GACCIONE E I SUOI CONTRAPPUNTI
di
Anna Rutigliano

Angelo Gaccione
Piacenza, 29 maggio 2025
Un vero Zibaldone
del terzo millennio, la recente opera di Angelo Gaccione dal titolo Contrappunti,
(Arca Edizioni, Milano 2025, pagine 184 euro 14). Una raccolta di scritti composti
da 50 capitoli che spaziano sulle più disparate tematiche: dalla sfera semplice
e sacra della quotidianità agli ambiti più complessi filosofico-letterari,
socio-antropologici e linguistici. Riflessioni a tratti dal tono amaro e
ironico conditi da una prosa spesso aforistica godibile alla lettura e
coinvolgente. Il libro di Gaccione si correda di una risonante introduzione dovuta
alla penna profondamente puntuale di Gabriella Galzio, la quale, per mezzo di
un parallelismo con l’arte del contrappunto bachiano, ci immette su una partitura
di note discorsive indipendenti ma dal carattere polifonico, accomunate da un
profondo sentire dello scrittore, le quali assurgono a coro universale
dell’intera esistenza.
Non vi è capitolo che non lanci
un monito o un segnale di riflessione e di sprone a scegliere da che parte
stare se vogliamo che l’umanità non si inaridisca totalmente nella sua
componente più immateriale e spirituale. Leggiamo, così, nell’incipit del
capitolo intitolato ‘Pane, Pasqua e Povertà’: “Cosa c’è di più sacro del
pane, e cosa c’è di più umano di una mano che allunga un pezzo di pane ad
un’altra mano? (...) di povertà ne ho vista tanta nella mia vita, ne
conosco l’odore”. La potente assonanza creata dalle sillabe iniziali delle tre
parole del titolo svela, nell’immediato, una peculiarità fondamentale dell’autore:
prima ancora che scrittore ed intellettuale attivamente impegnato, Gaccione è
un uomo che ha sperimentato le difficoltà della vita e di cui, nonostante
tutto, ne conserva e preserva il valore sacro attraverso l’odore del pane ed il
rito dello scambio del ramoscello d’ulivo, simbolo di pace e riconciliazione mondiale.
L’umiltà dell’autore si completa nella semplicità della vita, un binomio fatto di
piccoli piaceri salutari per l’anima, come può esserlo una conversazione
disinteressata con amici o il silenzioso sostare su una delle tante belle
piazze italiane, in un giardino, pubblico o privato che sia, per assaporare
quella parvenza di magia ed incanto che solo l’hic et nunc sa donarci, pur
nella consapevolezza della sua transitorietà. Leggiamo in proposito un breve
estratto dal capitolo ‘Piaceri’: “(…) uno spazio che permetta il
raccoglimento, lo scorrere lento delle ore in cui l’anima possa rinfrancarsi,
dove conversare diventa un modesto privilegio che non esibisce arroganza, ed
alzare il bicchiere per brindare all’amicizia, alla nostra vita precaria e
transeunte, un gesto semplicemente umano, solidale”.

Piacenza, 29 maggio 2025
Ma l’armonia si è rotta da tempo, è scomparsa, a detta di Gaccione e le note pian piano si susseguono con tono più grave e dolente, se queste riflettono un presente si spera non eterno, consegnato alla mercificazione non solo delle cose ma soprattutto dell’anima, tanto che la leggerezza dell’aria di cui è stato riempito un paio di scarpe, prodotte dall’industria moderna, fa da contrappunto non solo alla genuinità della manifattura delle botteghe artigiane di un tempo del Bel Paese, ma anche alle pesanti conseguenze di un atteggiamento indifferente alla nostra Terra da parte dell’homo sapiens-sapiens, figlio di una società consumista e capitalista. Trovo emblematici, a tal proposito, sia il capitolo dedicato alla ‘Modernità’, in cui l’autore ironicamente denuncia la società massificata su scala globale: “(…) le merci industriali, quelle elettroniche e di alta tecnologia, soprattutto, sono programmate per il suicidio e non debbono superare in esistenza, un certo numero di anni preventivamente stabilito. (…) È un ottimo modo perché il consumismo, religione pagana ed empia del capitalismo, divori sempre più risorse, devasti la natura, aumenti a dismisura i rifiuti industriali inquinando in ogni dove…”); sia quello intitolato ‘Alienazione da telefonino’. Nelle pagine dedicate a questo oggetto di consumo, trasformatosi in bene di prima necessità, più del sacro pane, l’ironia dell’autore diviene più pungente riferendosi al telefonino, quale strumento ormai invasivo e pervasivo a tutte le età e dal carattere democraticamente alienante, tanto da esprimersi sarcasticamente, a cui si accompagna una visione al limite del surrealismo nella parte conclusiva del capitolo: “(…) il pollice, il dito che ha permesso alla mano dei nostri progenitori umanoidi diventando prensile di afferrare oggetti, è divenuto nei digitatori da telefonino, duttile e super veloce. È possibile che col tempo acquisirà un’abilità così esclusiva per questa funzione, da surclassare l’intera mano”.
