UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

martedì 22 luglio 2025

LETTERE DAL SUD
di Anna Rutigliano


 
Indifferenti senza scrupoli

Caro Angelo,
rileggendo il tuo articolo “Detrattori”, dello scorso sabato 19 luglio, circa il rapporto di buona condotta fra abitanti e territorio ad essi circostante, mi è venuta in mente l’immagine, purtroppo triste, che quotidianamente si presenta ai miei occhi e che mi provoca una certa rabbia, per l’impotenza a non poter individuare certi esseri disumani: percorrendo la cosiddetta via “vecchia Molfetta”, si alternano, da destra a sinistra, bustoni neri, verdi, insomma di tutti i colori, a deturpare un paesaggio che consta di generosi ulivi e delicati fiorellini spontanei. La questione non è soltanto di natura estetica: oltre a vilipendere il paesaggio nella sua naturale bellezza, gli indifferenti senza scrupolo, non si rendono conto che lo smaltimento improprio e illegale dei rifiuti metta gravemente a rischio non solo la biodiversità ma anche la stessa salute umana, inclusa quella propria degli indifferenti al territorio, appunto. Le numerose campagne di sensibilizzazione non bastano a frenare la cecità di spirito di costoro. E cosa dire dei gravi incendi dolosi che da giorni devastano il territorio foggiano fra Manfredonia e Zapponeta, la zona che interessa l’area protetta, fra le più importanti d’Europa, del Lago Salso? Il rapporto di Legambiente “Ecomafia 2025” denuncia un dato significativo e preoccupante: il 10,2% degli ecoreati è stato rilevato nella regione Puglia in cui si registra il più alto numero di arresti rispetto alle restanti regioni del Bel Paese. Avrà mai fine questo “orrido dominante”?

PIGOLII PAPALI
di Luigi Mazzella

Il Papa a cavallo
 
Da un piglio ruspante a uno ragionieristico.
 
Prima domanda: Nell’Occidente delle cinque follie irrazionali, dimostratesi, nel corso di più di venti secoli, irrealizzabili (o asseritamente realizzate con ecatombe di vite umane e con l’arricchimento di ristrette nomenclature di privilegiati) vi sono mai state e vi sono “Autorità Morali”? In passato, quelle che pretendevano di essere tali si sono rese, proprio esse, promotrici di guerre definite “sante” o collaboratrici silenti di cosiddette “pulizie etniche” dei popoli indigeni. Oggi la Chiesa Cattolica, al probabile fine di farsi perdonare crociate e genocidi atroci nel Centro-America, inquisizioni e patiboli nelle pubbliche piazze di Roma (e non solo) fa sentire la sua voce in difesa della pace, con un piglio che oscilla tra quello “ruspante e graffiante” di Francesco e quello “lamentoso e ragionieristico” di Leone XIV. E ciò, a parte la consueta, ben nota, tradizionale, antica duplicità del lessico ecclesiale: che se riesce ad essere, talvolta, espresso e univoco quando è pontificale resta sempre appena sussurrato se non del tutto taciuto (e quindi, fondamentalmente ambiguo) quando è curiale.
Seconda domanda: indipendentemente da ciò, quali sono i margini di efficacia dell’azione di un’Autorità cosiddetta Morale in un momento in cui il cupio dissolvi Occidentale sembra voler raggiungere il suo diapason e concludere il suo iter autodistruttivo?
In altre parole, potranno mai le flebili grida di dolore di un Papa (che pur di “leonino” ha certamente il nome) prevalere: 
a) sulle smargiasse guasconate di un Emmanuel Macron, che rivendica il ruolo di Napoleone del Terzo Millennio e quello, minore, di d’Artagnan?    
b) sulle speranze di rinascita di una Germania uber alles, coltivate da un Metz dal collo rigido (tutt’altro, quindi, che “obtorto”)?
c) sulle malinconie da occasioni perdute di una Meloni tremebonda, impaurita e rannicchiata nell’abbraccio di un collega del Governo che è certamente di ragguardevoli proporzioni fisiche ma che Totò avrebbe potuto mettere in difficoltà con una semplice battuta?
In un caso, come quello attuale, di rapporti internazionali molto complessi e di tesi propagandistiche così strampalate da apparire extra ordinem, di conflitti diplomatici di particolare acredine e di assoluta malafede, la voce del Vaticano per essere ascoltata dovrebbe essere paragonabile al ruggito del Leone della Metro Goldwin Mayer. E, invece da piazza San Pietro si levano solo deboli segnali di pseudo-protesta contro una delle due sedi della guerra (quella israeliana). Anche installare microfoni e altoparlanti potenti per ampliare il suono dei deboli lai percepibili sarebbe del tutto inutile. Difficilmente essi potrebbero giungere alle orecchie degli occupanti dei palazzi dove c’è il vero potere, quello che conta. E ciò, senza dire che la domanda, a suo tempo fatta da Adolf Hitler su quante divisioni corazzate avesse il Vaticano è divenuta di dominio comune. 
Conclusione: Il miagolio, appena percepibile dai palazzi Vaticani sembra destinato a unirsi ai mesti e lamentosi inviti alla pace del Ministro degli Esteri dello Stato Italiano, la cui voce pacifista, comunque, riesce a essere persino meno ambigua e subdola di quella della Presidente del Consiglio (e del suo Ministro della Difesa il cui Dicastero, dopo la dichiarazione di co-belligeranza con Zelensky, sarebbe più proprio chiamare ormai “della Guerra”).
 

