SI
RAVVEDERANNO?
di Luigi Mazzella
Il fronte dei
guerrafondai non è compatto.
Eravamo stati convinti, dopo i silenziosi anni del
ventennio fascista, che i sondaggi d’opinione rappresentavano una delle
espressioni più tangibili della fulgida era democratica in cui eravamo entrati.
Giornalisti intraprendenti ci ponevano domande su tutto: sembravano interessati
a scoprire i nostri pensieri e sentimenti più riposti e se, a volte, avevamo il
sospetto che non sempre le finalità degli intervistatori fossero di limpidezza
assoluta e che nascondessero qualche riserva mentale, ci consolavamo
pensando che quel “rumore truccato” era, comunque, meglio del nulla. A farci ripiombare nel silenzio assordante dell’era
mussoliniana ci hanno pensato Zelensky, Biden e Putin. Ci siamo visti piombare
addosso, come suole dirsi tra testa e collo, una guerra in Europa e il rischio
di un conflitto nucleare (che potrebbe essere l’ultimo del Pianeta). In un tale drammatico contesto, non c’è stato uno
“straccio di giornale” che si sia preoccupato di conoscere e far
sapere quali fossero “i pensieri e i sentimenti” (anche non così
segreti e “riposti”) di noi Italiani (popolo di eroi e di guerrieri solo per il
Duce del Fascismo) sull’invio di armi sofisticate e di missili ipersonici in
Ucraina. Con ciò vanificando i nostri sforzi di riprenderci dalla sonora
mazzata economica del Covid 19. I sondaggisti si sono dileguati nel
nulla.
Per fortuna, però, le
opinioni espresse, on line, da tanti “quisque de populo” ci
hanno convinto che non fosse poi così compatto il fronte favorevole alla guerra
poco distante dai nostri confini; che il “super-patriottico” Zelensky avrebbe
ben potuto concedere ai filorussi e ai russofoni del Donbass, dopo ben due
accordi sottoscritti a Minsk, quei diritti delle minoranze che De Gasperi
aveva riconosciuto all’austriaco Gruber per l’Alto Adige (o Sud Tirolo);
anzi che affidarne la persecuzione (altrimenti detta “pulizia etnica”) ai
neo-nazisti dei battaglioni Azov; che non era il caso di assecondare
la brama dell’ex numero due di Barack Obama di emulare il “Presidente
americano” definito da Berlusconi “abbronzato”, per la conquista del
Premio Nobel per la Pace, concesso dalla ben disposta Accademia Svedese
alle personalità “guerrafondaie” con maggior carico di conflitti
intrapresi. Ora, però, con le votazioni europee alle porte i
“guerrafondai in sedicesimo del nostro firmamento politico” devono fare i conti
con una realtà elettorale particolarmente sui generis che vede tra
i (presumibilmente finti) “contrari alla guerra” solo i “grillini”, ben
altrimenti conosciuti come sperperatori del pubblico denaro in cambio di
consenso. Tutti gli altri (dalla svizzera, italo, americana, ebraica
Schlein al titubante Calenda e all’imprevedibile, umorale Renzi) sono
schierati sul fronte della “pulzella della Garbatella” che per governare in
Italia ha dovuto imbracciare l’ascia di guerra donatale dagli Statunitensi. Il discorso di possibili, utili (elettoralmente)
riflessioni sulla vocazione bellica dei cittadini italiani è circoscritto solo
all’ambito del centro destra non fascista (se ancora c’è!). Le male acque
in cui naviga Biden, prossimo al suo zoppicamento di anatra con scarse speranze
di rielezioni, il rafforzamento di Putin dopo la defenestrazione del capo-mercenario
della Wagner, l’atteggiamento sempre prudente e razionale di Xi Jinping e
di altri “veri” uomini politici non espressi dalle centrali finanziarie di Wall
Street e della City e dai servizi segreti dominanti in Occidente (CIA e KGB con
relative affiliazioni subordinate), il clima sempre più incerto che alcune
visite recenti a Kiev di missi dominici statunitensi, potrebbero
indurre alla speranza (che è sempre l’ultima a morire) di una considerazione
critica degli errori commessi per eccessiva pavidità nei confronti della
“pulzella”.
Et hic manebimus optime!