SERVITÙ MILITARI ED ALTRE QUESTIONI
di Salvatore Sanna
Cagliari. Questo
contributo vuole rispondere al quesito quali procedure la normativa sulla nuova
regolamentazione delle servitù militari prevede per l’esame dei programmi di
esercitazione a fuoco. In particolare se anche per la “decisione in via definitiva del ministro della
difesa”, a seguito del parere negativo del Co.Mi.Pa. su tali
programmi, la Regione interessata può chiedere il “riesame da
parte del Consiglio dei Ministri”. A tal proposito si utilizza il
testo coordinato della legge n. 898 del 1976 “Nuova regolamentazione delle
servitù militari “, con la legge n. 104 del 1990 di integrazioni e modifiche, e
il D.P.R. n. 780 del 1979 con cui è stato approvato il regolamento per
l’esecuzione della L. 898/76.
In termini generali si può
considerare che la normativa in questione è precipuamente e più direttamente
rivolta a regolare i programmi di installazioni militari e delle conseguenti
limitazioni di servitù militari, nonché ai loro rinnovi quinquennali. In tale
contesto la regolamentazione della consultazione semestrale di tutti i
programmi delle esercitazioni a fuoco di reparto o di unità appare un impegno
quasi secondario, e quindi disciplinata in termini più approssimativi e non
autonomi ma rinviati, soprattutto per quanto riguarda le procedure, ai termini
previsti per le installazioni e le servitù. Appare evidente alla lettura
del testo coordinato, ma anche del testo originario, che si tratta di una
scrittura non ordinata, soprattutto per ciò che riguarda l’articolo 3 (che è il
centro dell’interesse di questo contributo), che le modifiche e le integrazioni
della L. 104/90 hanno ulteriormente appesantito. Una scrittura evidentemente “a
salti”, che necessita della normale agilità utile in tutti i testi di legge,
ancor più per quelli, per così dire, disordinati. Quelli in particolare con un
numero eccessivo di commi e con argomenti che vanno a “balzi”.
Il nostro articolo 3, per
esempio, si avvia con la previsione di costituzione in ciascuna regione dei
Comitati Misti Paritetici, definisce la particolarità delle provincie autonome,
regola il caso di segreto militare, e passa alla previsione della consultazione
semestrale sui programmi esercitativi. Lo stesso articolo prosegue prevedendo
gli accordi per la definizione delle zone di concentrazione dell’attività
esercitativa e la stipula dei disciplinari d’uso per le aree addestrative e
l’intervento ministeriale in caso di mancato accordo. Il testo prosegue con
la definizione della composizione del Comitato sulla sua convocazione,
sulla sua presidenza, sulla funzione di segretario e della redazione del
verbale, e arriva a riprendere sulle decisioni a proposito delle installazioni
e servitù, per poi regolare la possibilità di opposizione della regione alle
decisioni ministeriali e l’attività del Consiglio dei Ministri sulla richiesta
regionale di riesame. Alla fine, con il comma 7 dell’art. 1 della legge n.
104 - 1990, aggiuntivo ai commi dell’art. 3 sinora esaminato, si prevede di
ritornare sulla concentrazione delle aree addestrative, di cui almeno sette
commi prima, ipotizzando l’azione sostitutiva dell’amministrazione della Difesa
in caso di inadempienza dei Comitati nell’individuazione delle aree poligonali.
Altrettanto evidente è il “pasticcio” della determinazione del parere positivo
o negativo del Co.Mi.Pa. sia sul programma di esercitazioni a fuoco che per i
programmi di installazioni e servitù. La legge, nelle successive integrazioni,
per le esercitazioni precisa che il parere è da considerarsi negativo nel caso
in cui la maggioranza dei membri regionali si esprima in senso contrario,
aprendo una questione interpretativa a
proposito di maggioranza degli aventi diritto (7 membri) o maggioranza dei
presenti alla riunione. Per i programmi di installazioni e di servitù la legge,
anche nelle integrazioni successive, a proposito del parere non prevede
alcunché, ma la soluzione ci viene dalla scrittura del decreto esecutivo in cui
(art. 4 c. 2) si prevede che il parere sia da considerarsi negativo in caso non
sia stata raggiunta l’unanimità in seno al Comitato, e stavolta ovviamente si
tratta di unanimità dei presenti alla riunione. Il complesso della normativa,
comunque, ha precisato esplicitamente la diversa determinazione del
parere favorevole o contrario nelle due diverse situazioni. Il quesito oggetto
di questo contributo si pone nel caso di parere contrario per le conseguenze
che la normativa fa discendere in tale circostanza. Per le esercitazioni la
legge prevede che in caso di parere sfavorevole (a maggioranza) “decide in via definitiva il Ministro della
Difesa” (art. 3, c. 4 testo coordinato); per le installazioni e le
servitù prevede che “le definitive decisioni sono
riservate al Ministro della Difesa” (art. 3, c. 11). In
quest’ultimo caso non si dice esplicitamente nella legge che la decisione
definitiva del Ministro interviene in caso di parere non unanime e quindi
contrario del Comitato, ma il buon senso giuridico deve legare la previsione
del precedente comma circa la redazione del verbale con la evidenza di
eventuali membri discordanti, alla situazione di non unanimità del parere del
Comitato scritto nel decreto attuativo per farne conseguire l’intervento ministeriale.
