, che rivendica il ruolo di Napoleone
del Terzo Millennio e quello, minore, di d’Artagnan?
b) sulle speranze di
rinascita di una Germania uber alles, coltivate da un
Metz dal collo rigido (tutt’altro, quindi, che “obtorto”)?
c) sulle malinconie da
occasioni perdute di una Meloni tremebonda, impaurita e rannicchiata
nell’abbraccio di un collega del Governo che è certamente di ragguardevoli
proporzioni fisiche ma che Totò avrebbe potuto mettere in difficoltà con
una semplice battuta?
In un caso, come quello
attuale, di rapporti internazionali molto complessi e di tesi propagandistiche
così strampalate da apparire extra ordinem, di
conflitti diplomatici di particolare acredine e di assoluta malafede, la
voce del Vaticano per essere ascoltata dovrebbe essere paragonabile al
ruggito del Leone della Metro Goldwin Mayer. E, invece da piazza
San Pietro si levano solo deboli segnali di pseudo-protesta contro una delle
due sedi della guerra (quella israeliana). Anche installare
microfoni e altoparlanti potenti per ampliare il suono dei deboli
lai percepibili sarebbe del tutto inutile. Difficilmente
essi potrebbero giungere alle orecchie degli occupanti dei palazzi dove
c’è il vero potere, quello che conta. E ciò, senza dire che la
domanda, a suo tempo fatta da Adolf Hitler su quante divisioni corazzate
avesse il Vaticano è divenuta di dominio comune.
Conclusione: Il
miagolio, appena percepibile dai palazzi Vaticani sembra destinato a
unirsi ai mesti e lamentosi inviti alla pace del Ministro degli Esteri
dello Stato Italiano, la cui voce pacifista, comunque, riesce a essere persino
meno ambigua e subdola di quella della Presidente del Consiglio (e del suo
Ministro della Difesa il cui Dicastero, dopo la dichiarazione di
co-belligeranza con Zelensky, sarebbe più proprio chiamare ormai “della
Guerra”).

IL SOL DELL’AVVENIRE
di
Franco Astengo

Opera di Max Hamlet
“Siamo
di fronte a un momento senza precedenti: la rivoluzione agricola richiese
millenni, quella industriale secoli, la trasformazione tecnologica è già
avvenuta in pochi decenni. Ora è tempo di farla evolvere. È oggi che plasmiamo
le fondamenta della prossima società”.
Così
Luciano Floridi inquadra lo stato di cose in atto con un suo saggio “L’era
digitale richiede responsabilità” pubblicato da “La Lettura” del Corriere della
Sera il 20 luglio.
Floridi
prosegue: “In molti contesti si parla ancora di tecnologie emergenti come se
il digitale fosse una novità. Ma la rivoluzione digitale è già avvenuta da
decenni: è tempo di farla evolvere nella direzione che preferiamo. Siamo di
fronte ad un momento senza precedenti, a differenza delle rivoluzioni agricola
e industriale, che richiesero millenni la prima e secoli la seconda per
dispiegarsi, la trasformazione digitale sta avvenendo in pochi decenni.
Lo
stordimento è comprensibile, ma trattarla ancora come un'innovazione è un errore
che rischia di diventare alibi per l'inazione. E' oggi che plasmiamo le
fondamenta ancora malleabili della società futura. Dalla crisi dei rapporti
internazionali ai cambiamenti climatici, dalla non equità economica alle
migrazioni, dalle guerre alle violenze sulle minoranze le soluzioni partono
dalla politica e quindi anche dalla creazione di una società digitale migliore,
trasformando il possibile in preferibile. Se non interveniamo ora, gli errori
diventeranno sempre più difficili da correggere e le opportunità mancate sempre
più irrecuperabili”.
L’autore
aggiunge: “C’è il rischio di una oligarchia digitale formata da
alcuni Paesi con capacità avanzate, grandi aziende tecnologiche e pochi
individui, il famoso 1 per cento. Unicamente con maggiori e migliori
conoscenze, democrazia, politica si può governare la transizione senza subirla”.
Sorprendentemente
(ma non troppo almeno per chi ha sempre e comunque cercato di analizzare la
strutturalità delle fratture sociali andando oltre lo schema di Lipset e
Rokkan) arrivano risposte radicali a questo tipo di interrogativi.
