di
Fulvio Papi
Andrea Camilleri |
Ho
letto la maggior parte dei romanzi di Camilleri dove il protagonista era il
commissario Montalbano. Li ho sempre letti “in vacanza” e da quando non ho più
vacanze, con piacere di sosta. Di solito per dare una spiegazione di questo
comportamento, si dice che si tratta di lavori che non costringono a fermarsi
per riflettere, scorrono come dovrebbe scorrere una vita interessante che ogni
giorno impegna uno scopo. In questo senso è una colloquiale mimesi immaginaria.
Si
può essere più precisi: ci sono “romanzi” i cui personaggi costituiscono icone
che sono diventate comuni. In questo caso bisogna essere molto più precisi: per
fare una prima distinzione è necessario riconoscere che i personaggi mostrano
una identità che può contare su una universalità che è più richiesta dal
personaggio che dal racconto, o dai racconti che riguardano le sue imprese o la
conoscenza delle medesime da un vastissimo pubblico: Ulisse, ha molte
costruzioni mitologiche, ma ha anche una identità molto semplificata (anche nei
tratti originari) che costituisce un caso, come esempio, anche in settori poco
culturalizzati. Ci sono personaggi che sono icone di un parlare colto che ha
trasportato un personaggio dalla sua fonte letteraria, alla ricchezza della sua
comunicazione della sua certezza, come per esempio tra l’uno e l’altra si può
immaginare una scala della quale ogni gradino, in decrescenza, di popolarità
continua ad avere un suo carattere iconico. Vi sono personaggi che non escono
dalle pagine del libro e intorno ai quali possono discutere, letterariamente,
solo i competenti di quella opera. Perfino vi sono personaggi che chiamano il
lettore alla loro vita e alle loro vicende con una capacità di partecipazione
al mondo (qualsiasi cosa facciano) che mischia le carte tra la loro comparsa
testuale e la nostra immaginazione identitaria. In altri termini è finzione
quasi riassuntiva di pensare e di agire in modo coerente con un raggio d’azione
e lo stile del personaggio. Questa provvisoria identificazione di figure,
ambienti, stili, ha una durata provvisoria naturalmente, usa il tempo della
cultura del lettore nel mondo del personaggio, è un gesto di abituali percorsi.
È naturale che lo scrittore deve offrire una modalità realistica che si deve
costruire in un ambiente frequentabile dal lettore. Questa scrittura ha il
merito di un romanzesco immediato dove l’azione e il comportamento corrispondono
sempre a un condotto lineare e omogeneo, unito dal “carattere” del personaggio
e non sono coinvolti in quadri fuori campo, esagerati o incomprensibili. È un
realismo che sviluppa se stesso e non cade nella dimensione empirica di qualche
valore generale che non spetti, nelle sue proposizioni, al personaggio in
questione. Una scrittura come i personaggi di Camilleri appartengono a questa
classe realizzando una funzione della letteratura di cui tutti abbiamo bisogno
perché, nella pausa, la nostra vita acquisti echi positivi, complessi,
interessanti, imprevisti. E la semplicità del dono che finisce col sollecitare
il bisogno e la riconoscenza. Ora Camilleri non c’è più, e 15 milioni di copie
dei suoi libri girano per il mondo. Tutti pensano con saggezza che la perdita,
considerata l’età, è compensata da questo trionfo sociale e culturale. A me
evidentemente manca qualcosa per comprendere il tutto.