DOPO LA SCOMPARSA DI PIETRO INGRAO
di Fulvio Papi
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Nella triste occasione della morte di
Pietro Ingrao ho letto con attenzione sulla stampa molti articoli che ne
mostravano, come si dice comunemente la figura e l’opera. La sua dedizione al
partito comunista, il suo rapporto affettivo con la base popolare, la
schiettezza intellettuale, il desiderio di non abbandonare la possibilità di
dubitare, immagino specie dopo l’errore storico di valutazione della
insurrezione ungherese del 1956 contro l’invasione sovietica, scelta che forse
derivò da un inevitabile conformismo che si rimproverò poi per tutta la vita. E
poi l’amore per la poesia e per il cinema nel cui ambiente intellettuale si era
aperto al mondo. Anzi qualcuno ha scritto che animo poetico e animo politico
tendevano a convivere, probabilmente non sbagliava se per poesia si intende
l’attraversare il mondo con una propria, sempre rinnovata, passione. Devo però
confessare che nessuno scritto riusciva a varcare quella soglia secondo cui “la
historia si può definire una guerra illustre contro il tempo”, come si legge
nella introduzione dei “Promessi Sposi”. La storia, in questi scritti
su Ingrao non proponeva una contemporaneità, ma diventava una narrazione che
precipitava nel tempo suscitando tutta l’inquietudine della memoria percossa
dalla irreversibilità temporale. Così che questo passaggio dalla
contemporaneità al consumo del tempo, leggendo gli apprezzamenti per Ingrao,
non riguardava solo il personaggio, ma noi stessi lettori di quei ricordi. La
sensazione era quella di doversi decidere ad essere in un teatro del tempo di
cui la nostra memoria costruiva i personaggi. Siamo proprio in un altro secolo,
dove ogni evento passato, ogni partecipazione, ogni passione diventa solo
oggetto di pensiero. Questo significa togliersi la parola, e, in questo
silenzio, varcare certe porte che conducono alla solitudine. Se non si riesce a
vivere nella “historia” allora ogni nostra nota suona stonata nell’orchestra
comune. Eppure, eppure rimane una possibilità di giudizio che riesce con buona
chiarezza a distinguere il bene dal male, gli onesti dai ladri, gli
intelligenti dagli imbecilli. Sempre con una prudente incertezza, com’è
necessario. Ma questa possibilità esiste e si può frequentarla con tutti i suoi
limiti. Può sembrare starno, ma per evadere dalla destinazione del “tempo
perduto” ci vuole un certo coraggio.