![]() |
Opera di Max Hamlet |
Ne
citiamo due:
A)
quella della politologa
albanese Lea Ypi autrice di un recente testo Confini di Classe pubblicato da Feltrinelli. La
Ypi risponde, tra le altre, ad una domanda sulla creazione della coscienza di
classe richiamando la funzione di partiti e movimenti per la costruzione di una
egemonia del discorso recuperando un modello di partito inteso gramscianamente
come “Moderno Principe”. In sostanza una direzione “diffusa” con un concetto di
relazione tra verticalità e orizzontalità nella direzione politica posto in
grado di esprimere tre elementi critici rispetto al modello passato:
1) la solidarietà nella massa, senza il vincolo stretto della dimensione
puramente ideologica; 2) l’espressione di questa solidarietà come egemonia
verso l’intera classe; 3) una direzione “larga” composta non soltanto da
rivoluzionari professionali ma da quadri diffusi sul territorio e nella società
capaci di introdurre anche elementi di “parzialità” nel rapporto con il partito
e di forte, ragionato, ricambio nella formazione dei gruppi. Una visione
originale dunque della “via consiliare” sulla quale forse, pensando a una
strutturazione politica della classe adeguata alla complessità dell’oggi, vale
la pena di sviluppare qualche riflessione sul piano teorico.
B) quella di Alessandro Sahebi nel suo Questione di
classe (Mondadori) dove sostiene come il pensiero dominante ci ha convinto
che la felicità sia una conquista individuale, non collettiva. Ma è solo l’ennesimo
inganno di un sistema ingiusto, che alimenta la competizione e l’egoismo per
dividerci. Un’alternativa esiste ed è collaborare, condividere, immaginare una
società in cui stare bene non sia un privilegio per pochi, ma un diritto di
tutti. Realizzarla non è solo un desiderio, è un atto politico necessario. Per
compiere questo atto politico l’autore indica molto semplicemente l’orizzonte
del socialismo riscoprendo in pieno il tema marxiano dell’alienazione del
lavoro.
Valeva la pena di riprendere gli interrogativi di Floridi e di
accostarli alle risposte di Ypi e Sahebi (in questa sede pur riassunte molto
schematicamente) perché ci richiamano a una necessità che, in questo frangente
storico, ci appare imprescindibile: è urgente rinnovare un tentativo per
affrontare questo tema partendo da un punto fermo: l’inevitabilità di
ricostruire una coscienza e una volontà politica. La coscienza della propria
appartenenza e la volontà politica di determinare il
cambiamento rimangono fattori insuperabili e necessari come motore di
qualsivoglia iniziativa della trasformazione dello stato presente delle cose. Attenzione
però lo stato presente delle cose va cambiato sia nel senso della condizione
oggettiva della nostra esistenza sia in quello dell’assunzione di una
consapevolezza soggettiva del vivere con gli altri. Da questa consapevolezza
tra individuale e collettivo “si realizza
la vita d’insieme che è solo la forza sociale, si crea il blocco storico” (Gramsci Quaderno
11). Come auspicava Luckas “la coscienza di classe trova il suo
superamento nell’universale riconoscimento della propria appartenenza al genere
umano”.
E l’utopia del sol dell’avvenire:
ben venga se elaborata guardando al futuro senza rimpianti.
BOLERO

M. Ravel
Appuntamento
il 24 luglio a Soverato, le celebrazioni per i 150 anni dalla nascita di Ravel
proseguono il 1° agosto con Sergio Bernal a Scolacium.
Archiviata
con successo un’altra serata entusiasmante per la venticinquesima edizione di
Armonie d’Arte Festival. Protagonista assoluto al Parco Scolacium di Borgia un Raphael
Gualazzi in grande spolvero: pubblico in visibilio per un artista dalla grande
sapienza tecnica, generosa creatività e innata eleganza musicale, accompagnato
per l’occasione dall’Orchestra Sinfonica Brutia, particolarmente a suo agio
negli arrangiamenti di Stefano Nanni e diretta dal M° Marco Codamo, direttore
dal gesto limpido e puntuale. Ora si torna all’Orto Botanico di Soverato ma,
soprattutto, si apre una preziosa parentesi: quella dedicata alla danza.
![]() |
M. Ravel |
Doppio
appuntamento, dapprima a Soverato e poi di nuovo a Scolacium, con un duplice
omaggio a Maurice Ravel nei 150 anni dalla sua nascita.
Si
inizia il 24 luglio, ore 22, al Giardino “Santicelli” con BOLERO / LOOP ESCAPE,
un lavoro di grande impatto emotivo: la danza penetra il fascino intramontabile
del Bolero, il suo incantamento ritmico, e restituisce un'ipnotica poesia dei
corpi, per poi generare, anche con l’innesto di musica elettronica, un loop
avvolgente, catturante, in una escalation che alterna frenesia e sospensione,
fuga e rincorsa, per la conclusiva esplosione totale che riconduce, al fine, ad
una superiore estatica ed eterna armonia.
Di
Salvatore De Simone, danzatore coreografo junior di Wayne Mcgregor Company, e Filippo
Stabile, danzatore e coreografo di Create Danza, prima assoluta e produzione di
Armonie d'Arte Festival con Ramificazioni Festival sulle musiche originali di
Maurice Ravel e la musica elettronica di Vincenzo Palermo. Due giovani artisti
coreografi di profilo internazionale si misurano con un titolo immenso e si
propongono di rigenerarlo alla luce della creatività musicale e coreutica
contemporanea, traghettando un tema e un ritmo notissimo e seducente in un
nuovo lavoro che possa nel contempo alimentarne il tratto ossessivo ma anche
superarlo per una nuova dimensione di armonia.