 

 

 

 

IL SOL DELL’AVVENIRE
di Franco Astengo


Opera di Max Hamlet

Siamo di fronte a un momento senza precedenti: la rivoluzione agricola richiese millenni, quella industriale secoli, la trasformazione tecnologica è già avvenuta in pochi decenni. Ora è tempo di farla evolvere. È oggi che plasmiamo le fondamenta della prossima società.
 
Così Luciano Floridi inquadra lo stato di cose in atto con un suo saggio “L’era digitale richiede responsabilità” pubblicato da “La Lettura” del Corriere della Sera il 20 luglio.
Floridi prosegue: “In molti contesti si parla ancora di tecnologie emergenti come se il digitale fosse una novità. Ma la rivoluzione digitale è già avvenuta da decenni: è tempo di farla evolvere nella direzione che preferiamo. Siamo di fronte ad un momento senza precedenti, a differenza delle rivoluzioni agricola e industriale, che richiesero millenni la prima e secoli la seconda per dispiegarsi, la trasformazione digitale sta avvenendo in pochi decenni.
Lo stordimento è comprensibile, ma trattarla ancora come un'innovazione è un errore che rischia di diventare alibi per l'inazione. E' oggi che plasmiamo le fondamenta ancora malleabili della società futura. Dalla crisi dei rapporti internazionali ai cambiamenti climatici, dalla non equità economica alle migrazioni, dalle guerre alle violenze sulle minoranze le soluzioni partono dalla politica e quindi anche dalla creazione di una società digitale migliore, trasformando il possibile in preferibile. Se non interveniamo ora, gli errori diventeranno sempre più difficili da correggere e le opportunità mancate sempre più irrecuperabili.
L’autore aggiunge: C’è il rischio di una oligarchia digitale formata da alcuni Paesi con capacità avanzate, grandi aziende tecnologiche e pochi individui, il famoso 1 per cento. Unicamente con maggiori e migliori conoscenze, democrazia, politica si può governare la transizione senza subirla.
Sorprendentemente (ma non troppo almeno per chi ha sempre e comunque cercato di analizzare la strutturalità delle fratture sociali andando oltre lo schema di Lipset e Rokkan) arrivano risposte radicali a questo tipo di interrogativi.


Ne citiamo due:
A) quella della politologa albanese Lea Ypi autrice di un recente testo Confini di Classe pubblicato da Feltrinelli. La Ypi risponde, tra le altre, ad una domanda sulla creazione della coscienza di classe richiamando la funzione di partiti e movimenti per la costruzione di una egemonia del discorso recuperando un modello di partito inteso gramscianamente come “Moderno Principe”. In sostanza una direzione “diffusa” con un concetto di relazione tra verticalità e orizzontalità nella direzione politica posto in grado  di esprimere tre elementi critici rispetto al modello passato: 1) la solidarietà nella massa, senza il vincolo stretto della dimensione puramente ideologica; 2) l’espressione di questa solidarietà come egemonia verso l’intera classe; 3) una direzione “larga” composta non soltanto da rivoluzionari professionali ma da quadri diffusi sul territorio e nella società capaci di introdurre anche elementi di “parzialità” nel rapporto con il partito e di forte, ragionato, ricambio nella formazione dei gruppi. Una visione originale dunque della “via consiliare” sulla quale forse, pensando a una strutturazione politica della classe adeguata alla complessità dell’oggi, vale la pena di sviluppare qualche riflessione sul piano teorico.
B) quella di Alessandro Sahebi nel suo Questione di classe (Mondadori) dove sostiene come il pensiero dominante ci ha convinto che la felicità sia una conquista individuale, non collettiva. Ma è solo l’ennesimo inganno di un sistema ingiusto, che alimenta la competizione e l’egoismo per dividerci. Un’alternativa esiste ed è collaborare, condividere, immaginare una società in cui stare bene non sia un privilegio per pochi, ma un diritto di tutti. Realizzarla non è solo un desiderio, è un atto politico necessario. Per compiere questo atto politico l’autore indica molto semplicemente l’orizzonte del socialismo riscoprendo in pieno il tema marxiano dell’alienazione del lavoro.

