SCAFFALI
di Gabriele Scaramuzza
La gioia di Eugenio Borgna
Mi è giunto da poco il
libro di Eugenio Borgna dedicato alla gioia e mi è parso la più opportuna e
commovente risposta alla colposa “dimenticanza” dell’Inno alla gioia, di
Schiller e Beethoven, ora sigla dell’Unione Europea. Gioia riprende
temi, movenze, autori cari a Borgna. E io stesso qui non posso che riprendere
scritti che gli ho dedicato, nei miei Smarrimento e scrittura (2019) e Passaggi
(2020), in particolare. Il tema proposto prosegue l’ampiadisamina del mondo letteralmente
“estetico” (nel senso di sensibile-emotivo) cui Borgna ha dedicato tutta la
vita - nei modi più diversi, da professionale-psichiatrico a teorico, da
narrativo a senz’altro poetico. Si arricchisce qui un’ampia fenomenologia
delle emozioni umane che include la mitezza, la solitudine, la fragilità, la
follia, la gentilezza, la speranza, la delicatezza, la disperazione, la
nostalgia, la tenerezza… Emozioni tante volte neglette o sottovalutate, esse
costituiscono un quadro umano aggressivamente contrastato dalla realtà dei
tempi in cui viviamo; quadro che invece è indispensabile tener vivo, per motivi
morali, etico-politici, ampiamente umani. Parallelamente la scrittura di Borgna
è come sempre duttile, avvolgente, toccante. Terapeutica, nei modi in cui
l’autore intende la cura; che certo includono l’uso della parola anche nei suoi
aspetti non “scientifici”.
Non mancano
tracce di religiosità nell’universo di Borgna, malgrado non sia legato ad
alcuna particolare confessione religiosa. Se religiosità è senso della
trascendenza, opposizione a ogni fanatismo, ai fondamentalismi, alle guerre che
purtroppo anche nella storia delle religioni non sono mancate. Sereligioso è il
rifiuto di ogni violenza, di ogni sopraffazione - cosa che non dovrebbe mai
esser estranea a ogni umanità degna di questo nome - tutto questo è ben
presente in Borgna. La coscienza del non bastare a sé dell’esperienza così come
la viviamo, l’inquietudine che ne deriva, e cerca di placarsi, innerva un
bisogno di religiosità. Non a caso termini riconducibili all’ansietà, all’irrequietudine,
all’insoddisfazione ricorrono con insistenza nelle pagine di Borgna, e non solo
in riferimento ai suoi pazienti: insondabile, indicibile, arcano, nostalgia,
silenzio, depressione, fragilità, vulnerabilità, depressione, speranza, sfuggevolezza…
sono parte del suo lessico, indicano una carenza generalmente umana, e insieme
l’urgenza di rimediarvi. Risentono di un trauma originario e dei reiterati,
spesso affannosi tentativi, per mille vie, di “ricomporre l’infranto”, e di
reagire all’inquietudine che ne deriva. Al disfarsi delle vite è necessario far
fronte, se si vuol sopravvivere.
Ci sono notazioni
di Borgna che condivido profondamente: il suo “ripensare a quello che si
sarebbe potuto fare, e non è stato fatto, al fine di evitare che dilagasse il
deserto delle speranze”. “Una psichiatria che non sappia ascoltare e
interpretare la disperazione e il silenzio di una persona che chieda aiuto non
è psichiatria”. “Non saremmo vissuti invano, se siamo stati capaci di ascoltare
le voci del dolore e della disperazione che fanno rivivere il suicidio”. “Nelle
famiglie e nelle scuole si dovrebbe senza fine insegnar a essere gentili, come
a essere capaci di tenerezza e di mitezza, che sono molto più importanti di
quelle che sono le conoscenze tecnologiche”. E infine: “Non dovremmo mai
lasciarci trasportare dalle fretta e dalla impazienza, dalla smania di
concludere e dalla leggerezza, ad aggredire il silenzio senza cercare di
intenderne le motivazioni”.
Cui si deve
aggiungere ora la gioia, peculiare “emozione fragile e delicata”, “grande pace
interiore”, dotata di un proprio multiforme linguaggio, di una propria
differenza rispetto alla speranza, alla letizia, alla felicità, al silenzio e
alla musica… “Non ferire la gioia” è il titolo di un breve paragrafo che porrei
a motto di queste mie righe; la gioia ferita nell’edizione di Nabucco di
ho detto qualche giorno fa.
Eugenio Borgna
Gioia
Einaudi 2o25, pagine 128, € 13