Il
tema del Bolero continua poi il 1° agosto a Scolacium con il danzatore e star
internazionale Sergio Bernal ed uno spettacolo di straordinaria fascinazione,
tra vertiginosi assolo e raffinati pas de deux e pas de trois, con
musicisti e cantante in scena.
“Dopo
un concerto che porteremo senz'altro nel cuore, arriva adesso la danza
contemporanea, con uno spettacolo veramente catturante, ipnotico a tratti e
sempre avvolgente, dalla straordinaria visione coreutica e registica che
restituisce una dimensione e un livello assolutamente europeo.
Pregio
assoluto di ogni aspetto, è certamente un lavoro che farà parlare di sé”. Ad affermarlo è il
Direttore Artistico e Founder di Armonie d’Arte, Chiara Giordano.
Appuntamento,
dunque, il 24 luglio a Soverato con Bolero/Loop Escape, mentre tutte le info e
gli approfondimenti sui prossimi eventi in cartellone sono su www.armoniedarte.com e i canali social
dedicati.
lunedì 21 luglio 2025
CALDO ESTREMO: CONOSCERLO E DIFENDERSI
di
Zaccaria Gallo
Il cambiamento climatico, e
l’aumento della temperatura atmosferica, diventerà sempre più una sfida
significativa per la salute pubblica. Già ora, la vita e la salute umana, in
vari modi, ne vengono condizionate, in maniera negativa, con effetti sull’aria,
l’acqua potabile, l’approvvigionamento alimentare e la diffusione di malattie.
Ecco perché, in questi giorni, è importante non dimenticare che, l’esposizione
al caldo estremo, può essere causa di diversi esiti sanitari sfavorevoli e che,
le persone che soffrono di patologie pregresse, o esistenti al momento, e gli
anziani (che spesso hanno una ridotta capacità di termoregolazione e soffrono
per malattie croniche che li rendono più suscettibili agli effetti del caldo), come
tutti coloro che versano in condizioni
economiche precarie o in povertà, sono molto più in pericolo di altri. In caso
di temperature molto alte, e caldo estremo, siamo tutti vulnerabili e, in
particolare, siamo portati a pensare subito alla manifestazione più acuta e
drammatica dei colpi di calore e della disidratazione. I disturbi da
temperature elevate, invece, possono essere correlate a un aumento del rischio
di malattie cardiovascolari, respiratorie, renali e mentali. Dal punto di vista
epidemiologico, infatti, durante i periodi di caldo estremo, si verificano
aumenti della ospedalizzazione e purtroppo di decessi per infarto, ictus,
esacerbazione di crisi respiratorie e insufficienza renale.
Il caldo estremo ha poi effetti fortemente negativi anche sulla salute mentale: aumentano i disturbi legati all’ansia, depressione e a risposte aggressive nei confronti di persone, cose e ambiente. Quella che viene messa in pericolo è la capacità del nostro organismo di adattarsi alle temperature esterne estreme, fredde o calde che siano, e che ha nome di termoregolazione. È il meccanismo che tende a mantenere costante la temperatura dell’organismo. Tale processo raggiunge un alto grado di perfezione negli animali omeotermi (mammiferi, uccelli e uomini, a sangue caldo), perché dotati di un sistema di regolazione involontario, basato sull’equilibrio di due fenomeni: la produzione e la dispersione del calore. Gli organismi viventi ricevono calore per irraggiamento dal Sole e dai corpi caldi che li circondano.
L’energia acquisita può essere controllata in modo che non aumenti attraverso l’evaporazione dallo stato liquido a quello di vapore, e conduce a un raffreddamento interno e esterno della pelle. Tutto il meccanismo della termoregolazione è sotto il controllo del nostro Sistema Nervoso, perché è lì che si trovano nuclei di cellule denominati centri termoregolatori. I centri termoregolatori sono dunque piccole aree del nostro cervello, che controllano la temperatura corporea, mantenendola stabile, attorno ai 37°. Il principale centro termoregolatore è situato nell’ipotalamo, sotto alla corteccia cerebrale. L’ipotalamo riceve informazioni sulla temperatura corporea da termo- recettori, sia centrali (nel sangue) che periferici (nella pelle).