 
Valeva la pena di riprendere gli interrogativi di Floridi e di accostarli alle risposte di Ypi e Sahebi (in questa sede pur riassunte molto schematicamente) perché ci richiamano a una necessità che, in questo frangente storico, ci appare imprescindibile: è urgente rinnovare un tentativo per affrontare questo tema partendo da un punto fermo: l’inevitabilità di ricostruire una coscienza e una volontà politica. La coscienza della propria appartenenza e la volontà politica di determinare il cambiamento rimangono fattori insuperabili e necessari come motore di qualsivoglia iniziativa della trasformazione dello stato presente delle cose. Attenzione però lo stato presente delle cose va cambiato sia nel senso della condizione oggettiva della nostra esistenza sia in quello dell’assunzione di una consapevolezza soggettiva del vivere con gli altri. Da questa consapevolezza tra individuale e collettivo “si realizza la vita d’insieme che è solo la forza sociale, si crea il blocco storico” (Gramsci Quaderno 11). Come auspicava Luckas la coscienza di classe trova il suo superamento nell’universale riconoscimento della propria appartenenza al genere umano.
E l’utopia del sol dell’avvenire: ben venga se elaborata guardando al futuro senza rimpianti.

BOLERO
 
M. Ravel

Appuntamento il 24 luglio a Soverato, le celebrazioni per i 150 anni dalla nascita di Ravel proseguono il 1° agosto con Sergio Bernal a Scolacium.
 
Archiviata con successo un’altra serata entusiasmante per la venticinquesima edizione di Armonie d’Arte Festival. Protagonista assoluto al Parco Scolacium di Borgia un Raphael Gualazzi in grande spolvero: pubblico in visibilio per un artista dalla grande sapienza tecnica, generosa creatività e innata eleganza musicale, accompagnato per l’occasione dall’Orchestra Sinfonica Brutia, particolarmente a suo agio negli arrangiamenti di Stefano Nanni e diretta dal M° Marco Codamo, direttore dal gesto limpido e puntuale. Ora si torna all’Orto Botanico di Soverato ma, soprattutto, si apre una preziosa parentesi: quella dedicata alla danza.
 


Doppio appuntamento, dapprima a Soverato e poi di nuovo a Scolacium, con un duplice omaggio a Maurice Ravel nei 150 anni dalla sua nascita.
 
Si inizia il 24 luglio, ore 22, al Giardino “Santicelli” con BOLERO / LOOP ESCAPE, un lavoro di grande impatto emotivo: la danza penetra il fascino intramontabile del Bolero, il suo incantamento ritmico, e restituisce un'ipnotica poesia dei corpi, per poi generare, anche con l’innesto di musica elettronica, un loop avvolgente, catturante, in una escalation che alterna frenesia e sospensione, fuga e rincorsa, per la conclusiva esplosione totale che riconduce, al fine, ad una superiore estatica ed eterna armonia.



Di Salvatore De Simone, danzatore coreografo junior di Wayne Mcgregor Company, e Filippo Stabile, danzatore e coreografo di Create Danza, prima assoluta e produzione di Armonie d'Arte Festival con Ramificazioni Festival sulle musiche originali di Maurice Ravel e la musica elettronica di Vincenzo Palermo. Due giovani artisti coreografi di profilo internazionale si misurano con un titolo immenso e si propongono di rigenerarlo alla luce della creatività musicale e coreutica contemporanea, traghettando un tema e un ritmo notissimo e seducente in un nuovo lavoro che possa nel contempo alimentarne il tratto ossessivo ma anche superarlo per una nuova dimensione di armonia.
Il tema del Bolero continua poi il 1° agosto a Scolacium con il danzatore e star internazionale Sergio Bernal ed uno spettacolo di straordinaria fascinazione, tra vertiginosi assolo e raffinati pas de deux e pas de trois, con musicisti e cantante in scena.



Dopo un concerto che porteremo senz'altro nel cuore, arriva adesso la danza contemporanea, con uno spettacolo veramente catturante, ipnotico a tratti e sempre avvolgente, dalla straordinaria visione coreutica e registica che restituisce una dimensione e un livello assolutamente europeo.
Pregio assoluto di ogni aspetto, è certamente un lavoro che farà parlare di sé”. Ad affermarlo è il Direttore Artistico e Founder di Armonie d’Arte, Chiara Giordano.
Appuntamento, dunque, il 24 luglio a Soverato con Bolero/Loop Escape, mentre tutte le info e gli approfondimenti sui prossimi eventi in cartellone sono su www.armoniedarte.com e i canali social dedicati.

lunedì 21 luglio 2025

CALDO ESTREMO: CONOSCERLO E DIFENDERSI
di Zaccaria Gallo


Il cambiamento climatico, e l’aumento della temperatura atmosferica, diventerà sempre più una sfida significativa per la salute pubblica. Già ora, la vita e la salute umana, in vari modi, ne vengono condizionate, in maniera negativa, con effetti sull’aria, l’acqua potabile, l’approvvigionamento alimentare e la diffusione di malattie. Ecco perché, in questi giorni, è importante non dimenticare che, l’esposizione al caldo estremo, può essere causa di diversi esiti sanitari sfavorevoli e che, le persone che soffrono di patologie pregresse, o esistenti al momento, e gli anziani (che spesso hanno una ridotta capacità di termoregolazione e soffrono per malattie croniche che li rendono più suscettibili agli effetti del caldo), come tutti coloro che versano in condizioni economiche precarie o in povertà, sono molto più in pericolo di altri. In caso di temperature molto alte, e caldo estremo, siamo tutti vulnerabili e, in particolare, siamo portati a pensare subito alla manifestazione più acuta e drammatica dei colpi di calore e della disidratazione. I disturbi da temperature elevate, invece, possono essere correlate a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, respiratorie, renali e mentali. Dal punto di vista epidemiologico, infatti, durante i periodi di caldo estremo, si verificano aumenti della ospedalizzazione e purtroppo di decessi per infarto, ictus, esacerbazione di crisi respiratorie e insufficienza renale. 



