TACCUINI
di Angelo Gaccione
Il chiostro delle Dame Vergini al Vettabia.
Veduta del chiostro negli anni Dieci
del Novecento
del Novecento
La lapide per Giannantonio
Sulla
facciata del palazzo di via San Martino n. 5 c’è una lapide dedicata al
partigiano Giannantonio Pellegrini Cislaghi. Era nato a Milano il 29 settembre
del 1928 e frequentava la quinta classe ginnasiale allorché decise di partire
per arruolarsi e combattere i nazifascisti. Quando lo fucilarono alle Fosse
Reatine, vicino all’aeroporto, in quella tragica Pasqua del 1944, non aveva ancora
compiuti 16 anni. A Rieti un cippo e una scuola intestata a suo nome ne
conservano la memoria. Se poso gli occhi su un adolescente di 15 anni di oggi,
magari un nipote, mi corre un brivido lungo la schiena. Una via e un palazzo
che mi sono cari per il sacrificio di questo ragazzino partigiano, e perché
dobbiamo al nonno Antonio e al padre Luigi Pellegrini Cislaghi, se nel giardino di questa casa
si sono potuti conservare, alcuni pregevoli reperti antichi appartenuti al
chiostro delle Dame Vergini della Vettabia e non solo.
Stele delle Fosse Reatine
con il nome di Giannantonio
Con la chiusura e poi con
l’abbattimento del Monastero, molto andò disperso e molto fu irrimediabilmente
compromesso. Un monastero che era rimasto in piedi per ben sette secoli (dal
XIII, quando le religiose riuscirono a dar corso all’edificazione del conventus
Virginum de Domo Nova, fino alla demolizione avvenuta nel primo ventennio
del Millenovecento), e che poteva vantare uno splendido chiostro, come si può
vedere nelle foto in bianco e nero disponibili. Non ne rimane nulla, se non una
lastra murata sotto il balcone di un palazzo di stile eclettico di via Cosimo
del Fante al numero 3 che porta la data del 31 dicembre del 1924. Poco visibile
com’è, la ignorano persino i loro abitanti, sicché se non avete letto da
qualche parte dell’antico monastero, difficilmente approderete in questa
traversa di Corso Italia.
con il nome di Giannantonio
La lapide sotto il balcone
in via Cosimo del Fante n. 3
Sarebbe accaduto lo stesso anche a me
se non avessi letto la monografia di Luigi Pellegrini Cislaghi e aver scoperto
la sua casa di via San Martino. Non sanno indicare l’area nemmeno gli addetti al
santuario di San Celso che si affaccia sul corso, ma loro possono almeno andar
fieri del nutrito gruppo di capolavori che si ritrovano, realizzati da pittori
del calibro di Giovan Battista Crespi detto il Cerano, di Camillo e Giulio Cesare
Procaccini, di Carlo Francesco
Nuvolone, di Antonio Campi, del Bergognone, di Callisto Piazza, di Giovan Battista
della Cerva, di Paris Bordon, giusto per citarne alcuni.
in via Cosimo del Fante n. 3
Particolare del chiostro
prima della demolizione
Anche le acque del Vettabia che
scorrevano a ridosso del monastero e che lo contrassegnavano, non sono più
visibili da tempo, coperte dal cemento come gran parte dei corsi d’acqua che
facevano di Milano e dei suoi confini, una ricca città d’acqua con un
importante porto, già in epoche remote.
Particolare del chiostro prima della demolizione |
Non avremmo né la campana del
Lazzaretto, né la colonna della bifora del primo piano del Monastero, né la
stele funeraria con epigrafe e ritratti dei giovani sposi Fausto e Salvia
risalenti al I secolo dopo Cristo, men che meno capitelli, medaglioni,
serraglie o le tre campate del chiostro e la cappella, senza la passione e la
costanza del benemerito Antonio Pellegrini Cislaghi. Il collezionista ha accolto
queste vestigia acquistandole con il suo denaro e ha conferito loro la dignità
e l’importanza che meritavano, inserendole nell’atrio e nel giardino di via San
Martino, consapevole che una parte considerevole della storia della sua Milano
è sedimentata in questi manufatti.
Manufatti carichi di valore storico-artistico,
di sentimento spirituale, di memoria; tutti elementi utili a comporre il
substrato essenziale di una civiltà degna di questo nome. Esserne coscienti ed
averne cura per esserne degni, questo è il lascito di Luigi Pellegrini Cislaghi a noi
posteri; è stato il suo atto d’amore per la sua città, per la nostra
città. E allora come non accogliere l’invito con cui chiude la sua ricerca e il
suo studio, quando afferma che “Il nostro chiostro dovrebbe trovare qui
raccolte tutte le pubblicazioni passate, presenti e future che lo riguardano,
affinché, riunite le sue reliquie materiali con la sua completa bibliografia, i futuri studiosi e, primi fra essi, i
posteri dell’Autore, possano sempre averne con facilità e senza dover ricorrere
alle pubbliche biblioteche, quel gaudio intellettuale che li indurrà a
conservare il tutto per trasmetterlo nei secoli come sacro retaggio familiare
alle future generazioni”? Finiva
di scrivere queste parole nel 1944 Pellegrini Cislaghi, e temeva la barbarie
della guerra e dei bombardamenti; quella guerra che devastò Milano in maniera
pesante. Chissà con quale trepidazione vergava queste parole: “Possa la
bufera della guerra immane non cancellare ogni cosa, né rendere inattuabile
questo nostro desiderio augurale”.
La copertina del volume
Per fortuna le bombe del 1943
risparmiarono questo prezioso lascito intellettuale, ma ci mancò poche che una di
esse, caduta non molto lontano, trasformasse tutto in polvere. I discendenti
dell’autore ne hanno avuto cura e quanto è stato realizzato con sacrificio e
amore è ora patrimonio della città e di quanti lo hanno a cuore. Le ricerche
posteriori degli studiosi hanno arricchito, integrato, precisato - dov’era
necessario - il suo lavoro, e le pubblicazioni a disposizione dei cultori si
sono moltiplicate. La Fondazione Gianantonio Pellegrini Cislaghi continua l’opera di Antonio e di Luigi
attraverso il passaggio di testimone che vede ora impegnato l'avvocato Giorgio, che ha tra l’altro introdotto la bella e
ricca monografia dal titolo Il monastero delle Dame Vergini al Vettabia.
Un monumento di Milano salvato (edito dalla Fondazione nel 2017), e la
cui lettura mi ha tanto appassionato.
ALBUM
La copertina del volume |
Il lato turrito |
Giorgio Pellegrini Cislaghi presidente della Fondazione |
Veduta del chiostro di Palazzo Pellegrini Cislaghi |
Arcate del chiostro |
Fregio sull'arcata |
Graffito raffigurante il chiostro |