In base a queste informazioni, l’ipotalamo attiva
meccanismi, per aumentare o diminuire la produzione di calore e per
disperderlo, mantenendo l’equilibrio termico del corpo. Nell’uomo, il valore di
riferimento del sistema di controllo della temperatura è, come dicevamo, è di
37 °. Questa temperatura può essere modificata da certe condizioni patologiche
che portano a un aumento (febbre). Sappiamo che, d’altra parte, anche in questi
casi, la temperatura interna non deve aumentare oltre una certa soglia,
altrimenti si ha una “termoregolazione sballata”. Essa si manifesterà come una intolleranza al
caldo, difficoltà a sopportare temperature elevate, sudorazione profusa, debolezza,
vertigini, cefalea, nausea, vomito, crampi muscolari e, nei casi più gravi, portare
a svenimenti e confusione mentale. Nel caso estremo del colpo di calore, la
temperatura corporea può aumentare rapidissimamente (in 10 o 15 minuti), la
pressione arteriosa diminuire repentinamente, la pelle apparire secca ed
arrossata, per cessazione della sudorazione e, nei casi più seri, essere causa
di gravi danni a carico degli organi interni. Il malessere da caldo, allora,
non va mai sottovalutato né mai bisogna omettere tutto ciò che può prevenirlo o
alleviarlo. È importante riconoscere i segnali di allarme che ho descritto,
chiamare sempre un medico, o una struttura sanitaria di pronto intervento (il
118) e, nell’attesa, distendere la persona in luogo fresco e ventilato, con le
gambe sollevate rispetto al resto del corpo, porre una borsa di ghiaccio sulla
testa, avvolgerlo in un lenzuolo bagnato in acqua fredda (o, talora, anche in
alcool denaturato) e reidratare con abbondante acqua, senza somministrare
bevande alcoliche.
I CRIMINI DI
ISRAELE
di Francesca Fornario
Sì, a Gaza l’esercito israeliano ha
ucciso almeno 60 mila palestinesi, in maggioranza donne e bambini, e sì, Lancet valuta
che le vittime siano il 40% in più e circolano stime ben peggiori, e sì,
l’intera popolazione della Striscia – 90% – vive di stenti in tenda perché
obbligata a lasciare la casa e le città sono state bombardate, tutte, come del
resto gli ospedali, tutti e 36, impedendo ai paramedici di evacuare i nati
prematuri, morti soffocati nelle incubatrici rimaste senza corrente, e
sì, Israele fa saltare in aria le ambulanze per impedire di soccorrere i
feriti pure quando ferita è una bambina di cinque anni, e sì, prima
l’esercito spara all’ambulanza che tenta di soccorrerla, poi alla piccola, e
bombarda le chiese cattoliche, le panetterie, le scuole dell’Onu, bombarda le
tendopoli dove ha costretto i palestinesi a rifugiarsi per scampare ai
bombardamenti, e sì, l’80% degli edifici sono stati rasi al suolo o
danneggiati, i bulldozer hanno divelto i campi coltivati, le cisterne d’acqua,
i silos del grano perché i ministri israeliani si raccomandano che gli abitanti
di Gaza “non abbiano un posto dove fare ritorno” e sostengono che “far morire
di fame 2 milioni di palestinesi sarebbe giustificato e morale” e infatti i
palestinesi muoiono di fame o muoiono in fila per il pane, a decine ogni
giorno, compresi bambini, neonati in braccio alle mamme in attesa del latte in
polvere:
tutti uccisi dai colpi sparati sulla folla disarmata dall’esercito e dai contractors della “Gaza Humanitarian Foundation” che Israele ha costituito con gli Stati Uniti per sostituirsi all’Onu nella distribuzione del cibo, e sì, denuncia Unicef, Emergency, Oxfam, Medici Senza Frontiere, decine di bambini sono già morti per malnutrizione acuta e centinaia di camion di aiuti restano bloccati al confine mentre passano quelli carichi di farina con dentro i narcotici e se un ragazzino affamato entra in mare per pescare o rinfrescarsi viene ucciso dai cecchini, e sì, Israele impedisce l’ingresso della stampa internazionale per evitare che i giornalisti vedano e filmino quello che vedono e filmano i giornalisti palestinesi, unici testimoni e per questo ammazzati in numero superiore a quello di tutti i conflitti del Novecento,
e sì, ormai pure gli storici israeliani come Amos Goldberg, professore di Storia dell’Olocausto dell’Università ebraica di Gerusalemme, lo definiscono “un genocidio” come ritiene plausibile l’Alta Corte di Giustizia dell’Onu, e sì, sul premier israeliano Netanyahu e l’ex ministro Gallant pendono mandati di cattura per crimini di guerra e contro l’umanità della Corte Penale Internazionale, e sì, Israele bombarda quattro Stati sovrani e fa strage di civili anche lì, continua a espandere gli insediamenti illegali nei territori palestinesi occupati in violazione del diritto internazionale e fa strage di civili anche lì, in Cisgiordania, dove non ci sono gli ostaggi israeliani, non c’è Hamas ma oltre mille palestinesi sono morti ammazzati dal 7 Ottobre per mano dei soldati o dei coloni armati dal governo, e sì: il ministro Gallant in persona ha presentato una milizia armata di coloni illegali che danno fuoco alle case e se i palestinesi si oppongono vengono uccisi o rapiti, oltre duemila, anche donne e bambini sbattuti senza processo in carceri dove, denuncia Amnesty, si pratica sistematicamente la tortura con i testimoni – israeliani – che raccontano di oggetti infilati a forza nell’ano dei prigionieri fino a lacerare gli organi interni, e sì, 14 ministri scrivono a Netanyahu esortandolo ad annettere tutta la Cisgiordania, gli stessi che definiscono i palestinesi “non umani ma bestie” e “tutti colpevoli, anche i bambini” e suggeriscono di separare le donne dagli uomini per poi uccidere gli uomini,
e sì, Stati Uniti, Ue, governo italiano sono complici, Mattarella è silente, sono lì a comminare 18 pacchetti di sanzioni alla Russia e zero a Israele, armare l’Ucraina perché è invasa e Israele perché invade, e sì, è un doppio standard insostenibile e il trauma infantile a Gaza non ha pari al mondo: 40 mila bambini hanno perso i genitori, sono mutilati, denutriti, soffrono d’ansia, malnutrizione, regressione, mutismo, si pisciano addosso e gli psicologi hanno coniato un nome per questa condizione finora sconosciuta: “sindrome palestinese”.