Una lettura bigotta e
strumentalmente ideologica non appare possibile per questa normativa, per cui
deve essere utilizzata una lettura di buon senso giuridico, che espliciti
correttamente ciò che non sempre è esplicitato linearmente, ma che è oggettivamente
implicito, come il caso sopra esposto delle decisioni ministeriali sulle
installazioni e servitù. Se infatti il testo coordinato viene letto senza
questa “intelligenza” sembrerebbe che l’iter del parere sui programmi
semestrali di esercitazioni si chiuda con la decisione definitiva del Ministro,
negando alla Regione la possibilità di richiederne il riesame. Si
pretenderebbe, cioè, che quanto disposto dal secondo periodo dell’art. 3, c. 11
del testo coordinato si applicasse esclusivamente per le decisioni definitive
ministeriali relative alle sole installazioni e servitù e non anche alle
decisioni definitive ministeriali sulle esercitazioni. Tecnicamente tutte le
determinazioni sulle procedure di convocazione del Comitato, la sua presidenza,
la tempistica, la redazione dei verbali, le funzioni di segreteria etc. pur
riferiti esplicitamente alle riunioni per i pareri sui programmi di istallazioni
e servitù (vedi soprattutto il DPR del regolamento per l’esecuzione) è
implicitamente utile anche per le riunioni del Comitato relative ai programmi
semestrali di esercitazioni a fuoco. Tanto più che una stessa riunione
può avere (e spesso ha avuto) all’OdG entrambi gli argomenti. Affermare che di tutto questo complesso di
determinazioni solo la possibilità di richiesta di riesame da parte della
Regione a seguito delle “definitive decisioni” ministeriali è esclusivamente
prevista per le installazioni e servitù e non anche alle esercitazioni, appare
palesemente strumentale.
Tale lettura, soprattutto, appare oggettivamente
contraria alla precisa ratio della nuova regolamentazione che la legge ha voluto dare alla materia, sino ad
allora regolata dalla legge fascista degli anni ‘30 del XX secolo. La grande
novità voluta dal legislatore, e che permea tutta la legge in questione,
consiste nella armonizzazione degli interessi della programmazione militare di
installazioni e di esercitazioni con gli interessi di sviluppo socio-economico
delle comunità nel cui territorio i programmi militari prevedono di
implementarsi. La armonizzazione si
sviluppa su due piani: il primo di confronto tra Regione e Difesa in sede di
Co.Mi.Pa., il secondo più squisitamente politico (in caso di non accordo e su
iniziativa della Regione) presso il Consiglio dei Ministri. Non si
capirebbe che il legislatore abbia voluto per le esercitazioni limitare il
processo di armonizzazione al solo primo livello di confronto, in sede di Co.Mi.Pa.,
tra Regione e Difesa, e non invece prevedere anche per i programmi esercitativi
la stessa intensità di armonizzazione.
Si capisce, invece, che una simile limitazione la
Difesa voglia praticare in Sardegna, dove i programmi di esercitazioni e i poligoni demaniali sono una
realtà pesantissima, che impegna immensi spazi terresti, marini e aerei, e dove
viene soddisfatta la quasi totalità dei bisogni nazionali di tale attività
militare. Ma a tal proposito si deve considerare che nel corso dei 40 anni di
vigenza della nuova regolamentazione, e nei 38 anni di attività del Co.Mi.Pa.
sardo, da parte della componente regionale sono stati espressi pareri contrari
ai programmi esercitativi in moltissime occasioni, e spesso la Regione (a seconda della sensibilità politica) ha chiesto il
riesame dei programmi presso il Consiglio dei Ministri, a seguito della
decisione definitiva del Ministro. Non risulta che la richiesta di riesame sia
mai stata dichiarata inammissibile perché non prevista dalla legge. Sarebbe
inammissibile che ora si voglia instaurare una prassi tanto lesiva degli
interessi della Sardegna su questa sensibilissima materia, senza una adeguata
risposta a partire dalla Regione e dai suoi rappresentanti in seno al
Co.Mi.Pa."