Jannis Kounellis
di Giorgio Colombo
Una esposizione di grandi incisioni “I
Cappotti” di Jannis Kounellis alla Casa Testori di Milano rimanda alla ricca
mostra dello stesso, la prima dopo la sua morte, alla Fondazione Prada, Cà Corner de la Regina, aperta sino al
24. 11. 2109, introdotta da Germano Celant, che propone una delle figure
artistiche più interessanti del ‘900. Nato in Grecia nel 1936, si trasferisce a
Roma negli anni ’50, s’iscrive all’Accademia, inizia i suoi lavori ed
esposizioni. Muore a Roma nel 2017.
Ho cominciato
con due immagini: la prima, il suo viso, ha in bocca una piastra sulla quale si
posa una candela, dritta sul naso; la seconda i suoi noti cavalli. La prima il
fuoco, la luce, la comprensione, la seconda, dentro un elegante spazio
espositivo, una pacifica e sottomessa animalità. Rimangono degli interrogativi,
degli spaesamenti, delle sorprese. “Cavità teatrali”, scrive l’artista, “Io non
rappresento- Io presento”. Fin dall’inizio opere di grandi dimensioni con
frammenti di scritte, segnali stradali, lettere, frecce, numeri. Anni 50/60, il
pubblico medio non è ancora preparato, rifiuta sdegnato che in una Galleria
d’arte vengano collocati animali (oltre i cavalli, anche un pappagallo) o
gruppi di suonatori o materiali grezzi come polveri (di caffè), lana, carbone,
cotone… oppure fuoco, segni di bruciature. La tavolozza annerita è compagna
della fiamma che esce dal fiore di ferro.
La scena può
allargarsi, occupare il pavimento di un salone sul quale si stende una ordinata
molteplicità vestimentale in nero: un cappotto, un paio di scarpe, un cappello,
moltiplicati uguali sino a coprire il pavimento del salone. Un gioco astratto
di ripetizione, da ridurre o estendersi secondo lo spazio disponibile? Un
gruppo omogeneo di persone, con la stessa ‘divisa’? Una scuola, un club? Ciò che
resta di scomparsi? Ma gli interrogativi si moltiplicano, aumentando il senso
sinistro degli ambienti: armadi attaccati al soffitto, anche con pannelli
specchianti, sui quali ti puoi riflettere dal basso, una grande tela chiara con
la scritta in rosso “Giallo”, macchine da cucire rotte schiacciate entro
quattro lucidi pannelli….
Jannis Kounellis |
Il vestito nero ritorna, ma questa volta unico, appeso
all’appendiabito, di fronte a una parete dorata, indice sognato dello stesso
autore, e ritorna ridotto, appeso sopra un asse qualsiasi, con una corona
dorata di lauro sul cappello, segno povero del ‘poeta’, una firma, un
sorriso. Insomma una capacità creativa sempre rinnovata, sorprendente, durante un
lungo, ricco periodo di attività.