Sì,
è tutto documentato, ora però passiamo alle notizie. Passiamo alla pagina
sportiva, passiamo al look degli invitati alle nozze di Bezos, passiamo al
meteorite battuto all’asta da Sotheby, passiamo al Dna di uno che preleva i
campioni di Dna trovato su un campione di Dna, passiamo alla giornata mondiale
del gatto, del topo, della lasagna; alla giornata mondiale delle giornate
mondiali istituita per celebrare i giornalisti che parlano delle giornate
mondiali invece che del genocidio. Passiamo al caldo, al freddo, al fresco,
alla dieta proteica, al traffico intenso, alla Nasa che ha scoperto un pianeta.
Un Pianeta! Nell’Universo!! Pensavate ci fossero solo i nove del sistema
solare? Otto, da quando Plutone è stato declassato a pianeta nano. Passiamo al
ricorso dei legali di Plutone. Sentiamo l’esperto, il criminologo,
l’armocromista, l’oroscopista, il bambino prodigio, il cane eroe, sentiamo uno
di Italia Viva, sentiamo uno di Forza Italia che prima stava nel Pd, sentiamo
uno del Pd che prima stava in Forza Italia e per questa edizione è tutto.
FIRENZE: MASSACRANO GLI ALBERI
Succede al Romito. Nel rigoroso silenzio di
Palazzo Vecchio e della Regione Toscana: non informano, nemmeno rispondono. Ma
altre carte parlano: scavi TAV in area ad acclarata alta pericolosità idraulica!
Cantava Franco Fortini: “La terra non respira
abbastanza”. E osservava: “La storia del giardino e della città /non interessa.
Non abbiamo tempo / per disegnare le foglie e gli insetti / o sedere alla luce
candida / lunghe ore a lavorare”. Sembrano versi ritagliati sulla Firenze del
terzo millennio, orgogliosamente all’avanguardia – a fin di bene, s’intende! - nella
sostituzione semantica e paesaggistica del verde col green.Ultimo episodio, la cantierizzazione a sorpresa
del quartiere del Romito, fra via Crimea e via Cosseria, colpevole di affacciarsi
su un torrente che – dopo lustri di carte di progetto ammuffite nei cassetti
degli organi tecnici – improvvisamente è chiamato a un ‘adeguamento idraulico’ immediatamente
esecutivo. Nessun dibattito pubblico ha permesso di conoscerlo, valutarlo,
discuterlo, eventualmente contestarlo. Anche chi – come Idra – studia e segue dagli
esordi la vicenda, e ha tentato di portare un contributo, di interferire
costruttivamente rivolgendosi alla Direzione difesa del suolo e protezione
civile della Regione Toscana, si è trovato di fronte il classico muro di gomma
(si aspetta un riscontro da gennaio).
Fino al giorno in cui, il 14 luglio, qualcuno ha scritto
all’associazione lanciando l’allarme: sono arrivati i camion e le gru e le
barriere e le soste vietate! Messaggio chiaro: il quartiere è accerchiato, c’è
solo da arrendersi! Persino all’ultimo appello rivolto a questo punto al
sindaco e alla Regione per poter almeno leggere le carte del progetto non si
registra risposta!All’art. 2 del suo statuto c’è scritto, alla voce ‘finalità’,
che Idra “svolge interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al
miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e
razionale delle risorse naturali”. E allora, pur nel clima orwelliano che ci avvolge,
dove verità è bufala, pace riarmo, salute fobia, normalità emergenza, natura artificio,
Idra continua a informare, coi mezzi che può, serenamente consapevole che telecamere,
microfoni e taccuini allineati e coperti non verranno meno al compito di censurare.Che succede dunque fra il ponte del Romito e l’ampio
fascio ferroviario che entra ed esce da Santa Maria Novella?