Il caldo estremo ha poi effetti fortemente negativi anche sulla salute mentale: aumentano i disturbi legati all’ansia, depressione e a risposte aggressive nei confronti di persone, cose e ambiente. Quella che viene messa in pericolo è la capacità del nostro organismo di adattarsi alle temperature esterne estreme, fredde o calde che siano, e che ha nome di termoregolazione. È il meccanismo che tende a mantenere costante la temperatura dell’organismo. Tale processo raggiunge un alto grado di perfezione negli animali omeotermi (mammiferi, uccelli e uomini, a sangue caldo), perché dotati di un sistema di regolazione involontario, basato sull’equilibrio di due fenomeni: la produzione e la dispersione del calore. Gli organismi viventi ricevono calore per irraggiamento dal Sole e dai corpi caldi che li circondano. 



L’energia acquisita può essere controllata in modo che non aumenti attraverso l’evaporazione dallo stato liquido a quello di vapore, e conduce a un raffreddamento interno e esterno della pelle. Tutto il meccanismo della termoregolazione è sotto il controllo del nostro Sistema Nervoso, perché è lì che si trovano nuclei di cellule denominati centri termoregolatori. I centri termoregolatori sono dunque piccole aree del nostro cervello, che controllano la temperatura corporea, mantenendola stabile, attorno ai 37°. Il principale centro termoregolatore è situato nell’ipotalamo, sotto alla corteccia cerebrale. L’ipotalamo riceve informazioni sulla temperatura corporea da termo- recettori, sia centrali (nel sangue) che periferici (nella pelle).



In base a queste informazioni, l’ipotalamo attiva meccanismi, per aumentare o diminuire la produzione di calore e per disperderlo, mantenendo l’equilibrio termico del corpo. Nell’uomo, il valore di riferimento del sistema di controllo della temperatura è, come dicevamo, è di 37 °. Questa temperatura può essere modificata da certe condizioni patologiche che portano a un aumento (febbre). Sappiamo che, d’altra parte, anche in questi casi, la temperatura interna non deve aumentare oltre una certa soglia, altrimenti si ha una “termoregolazione sballata”. Essa si manifesterà come una intolleranza al caldo, difficoltà a sopportare temperature elevate, sudorazione profusa, debolezza, vertigini, cefalea, nausea, vomito, crampi muscolari e, nei casi più gravi, portare a svenimenti e confusione mentale. Nel caso estremo del colpo di calore, la temperatura corporea può aumentare rapidissimamente (in 10 o 15 minuti), la pressione arteriosa diminuire repentinamente, la pelle apparire secca ed arrossata, per cessazione della sudorazione e, nei casi più seri, essere causa di gravi danni a carico degli organi interni. Il malessere da caldo, allora, non va mai sottovalutato né mai bisogna omettere tutto ciò che può prevenirlo o alleviarlo. È importante riconoscere i segnali di allarme che ho descritto, chiamare sempre un medico, o una struttura sanitaria di pronto intervento (il 118) e, nell’attesa, distendere la persona in luogo fresco e ventilato, con le gambe sollevate rispetto al resto del corpo, porre una borsa di ghiaccio sulla testa, avvolgerlo in un lenzuolo bagnato in acqua fredda (o, talora, anche in alcool denaturato) e reidratare con abbondante acqua, senza somministrare bevande alcoliche.

I CRIMINI DI ISRAELE
di Francesca Fornario



Sì, a Gaza l’esercito israeliano ha ucciso almeno 60 mila palestinesi, in maggioranza donne e bambini, e sìLancet valuta che le vittime siano il 40% in più e circolano stime ben peggiori, e sì, l’intera popolazione della Striscia – 90% – vive di stenti in tenda perché obbligata a lasciare la casa e le città sono state bombardate, tutte, come del resto gli ospedali, tutti e 36, impedendo ai paramedici di evacuare i nati prematuri, morti soffocati nelle incubatrici rimaste senza corrente, e sì, Israele fa saltare in aria le ambulanze per impedire di soccorrere i feriti pure quando ferita è una bambina di cinque anni, e sì, prima l’esercito spara all’ambulanza che tenta di soccorrerla, poi alla piccola, e bombarda le chiese cattoliche, le panetterie, le scuole dell’Onu, bombarda le tendopoli dove ha costretto i palestinesi a rifugiarsi per scampare ai bombardamenti, e sì, l’80% degli edifici sono stati rasi al suolo o danneggiati, i bulldozer hanno divelto i campi coltivati, le cisterne d’acqua, i silos del grano perché i ministri israeliani si raccomandano che gli abitanti di Gaza “non abbiano un posto dove fare ritorno” e sostengono che “far morire di fame 2 milioni di palestinesi sarebbe giustificato e morale” e infatti i palestinesi muoiono di fame o muoiono in fila per il pane, a decine ogni giorno, compresi bambini, neonati in braccio alle mamme in attesa del latte in polvere: 



