Giuseppe Bruzzone |
In questa conversazione con Angelo Gaccione,
Giuseppe Bruzzone parla della sua obiezione al servizio militare avvenuto nel
lontano 1966. Da allora non ha mai smesso di battersi per il disarmo e la pace.
Gaccione: Vorrei ricostruire la tua
obiezione di coscienza; da quando il servizio militare obbligatorio è stato
abolito, i giovani non sanno nulla.
Bruzzone: Ho iniziato nel 1966 e proseguito per altre tre volte fino al 1968. Le
conseguenze, allora, erano il carcere, per cui ne ho fatto complessivamente 26
mesi.
Gaccione: La tua è stata una disobbedienza
di natura puramente nonviolenta, o metteva in discussione l’esistenza di un
apparato che legittimava la guerra?
Bruzzone: Credo di essere stato tra i
primi, se non il primo, a parlare, tra gli obiettori, di problema nucleare.
Questo grazie alla lettura di un libro per me molto importante, di uno
psicanalista, ma non solo, Franco Fornari. Il titolo è: Psicanalisi della
guerra atomica, ed ha posto in evidenza la situazione nuova, in cui, come
Umanità ci si veniva a trovare e come le risposte dovessero essere adeguate ai
tempi nuovi, sia per l’apparato statale che tutti i suoi cittadini.
La copertina |
Gaccione: Scomparsa la leva obbligatoria di
massa, la pace non ha fatto un solo passo avanti.
Bruzzone: Devo ammettere che è vero, anche
se qui si sta parlando di un solo Paese, il nostro, che ha regolamentato il
giusto desiderio di diversi cittadini di non voler imparare ad uccidere
nessuno. Nella situazione nucleare in cui siamo è però insufficiente, perché
altri possono decidere di fare una guerra, e quindi coinvolgerti
inevitabilmente. Il problema, quindi, sarebbe di far sì che non ci sia guerra
alcuna, e lo potrebbero fare i cittadini riappropriandosi della propria
violenza ceduta allo Stato, diventando lo Stato-Uomo che ubbidisce alla legge
del NON uccidere all’interno e all’esterno di esso. Per far questo, non si eserciterebbe
alcuna violenza verso chicchessia, ma si esprimerebbe quella responsabilità di
tutti per la salvezza di tutti.
Gaccione: Come mai, secondo te, nessuno
Stato disarma unilateralmente? Eppure la spesa militare ha aggravato le
condizioni economiche di tanti Paesi, e sono proprio le armi di sterminio a
mettere a rischio la sopravvivenza del genere umano.
Bruzzone: Per ragioni psicologiche, meglio
psicotiche, di comportamento dei gruppi. Per il “terrore” che il “nemico”
approfitti delle tue difficoltà per “distruggerti” e allora tu, cittadino, deleghi
la tua “sicurezza” allo Stato. E così devi sopportare che lo Stato intervenga
dopo anni per risolvere i tuoi problemi di ambienti devastati da terremoti,
alluvioni, disastri vari, senza che un euro venga spostato dalle spese militari
al sociale. Spese che non riguardano semplicemente le paghe al personale
militare, ma all’intero apparato e alle armi di stermino, sempre più costose,
sempre più sofisticate, mentre tu continui a vivere male, magari con una
famiglia da mantenere.
Gaccione: Manca un livello di
consapevolezza…
Bruzzone: Ci vorrebbe qualcuno che facesse
sua questa responsabilità e consapevolezza, ci vorrebbe qualcuno dei nostri
governanti, dei nostri politici: non hanno ricevuto per questo il nostro
mandato? Ma anche i militari, avendo una certa responsabilità nei confronti dei
cittadini, dovrebbero avvisarci che in caso di guerra nucleare e con le armi di
sterminio di massa a disposizione, non riusciranno a salvare nessuno. Ma
dovrebbero dircelo adesso che la guerra non c’è. “Dopo” sarà troppo tardi, e il
silenzio potrebbe avere altri significati.
Nato ad Albenga - provincia di Savona - nel 1942,
Giuseppe Bruzzone ha studiato a Genova, dove si è diplomato Perito industriale.
Ha lavorato a Genova, Torino, Milano, impegnandosi come Sindacalista
metalmeccanico Fim. Da sempre attivo nel campo della pace, dell’antifascismo,
dell’ambientalismo e della pace, vive a Milano.