Si prepara l’eliminazione di un filare di splendidi
platani. Piantati decenni fa, hanno offerto ombra e riparo a generazioni di
fiorentini e non solo.I residenti che incrociamo sgranano gli occhi: all’oscuro
di tutto, impreparati! Una cosa è certa: ‘Con questi bambini e i loro
trabiccoli e le borse della spesa, adesso mi tocca parcheggiare la macchina a
500 metri da qui, perché all’improvviso ci hanno chiuso! Mi hanno detto: vai
dal sindaco e diglielo. Ma io non posso perdere un giorno di lavoro per andare
dal sindaco. Dovrebbe essere il sindaco, credo, il Comune, a informarci e a
spiegarci. Non sappiamo nulla di quello che hanno in mente di fare. E quanto
tempo durerà. E a che scopo’.‘Ma nemmeno una riunione hanno fatto, con gli
abitanti?’‘Sì, una, mi hanno detto, l’hanno fatta le
Ferrovie, ma non lo sapeva nessuno’, lamenta un altro ospite di questo folta e
fitta comunità. Ma, a cercarne traccia sul portale, si trova solo un titolo, senza
altri dati. Del resto, quale miglior momento del mese di luglio
per regalare a chi si è permesso una vacanza la sorpresa green al ritorno? A
Milano, la chiamerebbero forse rigenerazione urbana…
Di platani da abbattere sul lato Cosseria, di
fronte ai palazzi, ne contiamo sedici. Tutti, tranne uno, maestosi e apparentemente
robusti. Attorno a loro, una ricca nicchia ecologica destinata a sparire,
assieme alla piacevolezza del microclima che assicuravano. Pretese abbastanza
assurde, probabilmente, in una città che ha dimostrato di perseguire ben altri
e prestigiosi traguardi!Sull’altro lato del Mugnone, dice qualcuno,
dovrebbe saltare anche il filare di lecci e cipressi a ridosso dell’alto muro arginale.
Un lembo di città che era chiamato, una volta, ‘Boschetto della Rimembranza’,
prima che lì si abbattesse agli inizi del terzo millennio la scure delle opere
propedeutiche a Sua Maestà l’Alta Velocità: il raddoppio del sottopasso
stradale del viale Strozzi, il nuovo cavalcavia che dalle rampe del Romito
sovrappassa il viale, il doveroso corollario di danni al patrimonio arboreo
storico del quartiere. Quanto alla ‘vecchia’ strada che scendeva dal Romito verso
il centro, il nuovo progetto l’ha trasformata in un’ardita serpentina, con
doppio tornante, e un’avventurosa immissione sul movimentato viale Strozzi.
Ora, chi segue da un po’ di tempo per mestiere
civile questa caparbia trentennale sfida della TAV fiorentina sa che sotto
l’ampio delicato fascio ferroviario dei treni che entrano ed escono da Santa
Maria Novella si dovrà scavare un quarto foro accanto ai tre già esistenti.
Dovrà accogliere le acque del Mugnone tutte le volte che il torrente deciderà
di andare in piena e rischiare di far tappo ai ponti (come al Romito, l’ultima
volta, nel 1992). Chissà però se un fornice in più aiuterebbe davvero a prevenire
le esondazioni: parrebbe più saggio infatti mettere in sicurezza tutto il
torrente, manutenere la sua collina, restituire spazio, economia e dignità alla
sua campagna, da Vetta alle Croci in giù. Non sembra che il lontano sgrigliatore
al Manzolo (Fiesole) sia bastato a evitare ai passeggeri delle Frecce Rosse e
degli Italo, alle Cure, lo scorso 28 gennaio e, a ruota, il
14 marzo, l’emozione di
vedersi lambiti dalla furia delle acque già care a Calandrino.
