LA LOTTA PER L’UNIVERSITÀ
di Ludwig Englert
Adolf Hitler ha fatto appello agli anziani
accademici tedeschi per la fondazione di un consesso accademico di lotta,
attraverso il quale devono essere raccolti mezzi, che aiutino a sostenere la
lega degli studenti nazionalsocialisti nella sua lotta per l’università
tedesca. In proposito riceviamo da
circoli studenteschi la seguente lettera: “Ciò che da tempo ci annunciano
volantini nazionalsocialisti ce le conferma ancora una volta Adolf Hitler: oggi
non si tratta d’altro che di vedere se al nazionalsocialismo riuscirà di
“arruolare la gioventù accademica sul fronte della lotta per una Germania
nazionale e socialista”, e di far accettare alle università la giovane visione
del mondo nazionalsocialista, in breve di fare dei luoghi dello spirito
roccaforti del movimento nazionalsocialista”.
Se questo riesce, il deputato nazionalsocialista sassone
Studentkowski ci spalanca la vista di un futuro assai promettente. Il 5
febbraio egli affermò in una adunanza di studenti a Lipsia: “Vogliamo fare
dell’Asta uno strumento del potere nazionalsocialista! Noi nazionalsocialisti,
soltanto noi, possediamo un valore spirituale. Noi pretendiamo il massimo
soggettivismo, che esclude ogni oggettività, giacché esso solo procura alle
masse la fede, e questa fede ci dà il potere. Noi non vogliamo comprendere gli
altri, giacché tutti gli altri hanno torto apriori”.
Dopo questa dichiarazione ogni persona imparziale si
chiederà pur che cosa in generale i nazionalsocialisti cerchino nelle
università. Quando troviamo una profonda spiritualità nella storia, la vediamo
accoppiata alla più grande modestia. Basti la parola di Fichte, secondo cui
appunto il dotto, cioè l’uomo accademico, è motivato dall’essere il più modesto
possibile; a lui è imposto un limite da cui deve sempre tenersi lontano,
giacché deve raggiungere un fine molto sublime, che si avvicina solo in una
grande lontananza. Tutto questo nei circoli del nazionalsocialismo è caduto
malamente in discredito: nelle parole del sig. Studentkowski troviamo la
massima arroganza, anziché la modestia. Come la mettiamo ora con la
spiritualità esclusiva così enfaticamente proclamata dal nazionalsocialismo?
Hanno scritto il soggettivismo sulla loro bandiera. Ma l’inizio di ogni
filosofia è il dubbio, e il confronto con opinioni estranee è l’unico mezzo
contro il ristagno e la protervia spirituale.
Ciò che la fecondazione è per il mantenersi della vita del corpo, è il
dialogo per la nostra vita spirituale; l’insulsa presunzione di aver ragione deve
restare sterile.
È stupefacente come il nazionalsocialismo nel suo
comportamento pratico -programmaticamente le cose stanno in modo del tutto
diverso- a questo proposito lo si vede tenere fraternamente per mano il suo più
feroce nemico, il comunismo. Se in Russia si esige un riconoscimento senza
riserve della visione del mondo comunista, in Germania i nazionalsocialisti
pretendono la stessa cosa per la loro visione del mondo. In Russia si sono già
tratte le conseguenze di questo e si è proibito alla scienza di insegnare
conoscenze che contraddicono la visione del mondo comunista; anzi le si è
prescritto un metodo, cui deve obbligatoriamente far ricorso per giungere senza
fallo agli stessi risultati imposti dalla teoria comunista. Si è battezzato comunismo
dialettico questo procedimento, ed è solo una questione di tempo che il
nazionalsocialismo si risolva in un nazionalsocialismo dialettico. Alla fin
fine, come le parole di Studentkowski mostrano chiaramente, il
nazionalsocialismo è incompatibile con la scienza, che si adopera per trovare
verità obbiettive, per quanto questo è possibile, data la nostra insufficienza
umana. Già vedo il nazionalsocialismo appigliarsi a questa ancora di salvezza:
“se già l’obbiettività in senso pieno non è possibile”, sento dire, “allora
vogliamo proprio abbandonare questa falsa strada e ritirarci sul piano del
soggettivismo”.
Con questa affermazione il nazionalsocialismo mostrerebbe
chiaramente quanto esso sia antitedesco, quanto le parole del sig.
Studentkowski hanno mostrato nella luce più cruda la sua mancanza di
spiritualità. E di fatto il nazionalsocialismo fondamentalmente non è tedesco,
anche perché significa avversione verso l’idealismo tedesco nel suo senso
migliore. È alle radici tedesco tendere ad afferrare le stelle, ciò che non è
raggiungibile; cercare la verità anche
se non la possiamo mai raggiungere, mirare alla perfezione. Anche se mai lo
realizzeremo, amare il bene, anche se siamo deboli; penetrare nel divino, anche
se la nostra anima mai potrà afferrarlo.
