UNIVERSALISMO SOCIALISTA
di
Franco Astengo
Ci sarebbe bisogno di un universalismo radicale fondato su di una comune umanità come origine delle nostre norme e quindi in grado di opporsi ai nazionalismi reazionari e ai riduzionismi identitari: questa la tesi sostenuta da Omri Boehm, israeliano con cittadinanza tedesca, nel suo Universalismo radicale, Oltre l’identità (Marietti1820 ed.) in cui l’autore per spiegar la sua visione spazia tra Kant, la Dichiarazione d'Indipendenza americana, la narrazione biblica del sacrificio di Isacco.
Così Bohem cerca di difendere l’universalismo umanistico, l’obbligo di riconoscere l’uguaglianza di tutte le persone e la sua ferma opposizione all’indurimento ideologico del presente: una difesa che si sviluppa proprio nel momento in cui la radicalità delle contraddizioni sembra rendere necessario lo schierarsi sulla trincea e la costruzione di blocchi di difesa nel declino dell’Occidente segnato dall'individualismo competitivo e dal consumismo proprietario che lo rende incapace di reagire.
Sovrasta la domanda: cosa rimane dell’universalismo, al di là delle petizioni di principio di chi ancora crede che l’Occidente abbia identità e valori sottintesi come buoni da essere esportati al resto del mondo?
Dell’universalismo ci è rimasto il volto predatorio: l’Antropecene, che coincide piuttosto con il volto violento ed aggressivo di un nuovo capitalismo alla ricerca forsennata di nuove risorse da sfruttare.
Su questo punto è intervenuto il lavoro di Luigi Ferrajoli (Progettare il futuro, Feltrinelli) nel cui testo si lancia l’idea di una Costituzione della Terra il cui Articolo 1 suona a questo modo: “La Terra è un pianeta vivente. Essa appartiene come casa comune, a tutti gli esseri viventi; agli esseri umani, agli animali”. Boeham, Ferrajoli, altri: interventi che possono apparire confortanti, per chi crede ancora nel genere umano. Leggere di queste analisi e di queste proposte ci consente di riflettere: non siamo soli e l’intelligenza non artificiale lavora ancora sulla prospettiva del futuro. Ma continua a rilevarsi un vuoto quello della rappresentanza politica di quei valori di solidarietà e di uguaglianza che un tempo avremmo definito “socialismo”.
La coscienza della propria appartenenza e la volontà politica di determinare il cambiamento rimangono fattori insuperabili e necessari come motore di qualsivoglia iniziativa della trasformazione dello stato presente delle cose. Attenzione però lo stato presente delle cose va cambiato sia nel senso della condizione oggettiva della nostra esistenza sia in quello dell'assunzione di una consapevolezza soggettiva del vivere con gli altri.