MASSACRI
La guerra totale della Francia in Africa e
Medio oriente
di Antonio Mazzeo
Profondamente
addolorati per le sanguinose stragi terroristiche in Francia, nell’esprimere
vicinanza e solidarietà alle vittime è però necessario riportare alla memoria alcune
gravi vicende belliche che hanno visto protagoniste, recentemente - in medio
Oriente e Africa - le forze armate francesi. Non fosse altro che da più parti è
già stata invocata vendetta contro i terroristi islamici, Ue, Usa e Nato
annunciano di voler intensificare raid e bombardamenti in Iraq e Siria e le
forze politiche ultrarazziste del continente si preparano a nuovi pogrom contro
rifugiati e immigrati.
Poco meno di una settimana fa, due cacciabombardieri
Mirage 2000 dell’Aeronautica militare francese, decollati da una base della
Giordania, avevano distrutto un sito per la produzione e il rifornimento
petrolifero nella zona sud-orientale siriana di Deir ez-Zor. L’infrastruttura,
secondo le autorità di Parigi, era sotto il controllo dell’Isis ed era utilizzata
per l’approvvigionamento di carburante per i mezzi impiegati dallo Stato
islamico. Per intensificare l’offensiva francese contro l’Isis, il 7 novembre
il presidente Francois Hollande aveva annunciato lo schieramento della
portaerei a propulsione nucleare “Charles de Gaulle” al largo delle coste
siriane. Imponente il dispositivo bellico a bordo della grande unità navale: 12
caccia Dassault Rafale e 9 Super Etendard, più 4 elicotteri. Essi si aggiungono
ad i 6 caccia Rafale già schierati dai francesi negli Emirati Arabi Uniti, ai 6
cacciabombardieri Mirage in Giordania, a un aereo da pattugliamento marittimo
Atlantique 2 e a un aereo cisterna C-135. Questi velivoli e più di 700 militari
sono impegnati da un anno nell’ambito dell’Opération Chammal in Iraq (1.285
missioni aeree con 271 bombardamenti e la “distruzione di 459 target” secondo i
dati forniti a fine ottobre dal ministero della difesa francese). Ai raid in
Iraq, dal 27 settembre si sono sommati quelli in Siria, giustificati da
Hollande con la “necessità di colpire terroristi che preparavano attentati
contro la Francia”. I bombardamenti erano stati proceduti da decine di missioni
ISR (Intelligence Surveillance and Reconnaissance) di ricognizione aerea e
individuazione di obiettivi sul territorio siriano. A settembre, inoltre,
secondo l’agenzia Associated Press, Parigi aveva avviato la fornitura di
apparecchiature e di denaro a favore dei ribelli in lotta contro il regime di
Bashar Assad che controllano cinque città siriane. Ufficialmente gli “aiuti”
riguarderebbero attrezzature necessarie a ricostruire “pozzi d’acqua, panifici
e scuole”, ma una fonte diplomatica del governo francese non ha escluso la
consegna di sistemi radio e comunicazione e altre apparecchiature “non letali”.
La Francia ha pure sottoscritto un accordo di cooperazione militare con le
forze armate libanesi per la consegna entro il 2018 di sistemi d’arma (caccia,
navi, veicoli blindati e pezzi di artiglieria da 155 millimetri) per il valore
di tre miliardi di dollari. Nel quadro dell’intesa, la Francia invierà in
Libano anche 60 militari per addestrare le forze libanesi all’uso degli
equipaggiamenti consegnati.
In vista del potenziamento del proprio dispositivo
bellico principalmente nello scacchiere mediorientale e nel continente
africano, il 13 novembre le forze armate francesi hanno ottenuto dal
Dipartimento di Stato Usa l’autorizzazione ad acquistare 4 aerei C-130J per il
trasporto truppe e il rifornimento in volo, più relativi equipaggiamenti e
ricambi, missili, sistemi radio, di contromisure elettroniche e radar per un
valore complessivo di 650 milioni di dollari. Qualche mese prima, il
Dipartimento di Stato aveva autorizzato il trasferimento alla Francia pure di
200 missili AGM-114K1A Hellfire (costo stimato di 30 milioni di dollari).
Dall’agosto 2014, la Francia è impegnata con oltre 3,000
militari in una campagna globale contro il “terrorismo di matrice islamica” in
Africa (operazione Burkhane). L’intervento si sta sviluppando in una vasta area
compresa tra il Ciad orientale, il Niger, il Mali, il Burkina Faso e la
Mauritania. A febbraio, nel corso di un’offensiva nel nord del Mali, le forze
terrestri francesi hanno ucciso una dozzina di “miliziani islamici” tra
Boureissa e Abeissa, a circa 120 km dalla città di Kidal, una roccaforte dei
ribelli separatisti Tuareg. A metà maggio, sempre nel nord del Mali, le forze
speciali appartenenti al 1° Reggimento paracadutisti della fanteria di marina
hanno ucciso quattro presunti dirigenti di al-Qaeda, sospettati di essere
coinvolti nella morte di alcuni cittadini francesi, tra cui i giornalisti di
Radio France International, Claude Verlon e Ghislaine Dupont (2013). “I
terroristi dovrebbero ricordarsi che la Francia ha la memoria lunga”, aveva
commentato allora il ministro della difesa Laurent Fabius. “Noi non
dimentichiamo e colpiremo anche tra cento anni, ma raggiungeremo tutti quelli
che hanno fatto del male alla nostra nazione”, aveva concluso Fabius.
Secondo Analisi Difesa, l’operazione Barkhane viene
condotta da dieci basi diverse: la principale ha sede a N’Djaména, in Ciad, con
800 militari. Altri 600 soldati sono stati stanziati nella base di Niamey, in
Niger, mentre nella base di Gao (Mali) sono rischierati altri 1.000 soldati. Da
Niamey, in particolare, operano tre droni General Atomics MQ-9 Reaper in forza
allo squadrone aereo di Cognac che dal dicembre 2013 hanno compiuto missioni
d’intelligence per oltre 4.000 ore nell’Africa sub-Sahariana. Il comando delle
forze speciali francesi è rischierato nella base di Ouagadougou, Burkina Faso.
Altre installazioni militari francesi a Tessalit (Mali), Fort de Madama (Niger)
e Faya-Largeau (Ciad). Oltre ai Reaper, la Francia schiera nell’area 2 droni
EADS Harfang, 4 caccia Dassault Rafale, 4 Mirage 2000, 10 velivoli da
trasporto, una ventina di elicotteri, 200 veicoli logistici e 200 tank. Dal
gennaio di quest’anno, Parigi ha pure rafforzato la propria presenza in Costa
d’Avorio (operazione Licorne): il paese ha assunto il ruolo di “base militare
operativa avanzata” per consentire alle forze d’élite un dispiegamento rapido
contro-terrorista nell’Africa sub-sahariana.
Come se non bastasse, a conclusione del summit delle
Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, il presidente francese Holland ha
annunciato che a partire del prossimo anno e sino al 2020 la Francia addestrerà
più di 100.000 militari africani per “contribuire a garantire la sicurezza del
Continente e preparare forze in grado di sostenere missioni di
stabilizzazione”. Gli addestratori giungeranno in buona parte dal contingente
di 1.900 unità che le forze terrestri, navali ed aree francesi dispongono nella
grande base di Gibuti, in Corno d’Africa. Una controffensiva neocoloniale che
oggi Parigi paga con un tragico bagno di sangue.
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