Questo idealismo tedesco ha creato un’etica, al cui
centro stanno le idee del vero e del giusto. Nell’etica nazionalsocialista non
c’è alcun posto per questi concetti: essa esige apertamente menzogna e
violenza, anzi persino la rottura della parola d’onore, se lo richiede il bene
del popolo tedesco. Questo crasso egoismo popolare contraddice radicalmente
l’essenza tedesca. Se il popolo tedesco ha la grazia di poter contribuire al
progresso, questo contributo può consistere solo nella profondità del pensiero
e in un’etica che si metta al servizio delle cose più alte.
Nelle parole di Studentkowski si rivela in modo
spaventoso il fatto di quanto non spirituale, non etico, non tedesco sia il
nazionalsocialismo. Da tempo immemorabile invece le università tedesche sono
state roccaforti dell’idealismo tedesco. Si tocca con mano quale inaudito
pericolo costituisca l’irrompere del nazionalsocialismo nelle nostre università
tedesche; e dunque nessun mezzo deve restare intentato per allontanare da esse
questo pericolo. I successi che il nazionalsocialismo ha ottenuto finora anche
nei circoli studenteschi si spiegano col fatto che una gran parte di studenti
condivide il destino della maggior parte degli uomini moderni, di essere in
balia della visione del mondo dominante; la consapevolezza della destinazione
dell’uomo accademico va sempre più sparendo. Nella lotta di difesa contro il
nazionalsocialismo deve esser contrapposta idea a idea; sulla base delle
esperienze fin qui attraversate non è possibile formulare questo nel modo più
rigoroso che nel modo seguente: lo spirito tedesco contro l’incultura
nazionalsocialista!
La gioventù accademica presente ha senz’altro il compito
storico di contrapporre i più alti valori spirituali, e in particolare l’idea
dell’università tedesca, all’incultura nazionalsocialista. Se alla luce del suo
ethos non si romperà la forza suggestiva del nazionalsocialismo, i tempi a
venire non potranno risparmiare alla nostra gioventù il rimprovero di aver
fallito in un momento decisivo della vita della spirito tedesco.
(Traduzione dal tedesco e nota di Gabriele Scaramuzza)
Nota
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano
“Münchner Neueste Nachrichten”, n. 84, del 28.3.1931. Devo a Heidi, figlia di
Ludwig Englert, queste notizie che antepongo alla traduzione dell’articolo.
Ludwig Englert ha 28 anni nel ’31; è nato il 22 aprile 1903 e morto il 28
giugno 1981. Questo articolo lo ha perseguitato per tutti gli anni del nazismo.
È una risposta a un articolo, o a un pamphlet, di Studentkowski, probabilmente
apparso sullo stesso quotidiano. L’Asta che viene citata esiste ancora, ed è
una sigla per “Allgermeiner Studentenausschuß”, la rappresentanza degli
studenti, i cui membri vengono scelti dagli studenti stessi; anche Ludwig
Englert ci si impegnò. Le parole con cui si conclude l’articolo "La
destinazione dell’uomo accademico” si spiegano in riferimento al contesto
dell’articolo, Englert si rammarica che tale destinazione sia (sotto i nazisti)
“sempre più scomparsa”. Englert ha dapprima studiato filologia classica
(latino, greco, tedesco e storia) e in essa si è addottorato. Per la sua tesi
(sul Trasibulo di Galeno) ha ottenuto una borsa di studio a Lipsia,
all’Istituto per la storia della medicina. Nel 1931 aveva già preso una seconda
laurea in medicina. Non è facile come mai nell’articolo del ’31 si sia firmato
come cand. med. (= candidatus medicinae) e non come Dr. phil. Medizin; in
Medicina aveva preso anche un dottorato. Si è occupato poi di Pedagogia (che ha
insegnato nelle Università di Monaco e di Augusta), e da questo punto di vista
è importante è stato l’incontro con Eduard Spranger, di cui ha curato (con
l’aiuto della figlia), oltre a G. Kerschensteiner/E. Spranger, Briefwechsel
1912-1931 (München, 1867), Schule und
Lehrer, terzo volume delle “Gesammelte
Schriften” (Heidelberg 1970). Per aver notizie in italiano su Spranger si
veda: Eduard Spranger, L’uomo estetico,
a cura di Tonino Griffero, Aesthetica Preprint 28, Palermo, 1990. Poco prima della morte Englert ha scritto una corposa
autobiografia nel volume collettaneo “Pädagogik
in Selbstdarstellungen”, vol. III, a cura di Ludwig Pongratz, Meiner
Verlag, Hamburg.