SANGUE E MUSICA
di Angelo Gaccione
L'organista Marimo Toyoda |
La sera del 13 novembre del 2015 sarà
ricordata nel mondo come una sera di massacro e di strage, compiuti a Parigi da
un gruppo di islamici militanti dell’Isis devoti di Allah, (semplici criminali,
per la maggioranza dei musulmani di mezzo mondo). Su quella carneficina e sui
suoi artefici, “Odissea” sta pubblicando, e continuerà a farlo, sulla sua prima
pagina, una serie di riflessioni di personalità fra le più diverse con
l’intento di approfondire e illuminarne, se è possibile, alcuni degli aspetti
più controversi e drammatici. Ma il 13 novembre era, ed è stata, qui a Milano,
una sera di armonia e di bellezza; di condivisione e di fraternità, accomunati,
come siamo stati, da quel linguaggio universale, sensoriale, pacifico, che la
musica è capace di esprimere. Un magnifico concerto di musica sacra e di musica
barocca, proposto dall’associazione “Musicisti Russi” animata da Natalia
Tyurkina, e che ha svelato tutto lo straordinario talento di un quartetto
d’archi, lo “Decus String Quartet”, composto dalle violiniste Maria Grokhotova ed Elisa Scanziani, da Ewa Janina Moszcynska
alla viola, e da Rusten Smagulov al
violoncello che dell’ensemble è anche
fondatore. Tutti giovanissimi, come lo è la soprano Ekaterina Korotkova, di cui ci siamo occupati in un precedente
articolo sulle pagine di questo giornale; minuta, ventitreenne, timida, ma
dotata di ottime capacità vocali e il
cui fisico esile, è apertamente in contrasto con i suoi registri timbrici. E
come giovanissima è l’organista giapponese Marimo
Toyoda. Il programma comprendeva Vivaldi (i mottetti: Nulla in mundo pax
sincera, In furore iustissimae irae),
il Salve regina di Pergolesi, Canzona I di G. B. Cima, una Suite di Händel, e il
Quartetto op. 74 n.1 di Haydn. Il tutto dentro una delle chiese più belle e
interessanti di Milano, il santuario di Santa Maria dei Miracoli presso san
Celso in corso Italia. Un santuario che è davvero un miracolo per armonia
architettonica e per i capolavori pittorici che contiene. Di impianto
cinquecentesco (fu iniziata nel 1493 dal Dolcebuono e continuata dal Solari) ci
hanno messo le mani (fra facciata, atrio interno, affreschi, ecc.) Cesare
Cesariano, Martino Bassi da Seregno, Galeazzo Alessi, Annibale Fontana (che
nella chiesa è anche sepolto), Giulio Cesare Procaccini, tanto per fare qualche
nome. Quanto ai dipinti che impreziosiscono le pareti, sono opera del pennello
di personalità come Bergognone, Cerano, Moretto, Callisto Piazza, Carlo Urbino,
Gaudenzio Ferrari, Paris Bordone, Procaccini, Antonio Campi e tanti altri. In
questo luogo così ricco di meraviglie, la meraviglia della musica esorcizzava
l’orrore disumano del sangue di Parigi; ci rendeva più miti, più umani, più
coraggiosi. Ed è per tutte queste ragioni ed altre ancora, che la sera del 13
novembre, mi sono imposto di uscire, di salire su una Metropolitana seppellita
nel ventre della città, di essere in quel luogo. Volevo restare umano. Volevo
condividere bellezza e armonia. Perché il grumo nero che avevo nel cuore non
prendesse il sopravvento.
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