tutti uccisi dai colpi sparati sulla folla disarmata dall’esercito e dai contractors della “Gaza Humanitarian Foundation” che Israele ha costituito con gli Stati Uniti per sostituirsi all’Onu nella distribuzione del cibo, e sì, denuncia Unicef, Emergency, Oxfam, Medici Senza Frontiere, decine di bambini sono già morti per malnutrizione acuta e centinaia di camion di aiuti restano bloccati al confine mentre passano quelli carichi di farina con dentro i narcotici e se un ragazzino affamato entra in mare per pescare o rinfrescarsi viene ucciso dai cecchini, e sì, Israele impedisce l’ingresso della stampa internazionale per evitare che i giornalisti vedano e filmino quello che vedono e filmano i giornalisti palestinesi, unici testimoni e per questo ammazzati in numero superiore a quello di tutti i conflitti del Novecento, 



e sì, ormai pure gli storici israeliani come Amos Goldberg, professore di Storia dell’Olocausto dell’Università ebraica di Gerusalemme, lo definiscono “un genocidio” come ritiene plausibile l’Alta Corte di Giustizia dell’Onu, e sì, sul premier israeliano Netanyahu e l’ex ministro Gallant pendono mandati di cattura per crimini di guerra e contro l’umanità della Corte Penale Internazionale, e sì, Israele bombarda quattro Stati sovrani e fa strage di civili anche lì, continua a espandere gli insediamenti illegali nei territori palestinesi occupati in violazione del diritto internazionale e fa strage di civili anche lì, in Cisgiordania, dove non ci sono gli ostaggi israeliani, non c’è Hamas ma oltre mille palestinesi sono morti ammazzati dal 7 Ottobre per mano dei soldati o dei coloni armati dal governo, e sì: il ministro Gallant in persona ha presentato una milizia armata di coloni illegali che danno fuoco alle case e se i palestinesi si oppongono vengono uccisi o rapiti, oltre duemila, anche donne e bambini sbattuti senza processo in carceri dove, denuncia Amnesty, si pratica sistematicamente la tortura con i testimoni – israeliani – che raccontano di oggetti infilati a forza nell’ano dei prigionieri fino a lacerare gli organi interni, e sì, 14 ministri scrivono a Netanyahu esortandolo ad annettere tutta la Cisgiordania, gli stessi che definiscono i palestinesi “non umani ma bestie” e “tutti colpevoli, anche i bambini” e suggeriscono di separare le donne dagli uomini per poi uccidere gli uomini, 



e sì, Stati Uniti, Ue, governo italiano sono complici, Mattarella è silente, sono lì a comminare 18 pacchetti di sanzioni alla Russia e zero a Israele, armare l’Ucraina perché è invasa e Israele perché invade, e sì, è un doppio standard insostenibile e il trauma infantile a Gaza non ha pari al mondo: 40 mila bambini hanno perso i genitori, sono mutilati, denutriti, soffrono d’ansia, malnutrizione, regressione, mutismo, si pisciano addosso e gli psicologi hanno coniato un nome per questa condizione finora sconosciuta: “sindrome palestinese”.



, è tutto documentato, ora però passiamo alle notizie. Passiamo alla pagina sportiva, passiamo al look degli invitati alle nozze di Bezos, passiamo al meteorite battuto all’asta da Sotheby, passiamo al Dna di uno che preleva i campioni di Dna trovato su un campione di Dna, passiamo alla giornata mondiale del gatto, del topo, della lasagna; alla giornata mondiale delle giornate mondiali istituita per celebrare i giornalisti che parlano delle giornate mondiali invece che del genocidio. Passiamo al caldo, al freddo, al fresco, alla dieta proteica, al traffico intenso, alla Nasa che ha scoperto un pianeta. Un Pianeta! Nell’Universo!! Pensavate ci fossero solo i nove del sistema solare? Otto, da quando Plutone è stato declassato a pianeta nano. Passiamo al ricorso dei legali di Plutone. Sentiamo l’esperto, il criminologo, l’armocromista, l’oroscopista, il bambino prodigio, il cane eroe, sentiamo uno di Italia Viva, sentiamo uno di Forza Italia che prima stava nel Pd, sentiamo uno del Pd che prima stava in Forza Italia e per questa edizione è tutto.

 

FIRENZE: MASSACRANO GLI ALBERI

 
Succede al Romito. Nel rigoroso silenzio di Palazzo Vecchio e della Regione Toscana: non informano, nemmeno rispondono. Ma altre carte parlano: scavi TAV in area ad acclarata alta pericolosità idraulica!