Ma l’opera di Gaccione è soprattutto preziosa, non solo per gli interessanti stimoli riflessivi a cui sottopone il lettore/lettrice, quanto per una caratteristica, a mio avviso fondamentale dal punto di vista linguistico: la sua funzione comunicativa esortativa e pragmatica. L’autore tenta di trovare una sorta di sintesi di matrice hegeliana, invitando il suo pubblico di lettori/lettrici a dare concretezza a concetti che invece rimarrebbero nella mera sfera dell’idealità; esorta difatti, in forma aforistica e meta-discorsiva a leggere per vivere, come nelle pagine dedicate al valore vitale della lettura, in grado di modificare la Weltanschauung di ognuno, tanto che nel capitolo ‘Leggete per vivere’, Gaccione afferma che “i libri sono la cosa più importante della mia vita”. D’altro canto le parole possono essere involucri di menzogna ed inganno se non si attribuisce loro il giusto peso, alimentando il fenomeno dell’alienazione linguistica di stampo rossi-landiano in omologia con il fenomeno economico dell’alienazione del lavoro (Die Arbeitsentfremdung), eredità del pensiero scientifico marxiano. Significative, in tal senso, sono le riflessioni dedicate all’ambiguità delle parole nel capitolo ‘Il senso ambiguo delle parole’, in cui lo scrittore oppone, con fermezza, una controinformazione capace di smascherare l’abuso di potere insito nei processi socio-economici: “I giornali sono pieni di menzogne, come lo sono tutti i linguaggi dei poteri, come lo sono le pubblicità: pubblicità ingannevoli, esiste addirittura un lemma per connotarle. La propaganda è quasi sempre basata sulla menzogna (…) Chi vi si oppone si è dato anche gli strumenti di contrasto e ha chiamato questa pratica controinformazione”.
E come non menzionare, i due capitoli,
rispettivamente ‘Quotidianità’ e ‘Ironia’, quali potenti antidoti all’orrido
dominante, per dirla con Gaccione, all’empietà, di cui è capace l’essere umano
tanto nei confronti dei propri simili, quanto dell’intero eco-sistema? Sarà,
allora, quella parte eroica della quotidianità, fatta di piccoli gesti di cura
e considerazione a non farci del tutto disperare e che nelle parole dell’autore
“ha del miracoloso e si incarna in gesti affettuosi, di attenzione, di cura;
piccoli gesti che rivelano un radicato substrato di umanità che pervicacemente
resiste ad ogni intemperia…”. O sarà, l’ironia, mai oltraggiosa, il
contrappunto più saggio e scaltro fra tutti, “il più efficace rimedio contro
l’idiozia, senza la quale, uno spirito in conflitto con questo tempo indegno
non potrebbe sopravvivere”.
Ma l’ironia e l’eroismo
quotidiano, in ultima analisi, non bastano a salvarci da una società mortifera
e improntata alla distruzione, quale quella che stiamo vivendo. Nell’ottica
utopisticamente reale dell’autore di Contrappunti occorre
fare i conti col passato, ricordarlo in modo ostinato e vigile, perché, come
recita la frase finale che chiude il capitolo ‘Viaggio della memoria nella memoria’:
“Chi non sa ricordare il passato, viene condannato a riviverlo”.
I Cinquanta capitoli di Contrappunti.
Sul mestiere di scrittore,
Parigi, oh cara!, Modernità, Il Re dell’orto, La
responsabilità del linguaggio, Frasi sulle magliette, Intelligenza e
sensibilità, Alienazione da telefonino, Viaggio della memoria nella memoria,
Umani come gli alberi, Il dèmone della scrittura, Pane, Pasqua e povertà, Povero
Dante, Del prestare i libri e non solo, Piaceri, La storia e i se, De
Senectute, Di
tutti i colori, Pietre di inciampo, Il peso delle parole, Speriamo,
Fraintendimenti, Tempo e vita, La zona d’ombra, Leggete per vivere, Germinie
e l’indipendenza, Elogio degli utopisti, La condizione umana, L’orrido
dominante, Quotidianità, Il senso ambiguo delle parole, Cose e beni, Lingue
vive, Idola e miti, Melville e il cassonetto dell’immondizia, Ferragosto di luci
e ombre, Musei e coscienza, Pietà per gli animali, Ironia, L’eterno presente, Povero Thoreau, Il Novellino e la musica, Musica e
letteratura, Lo scorrere del tempo, Volere l’impossibile, Umanoidi, Labirinti,
Le parole perdute, Atomi, L’animo
e il cielo.