Un gesto di
cultura civile e ambientale, un procedimento di urbanistica partecipata, risparmierebbe
magari al Romito quest’annunciato sconvolgimento. Non sembra aver considerato urgente questo ‘adeguamento
idraulico’, comunque, l’enorme scavo in corso a valle del fascio ferroviario, fra
viale Corsica e via Circondaria, per la stazione sotterranea Foster, tuttora
incompleto ma temerariamente ubicato nella zona a più elevato rischio idraulico
del quartiere, classificata nelle carte del Piano di Protezione Civile del
Comune di Firenze come a ‘pericolosità alta’. Si è provveduto per un’infrastruttura
così delicata ad effettuare una valutazione di impatto ambientale? Neanche per
sogno! Il sistema-Grande-Opera-a-tutti-i-costi si è fatto bastare la VIA realizzata
26 anni fa per un altro progetto poi accantonato, la stazione Zevi, che giaceva
però ad alcune centinaia di metri dal Mugnone, in un’area classificata a
pericolosità né alta né media, bensì bassa! Dove guardavano la giunta comunale
e quella regionale quando hanno avallato questo azzardo? Che precauzioni hanno
adottato tutte le giunte successive? E a cosa servono i decreti sulla sicurezza
delle gallerie ferroviarie se, persino nello scavo con le due frese fra Campo
di Marte e Castello, se ne disattendono le prescrizioni, come sono gli stessi
Vigili del Fuoco di Firenze ad attestare nero su bianco? Un documento che non
cessa di scottare.
Vorrà qualche magistratura accertare tempestivamente questi
fatti? Fatto sta che anche uno degli ultimi angoli di vivibilità
locale urbana sta perdendo qualità e attrattività. Se il centro storico è stato
svuotato dei suoi abitanti naturali, rimpinzato di forzati del turismo mordi,
selfie e fuggi, del resto, perché mai la rendita di posizione che il marchio
Firenze garantisce sul mercato internazionale dell’immagine non dovrebbe orientare
le scelte urbanistiche anche fuori dalla cintura dei viali?Associazione di volontariato Idra
ALTRE FOTO
Fino al giorno in cui, il 14 luglio, qualcuno ha scritto
all’associazione lanciando l’allarme: sono arrivati i camion e le gru e le
barriere e le soste vietate! Messaggio chiaro: il quartiere è accerchiato, c’è
solo da arrendersi!
MODERNITÀ E CONCEZIONE DEL POTERE
di
Franco Astengo
Lo
scontro aperto tra il Governo e la Magistratura rappresenta in questo momento
il punto più delicato emergente dalla crisi della nostra democrazia
costituzionale e dal presentarsi di quello che potremmo definire
tranquillamente "spostamento a destra" del contesto istituzionale.
Altri
elementi appaiono di fronte stridore in un contrasto che oltrepassa il
riferimento politico e investe in pieno quello ideologico sul terreno della
concezione dello Stato: ad esempio quello dell'educazione.
Da
qualche parte nell'affrontare questo tema della concezione dello Stato si tende
ad assimilare l'iniziativa della destra oggi al governo in Italia ad un
classico "ritorno all'indietro" analizzando i fattori (che pure si
presentano studiando i diversi passaggi) che ci richiamano alla tradizione
politico - culturale patrimonio del partito di maggioranza relativa: quella del
fascismo (anche se qui ci sarebbe da distinguere essendo la matrice missina
legata alla Repubblica di Salò mentre nell'immaginario del partito di
maggioranza relativa si sommano altri elementi abbastanza inquietanti come
quelli esoterici).
Per
affrontare questo stato di cose non basta però riflettere sul presentarsi di
elementi di indubbio "pragmatismo di governo" intesi quali punti di
contrasto con una visione rivolta all'indietro accreditando così l'azione di
governo alla "modernità" e relegando in secondo piano la visione
ideologica.
Il punto di partenza per un ragionamento di merito riguarda proprio
la Magistratura che ha svolto sempre di più funzioni di supplenza al riguardo
della determinazione degli equilibri politici e degli stessi orientamenti
legislativi, intervenendo addirittura su temi di diretta pertinenza al
riguardo delle fonti stesse di legittimazione delle sedi legislative: si pensi
al tema della legge elettorale senza addentrarci in temi di stretta attualità.
Inoltre i confini del potere politico appaiono confusi rispetto a
quelli del potere economico: su questo punto è avvenuto, sempre per restare
nell’ambito dell’Occidente e ancor più in specifico del “caso italiano”, una
surrettizia (e non completata) “cessione di sovranità” verso le
istituzioni monetarie e finanziarie dell’Unione Europea (queste, tra l’altro,
prive di una legittimazione politica complessiva che dovrebbe essere proprietà
soltanto del Parlamento Europeo, provvisto però di una capacità d’incidenza
concreta molto limitata, come abbiamo ben verificato nel corso degli ultimi
episodi di fortissima crisi internazionale).
Questa labilità dei confini tra l'economico e il politico è tra
l'altro tra le cause di una situazione post-globalizzazione che sta generando
quella realtà contrassegnata da eventi bellici e di nuova guerra commerciale
che troviamo all'ordine del giorno.
Uno spunto di riflessione ulteriore può essere suggerito, a questo
punto, da un aggiornamento d’analisi al riguardo della teoria della
“microfisica del potere” elaborata a suo tempo da Michel Foucault per
rispondere proprio all’evidenziarsi di quella “confusione tra i poteri” cui si
è appena accennato.
La teoria del filosofo francese considera il potere come una
risorsa che circola attraverso un’organizzazione reticolare.