 
Cantava Franco Fortini: “La terra non respira abbastanza”. E osservava: “La storia del giardino e della città /non interessa. Non abbiamo tempo / per disegnare le foglie e gli insetti / o sedere alla luce candida / lunghe ore a lavorare”. Sembrano versi ritagliati sulla Firenze del terzo millennio, orgogliosamente all’avanguardia – a fin di bene, s’intende! - nella sostituzione semantica e paesaggistica del verde col green.
Ultimo episodio, la cantierizzazione a sorpresa del quartiere del Romito, fra via Crimea e via Cosseria, colpevole di affacciarsi su un torrente che – dopo lustri di carte di progetto ammuffite nei cassetti degli organi tecnici – improvvisamente è chiamato a un ‘adeguamento idraulico’ immediatamente esecutivo. Nessun dibattito pubblico ha permesso di conoscerlo, valutarlo, discuterlo, eventualmente contestarlo. Anche chi – come Idra – studia e segue dagli esordi la vicenda, e ha tentato di portare un contributo, di interferire costruttivamente rivolgendosi alla Direzione difesa del suolo e protezione civile della Regione Toscana, si è trovato di fronte il classico muro di gomma (si aspetta un riscontro da gennaio).


Fino al giorno in cui, il 14 luglio, qualcuno ha scritto all’associazione lanciando l’allarme: sono arrivati i camion e le gru e le barriere e le soste vietate! Messaggio chiaro: il quartiere è accerchiato, c’è solo da arrendersi!
Persino all’ultimo appello rivolto a questo punto al sindaco e alla Regione per poter almeno leggere le carte del progetto non si registra risposta!
All’art. 2 del suo statuto c’è scritto, alla voce ‘finalità’, che Idra “svolge interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali”. E allora, pur nel clima orwelliano che ci avvolge, dove verità è bufala, pace riarmo, salute fobia, normalità emergenza, natura artificio, Idra continua a informare, coi mezzi che può, serenamente consapevole che telecamere, microfoni e taccuini allineati e coperti non verranno meno al compito di censurare.
Che succede dunque fra il ponte del Romito e l’ampio fascio ferroviario che entra ed esce da Santa Maria Novella?


Si prepara l’eliminazione di un filare di splendidi platani. Piantati decenni fa, hanno offerto ombra e riparo a generazioni di fiorentini e non solo.
I residenti che incrociamo sgranano gli occhi: all’oscuro di tutto, impreparati! Una cosa è certa: ‘Con questi bambini e i loro trabiccoli e le borse della spesa, adesso mi tocca parcheggiare la macchina a 500 metri da qui, perché all’improvviso ci hanno chiuso! Mi hanno detto: vai dal sindaco e diglielo. Ma io non posso perdere un giorno di lavoro per andare dal sindaco. Dovrebbe essere il sindaco, credo, il Comune, a informarci e a spiegarci. Non sappiamo nulla di quello che hanno in mente di fare. E quanto tempo durerà. E a che scopo’.
‘Ma nemmeno una riunione hanno fatto, con gli abitanti?’
‘Sì, una, mi hanno detto, l’hanno fatta le Ferrovie, ma non lo sapeva nessuno’, lamenta un altro ospite di questo folta e fitta comunità. Ma, a cercarne traccia sul portale, si trova solo un titolo, senza altri dati.
Del resto, quale miglior momento del mese di luglio per regalare a chi si è permesso una vacanza la sorpresa green al ritorno? A Milano, la chiamerebbero forse rigenerazione urbana…


Di platani da abbattere sul lato Cosseria, di fronte ai palazzi, ne contiamo sedici. Tutti, tranne uno, maestosi e apparentemente robusti. Attorno a loro, una ricca nicchia ecologica destinata a sparire, assieme alla piacevolezza del microclima che assicuravano. Pretese abbastanza assurde, probabilmente, in una città che ha dimostrato di perseguire ben altri e prestigiosi traguardi!
Sull’altro lato del Mugnone, dice qualcuno, dovrebbe saltare anche il filare di lecci e cipressi a ridosso dell’alto muro arginale. Un lembo di città che era chiamato, una volta, ‘Boschetto della Rimembranza’, prima che lì si abbattesse agli inizi del terzo millennio la scure delle opere propedeutiche a Sua Maestà l’Alta Velocità: il raddoppio del sottopasso stradale del viale Strozzi, il nuovo cavalcavia che dalle rampe del Romito sovrappassa il viale, il doveroso corollario di danni al patrimonio arboreo storico del quartiere. Quanto alla ‘vecchia’ strada che scendeva dal Romito verso il centro, il nuovo progetto l’ha trasformata in un’ardita serpentina, con doppio tornante, e un’avventurosa immissione sul movimentato viale Strozzi.


Ora, chi segue da un po’ di tempo per mestiere civile questa caparbia trentennale sfida della TAV fiorentina sa che sotto l’ampio delicato fascio ferroviario dei treni che entrano ed escono da Santa Maria Novella si dovrà scavare un quarto foro accanto ai tre già esistenti. Dovrà accogliere le acque del Mugnone tutte le volte che il torrente deciderà di andare in piena e rischiare di far tappo ai ponti (come al Romito, l’ultima volta, nel 1992). Chissà però se un fornice in più aiuterebbe davvero a prevenire le esondazioni: parrebbe più saggio infatti mettere in sicurezza tutto il torrente, manutenere la sua collina, restituire spazio, economia e dignità alla sua campagna, da Vetta alle Croci in giù. Non sembra che il lontano sgrigliatore al Manzolo (Fiesole) sia bastato a evitare ai passeggeri delle Frecce Rosse e degli Italo, alle Cure, lo scorso 28 gennaio e, a ruota, il 14 marzo, l’emozione di vedersi lambiti dalla furia delle acque già care a Calandrino. 


Un gesto di cultura civile e ambientale, un procedimento di urbanistica partecipata, risparmierebbe magari al Romito quest’annunciato sconvolgimento.
Non sembra aver considerato urgente questo ‘adeguamento idraulico’, comunque, l’enorme scavo in corso a valle del fascio ferroviario, fra viale Corsica e via Circondaria, per la stazione sotterranea Foster, tuttora incompleto ma temerariamente ubicato nella zona a più elevato rischio idraulico del quartiere, classificata nelle carte del Piano di Protezione Civile del Comune di Firenze come a ‘pericolosità alta’. Si è provveduto per un’infrastruttura così delicata ad effettuare una valutazione di impatto ambientale? Neanche per sogno! Il sistema-Grande-Opera-a-tutti-i-costi si è fatto bastare la VIA realizzata 26 anni fa per un altro progetto poi accantonato, la stazione Zevi, che giaceva però ad alcune centinaia di metri dal Mugnone, in un’area classificata a pericolosità né alta né media, bensì bassa! Dove guardavano la giunta comunale e quella regionale quando hanno avallato questo azzardo? Che precauzioni hanno adottato tutte le giunte successive? E a cosa servono i decreti sulla sicurezza delle gallerie ferroviarie se, persino nello scavo con le due frese fra Campo di Marte e Castello, se ne disattendono le prescrizioni, come sono gli stessi Vigili del Fuoco di Firenze ad attestare nero su bianco? Un documento che non cessa di scottare.



Vorrà qualche magistratura accertare tempestivamente questi fatti?
Fatto sta che anche uno degli ultimi angoli di vivibilità locale urbana sta perdendo qualità e attrattività. Se il centro storico è stato svuotato dei suoi abitanti naturali, rimpinzato di forzati del turismo mordi, selfie e fuggi, del resto, perché mai la rendita di posizione che il marchio Firenze garantisce sul mercato internazionale dell’immagine non dovrebbe orientare le scelte urbanistiche anche fuori dalla cintura dei viali?
Associazione di volontariato Idra

ALTRE FOTO













Piano di protezione civile
rischio idraulico


Ponte del Romito sul Mugnone

idrafir@gmail.com


MODERNITÀ E CONCEZIONE DEL POTERE
di Franco Astengo
 



Lo scontro aperto tra il Governo e la Magistratura rappresenta in questo momento il punto più delicato emergente dalla crisi della nostra democrazia costituzionale e dal presentarsi di quello che potremmo definire tranquillamente "spostamento a destra" del contesto istituzionale.
Altri elementi appaiono di fronte stridore in un contrasto che oltrepassa il riferimento politico e investe in pieno quello ideologico sul terreno della concezione dello Stato: ad esempio quello dell'educazione.
Da qualche parte nell'affrontare questo tema della concezione dello Stato si tende ad assimilare l'iniziativa della destra oggi al governo in Italia ad un classico "ritorno all'indietro" analizzando i fattori (che pure si presentano studiando i diversi passaggi) che ci richiamano alla tradizione politico - culturale patrimonio del partito di maggioranza relativa: quella del fascismo (anche se qui ci sarebbe da distinguere essendo la matrice missina legata alla Repubblica di Salò mentre nell'immaginario del partito di maggioranza relativa si sommano altri elementi abbastanza inquietanti come quelli esoterici).



Per affrontare questo stato di cose non basta però riflettere sul presentarsi di elementi di indubbio "pragmatismo di governo" intesi quali punti di contrasto con una visione rivolta all'indietro accreditando così l'azione di governo alla "modernità" e relegando in secondo piano la visione ideologica.
Il punto di partenza per un ragionamento di merito riguarda proprio la Magistratura che ha svolto sempre di più funzioni di supplenza al riguardo della determinazione degli equilibri politici e degli stessi orientamenti legislativi, intervenendo addirittura su temi di diretta pertinenza al riguardo delle fonti stesse di legittimazione delle sedi legislative: si pensi al tema della legge elettorale senza addentrarci in temi di stretta attualità.
Inoltre i confini del potere politico appaiono confusi rispetto a quelli del potere economico: su questo punto è avvenuto, sempre per restare nell’ambito dell’Occidente e ancor più in specifico del “caso italiano”, una surrettizia (e non  completata) “cessione di sovranità” verso le istituzioni monetarie e finanziarie dell’Unione Europea (queste, tra l’altro, prive di una legittimazione politica complessiva che dovrebbe essere proprietà soltanto del Parlamento Europeo, provvisto però di una capacità d’incidenza concreta molto limitata, come abbiamo ben verificato nel corso degli ultimi episodi di fortissima crisi internazionale).