Il potere non si concentra più al vertice ma si disperde nella
società attraverso gli individui: è la tesi della “inflazione del potere” cui
Luhmann risponde considerandola come fonte dell’ingovernabilità con la teoria
della riduzione del rapporto tra politica e società, e di conseguenza con
una sorta di ritorno a forme “decisionistiche” di tipo quasi assolutiste.
Si tratterebbe in sostanza di prendere atto della necessità di un
potere sovraordinato rispetto al venir meno di confini netti tra potere
economico, politico, ideologico, tra poteri costituenti e poteri costituiti
oppure ancora tra esecutivo, legislativo, giudiziario.
Sorge però a questo proposito una domanda cruciale: come potrà
costituirsi, nel concreto, questo potere sovraordinato?
Una possibile risposta può venire proprio dall’analisi
dell’attualità del caso italiano.
La risposta può venire dalla finzione, dalla messa in scena di un
potere esclusivamente immaginario esercitato in via personale da un attore
capace di interpretare il flusso degli strumenti mediatici (orientati, tra
l’altro, sempre più verso il consumo individuale di notizie e di fittizi
rapporti sociali e di trasmissione di idee).
Nel "caso italiano" è già stato tentato (e fallito) il
salto diretto dalla presidenza del consiglio a quella della repubblica che
potrebbe essere ritentato nella prossima occasione utile considerate le
difficoltà che l'ipotesi di premierato sta incontrando sia nelle valutazioni di
merito sia sul piano più propriamente politico.
Il
punto di una possibile saldatura nell'azione di governo tra una sorta di
"ideologia dell'immaginario" e un "pragmatismo della
modernità" si troverebbe invece in un cambiamento radicale nella
concezione del potere rispetto alla tradizione liberale: ed è un punto di
assoluta pericolosità per l'avvenire della democrazia (nella fattispecie di
quella repubblicana sancita dalla Costituzione del 1948).

E. J. Sieyès
Forse vale la pena riflettere al meglio su questi elementi di
novità al fine di comprendere davvero ciò che sta accadendo attorno a noi.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di attrezzarci al meglio
sul piano teorico: sicuramente, sotto quest’aspetto il concetto e la
conseguente percezione esterna del potere sono mutati nella valutazione di
larga parte dell’opinione pubblica, almeno in Occidente.
Un elemento sul quale, con ogni probabilità, il fattore
globalizzazione ha inciso in maniera inferiore rispetto ad altre tematiche
come, invece, quelle riguardanti la finanziarizzazione dell’economia, la
standardizzazione dei meccanismi comunicativi, l’apertura ai flussi di
migrazione: tutti fenomeni che nell’ultimo ventennio hanno registrato un forte
incremento nel loro peso specifico sulla realtà politica, economica, sociale.
Nello sviluppo del pensiero umano il concetto di potere è sempre
stato suddiviso in “comparti” (per così dire).
Nella modernità attorno al concetto di potere abbiamo trovato
espressi fattori come potenza, forza, influenza tutti utilizzati al fine di
realizzare il condizionamento sociale per trovare obbedienza a un comando che
contenga un determinato contenuto.
Su queste basi era maturato il concetto fondamentale di
separazione dei poteri (Locke, Montesquieu, Sieyès) destinata a diventare il
cardine dello Stato di diritto.
In particolare l’abate Sieyès, con la sua teorizzazione dei
rapporti tra potere costituente e poteri costituiti, pone le basi per la teoria
moderna della Costituzione.

Il testo della Costituzione deve essere così inteso come atto
normativo mirante a definire e disciplinare la titolarità e l’esercizio del
potere sovrano.
Da questa concezione del potere e del suo esercizio che, a questo
punto, potrebbe essere definita come “classica” è derivata concretamente
l’attuazione del principio della separazione dei poteri: tra potere legislativo
e potere esecutivo da un lato, e tra potere giudiziario e potere legislativo
dall’altro.
Su queste basi prendeva corpo l’idea della Centralità del
Parlamento, che sovraintende – tra l’altro – all’intero impianto istituzionale
previsto dalla Costituzione Italiana del 1948.
Oggi, non soltanto in Italia, questo schema si sta rapidamente
modificando.
Lo Stato legislativo ha ormai lasciato il posto allo Stato
governativo che produce una sorta di “inflazione normativa” nella forma di
decreti e decisioni particolaristiche (è sufficiente esaminare il lavoro del
Parlamento Italiano nel corso degli ultimi trent’anni).
In questo quadro l'azione del governo di destra trova il suo
spazio non semplicemente riferito al "ritorno all'indietro" o a una
mera concezione totalitaristica: il tema è quello della "concezione dello
stato" e l'opposizione non può limitarsi al semplice terreno politico,
occorre "cercare ancora" e molto più a fondo.
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