Questa labilità dei confini tra l'economico e il politico è tra l'altro tra le cause di una situazione post-globalizzazione che sta generando quella realtà contrassegnata da eventi bellici e di nuova guerra commerciale che troviamo all'ordine del giorno.
Uno spunto di riflessione ulteriore può essere suggerito, a questo punto, da un aggiornamento d’analisi al riguardo della teoria della “microfisica del potere” elaborata a suo tempo da Michel Foucault per rispondere proprio all’evidenziarsi di quella “confusione tra i poteri” cui si è appena accennato.
La teoria del filosofo francese considera il potere come una risorsa che circola attraverso un’organizzazione reticolare.
Il potere non si concentra più al vertice ma si disperde nella società attraverso gli individui: è la tesi della “inflazione del potere” cui Luhmann risponde considerandola come fonte dell’ingovernabilità con la teoria della riduzione del rapporto tra politica e società, e di conseguenza con una sorta di ritorno a forme “decisionistiche” di tipo quasi assolutiste.
Si tratterebbe in sostanza di prendere atto della necessità di un potere sovraordinato rispetto al venir meno di confini netti tra potere economico, politico, ideologico, tra poteri costituenti e poteri costituiti oppure ancora tra esecutivo, legislativo, giudiziario.



Sorge però a questo proposito una domanda cruciale: come potrà costituirsi, nel concreto, questo potere sovraordinato?
Una possibile risposta può venire proprio dall’analisi dell’attualità del caso italiano.
La risposta può venire dalla finzione, dalla messa in scena di un potere esclusivamente immaginario esercitato in via personale da un attore capace di interpretare il flusso degli strumenti mediatici (orientati, tra l’altro, sempre più verso il consumo individuale di notizie e di fittizi rapporti sociali e di trasmissione di idee).
Nel "caso italiano" è già stato tentato (e fallito) il salto diretto dalla presidenza del consiglio a quella della repubblica che potrebbe essere ritentato nella prossima occasione utile considerate le difficoltà che l'ipotesi di premierato sta incontrando sia nelle valutazioni di merito sia sul piano più propriamente politico.
Il punto di una possibile saldatura nell'azione di governo tra una sorta di "ideologia dell'immaginario" e un "pragmatismo della modernità" si troverebbe invece in un cambiamento radicale nella concezione del potere rispetto alla tradizione liberale: ed è un punto di assoluta pericolosità per l'avvenire della democrazia (nella fattispecie di quella repubblicana sancita dalla Costituzione del 1948).

E. J. Sieyès

Forse vale la pena riflettere al meglio su questi elementi di novità al fine di comprendere davvero ciò che sta accadendo attorno a noi.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di attrezzarci al meglio sul piano teorico: sicuramente, sotto quest’aspetto il concetto e la conseguente percezione esterna del potere sono mutati nella valutazione di larga parte dell’opinione pubblica, almeno in Occidente.
Un elemento sul quale, con ogni probabilità, il fattore globalizzazione ha inciso in maniera inferiore rispetto ad altre tematiche come, invece, quelle riguardanti la finanziarizzazione dell’economia, la standardizzazione dei meccanismi comunicativi, l’apertura ai flussi di migrazione: tutti fenomeni che nell’ultimo ventennio hanno registrato un forte incremento nel loro peso specifico sulla realtà politica, economica, sociale.
Nello sviluppo del pensiero umano il concetto di potere è sempre stato suddiviso in “comparti” (per così dire).
Nella modernità attorno al concetto di potere abbiamo trovato espressi fattori come potenza, forza, influenza tutti utilizzati al fine di realizzare il condizionamento sociale per trovare obbedienza a un comando che contenga un determinato contenuto.
Su queste basi era maturato il concetto fondamentale di separazione dei poteri (Locke, Montesquieu, Sieyès) destinata a diventare il cardine dello Stato di diritto.
In particolare l’abate Sieyès, con la sua teorizzazione dei rapporti tra potere costituente e poteri costituiti, pone le basi per la teoria moderna della Costituzione.



Il testo della Costituzione deve essere così inteso come atto normativo mirante a definire e disciplinare la titolarità e l’esercizio del potere sovrano.
Da questa concezione del potere e del suo esercizio che, a questo punto, potrebbe essere definita come “classica” è derivata concretamente l’attuazione del principio della separazione dei poteri: tra potere legislativo e potere esecutivo da un lato, e tra potere giudiziario e potere legislativo dall’altro.
Su queste basi prendeva corpo l’idea della Centralità del Parlamento, che sovraintende – tra l’altro – all’intero impianto istituzionale previsto dalla Costituzione Italiana del 1948.
Oggi, non soltanto in Italia, questo schema si sta rapidamente modificando.
Lo Stato legislativo ha ormai lasciato il posto allo Stato governativo che produce una sorta di “inflazione normativa” nella forma di decreti e decisioni particolaristiche (è sufficiente esaminare il lavoro del Parlamento Italiano nel corso degli ultimi trent’anni).
In questo quadro l'azione del governo di destra trova il suo spazio non semplicemente riferito al "ritorno all'indietro" o a una mera concezione totalitaristica: il tema è quello della "concezione dello stato" e l'opposizione non può limitarsi al semplice terreno politico, occorre "cercare ancora" e molto più a fondo.
 

 

Privacy Policy