di
Cataldo Russo
Sono
quasi le undici di sera e ho trascorso più di due ore a fare zapping da un
canale all’altro alla ricerca di qualcosa di interessante. Niente! Solo
spazzatura, pettegolezzo, telefilm che esaltano lo spirito yankee, giochi a
quiz, nudità mozzafiato, falso pathos e false liti familiari e di vicinato
retribuite con soldi pubblici. Alla fine, ripiego su Rai Uno e chi spunta dal
cilindro del prestigiatore? Lui, Brunone nazionale, salariato fisso del video,
ultrasettantenne, in Rai dal 1968 e con cachet da capogiro. È terribilmente di
parte, amante delle verità preconfezionate e paladino del comune buonsenso e,
perciò, inamovibile, con schiere di politici che fanno la fila per essere
invitati alla sua trasmissione Porta a Porta, considerata da molti media la terza
camera del Parlamento A me francamente la trasmissione non dice nulla: vecchia
la formula, vecchio il modo di condurre le interviste, banali i pareri degli
esperti e strumentali i propositi. Sono più di cinquant’anni che il tuttologo
Vespa galleggia sul cadavere putrefatto del compromesso e del vogliamoci bene.
Cinquant’anni che entra nelle nostre case con il suo fregar di mani e il
sorriso che assicura tutti e non fa dormire sonni tranquilli a nessuno.
Cambio
su Rai Due e chi si vede saldamente incollato sulla poltrona? Ma semplice…!
Fabio Fazio, coniglio con la licenza di apparire un leone. Il “ragazzo” caro a
dalemiani e veltroniani è in Rai dal 1982/83. Altro salariato fisso, altro
lacchè della politica, scriteriatamente retribuito con soldi pubblici e con
cifre in euro abbondantemente con sei zeri. Gli ospiti sono i soliti
lottizzatori di salotti e programmi televisivi: attori, direttori di giornali e
di testate televisive e radiofoniche, presentatori, politici, cabarettisti,
comici. E poi l’ospite fissa, lei, la Lucianina, come la chiama trottolino
amoroso facendole le coccole, il cui umorismo, se depurato dalla
parolaccia, non farebbe ridere nessuno. Nella realtà gli ospiti di Fazio sono
per lo più persone giunte al capolinea, che hanno poco o nulla da dire e che,
perciò, si rifugiano nella banalità degli aneddoti o esaltano episodi di vita
di cui, francamente, non dovrebbero fare mostra, per apparire brillanti.
Allora
giro su Canale 5 e chi appare radiosa e serafica, spianata da chili di make-up?
Ma lei, la Barbarella nazionale con il suo programma “Live: non è la D’Urso”,
altro contenitore di spazzatura, altro vespaio di pettegolezzo, altri pareri
strumentali che raramente superano il raggio del naso. La trasmissione è un
defilé di falsità, nonsense e banalità, Anche lei è entrata prepotentemente
nelle nostre case dagli anni ’70 in avanti e non ne è più uscita alternandosi
fra reti Rai e reti private. Il tratto più saliente delle sue conduzioni è
l’ipocrisia, ambito nel quale ha pochi rivali. Non è possibile che una donna
priva di valori veri possa apparire alternativamente sbarbina e saggia,
saccente e oca, tuttologa e svampita, furba e ingenua… Uno schifo!
Ancora
zapping e finisco su Rete 4. Oh, dio! Paolo del Debbio! Più in basso di così
non si può cadere. Del Debbio è terribilmente di parte. Fa politica
apertamente, ma questo non sarebbe una colpa se la facesse come cittadino o
politico, non come conduttore che, in quanto tale, gode dell’accreditamento
dello schermo poiché, è risaputo, per molti ciò che dice la televisione è
verità, oro colato. Gli ingredienti che usa sono ancora più abusati e stantii e
proprio per questo più pericolosi. Le solite schermaglie dei pareri
contrastanti, la solita presenza di politici che dicono bianco e altri che dicono
nero. E i soliti “saggi” come la Santanché, Sallustio, Salvini, Vittorio
Feltri, Bel Pietro, Senaldi, Sgarbi, ecc. che credono di dire cose interessanti
ma che di fatto non fanno altro che vomitare improperi e dire bugie senza alcun
ritegno. Il guaio è che quest’uomo senza qualità ha il potere di fare opinione
pubblica e indirizzare il voto. Un’autentica iattura.
Schiaccio
ancora tasto e finisco su “Non è l’Arena” con quell’autentico paladino di
coraggio, ardimento e azzardo che è Massimo Giletti, altro coniglio con licenza
di atteggiarsi a lupo, altro monumento di ipocrisia che ama accreditarsi come
sincero e ardimentoso cavaliere di ventura, quando invece il tratto che meglio
lo distingue è la falsità e la codardia. Anche lui promette verità strabilianti,
testimonianze uniche, rivelazioni sensazionali, ma alla prova dei fatti solo
banalità e annunci. A sentirlo blaterare devo riconoscere che riesce a
catturare l’attenzione del pubblico, ma non appena il gioco si fa palese, il
programma si rivela essere la fotocopia di altri programmi. Insomma, una
minestra riscaldata. Lui poi è arrogante e maleducato, interrompendo chi non
gli è gradito. Gli unici che lascia parlare a ruota libera sono Salvini, Meloni
e fascisti e sovranisti vari. La maggior parte degli ospiti che invita sono
faziosi, impegnati più a denigrare che ad informare. Insomma, Giletti, al di là
di come se la tira, è un urlatore da mercato.
Sempre
facendo zapping, finisco casualmente su “Stasera Italia” condotta da Veronica
Gentile, precoce persino nel cambiarsi i pannolini da sola. Altra cuoca di
minestre riscaldate, di format superati. Rimango un po’ perplesso perché la
sera precedente la trasmissione era stata condotta da quell’autentico monumento
di comune buonsenso che è Barbara Palombelli: sbarbina e casual di pomeriggio,
truccata e vestiti classici di sera. Il
dover andare per più volte al giorno da parrucchieri e truccatori non può non
avere risvolti psicologici, tanto da apparire compunta laddove dovrebbe essere
felice, e allegra quando bisognerebbe essere compunti. Anche questo programma
più che informare disinforma e più che cercare la verità la altera e la
trasforma ad uso proprio.
L’elenco
dei programmi spazzatura è lungo, ma non vorrei omettere di citare “Quarta
Repubblica” condotto da Nicola Porro, e “Fuori dal coro” affidato al demagogo
per antonomasia, Mario Giordano, sempre pronto a sputare veleno in falsetto su
tutto e tutti. La verità è che la
televisione oggi è venuta a connaturarsi come un vero e proprio polipo che con
i suoi tentacoli tiene avvinti allo schermo milioni di persone. E ci riesce
quanto più propone pettegolezzo, volgarità, slogan, giochi a premi e programmi
privi di contenuto.
Ma
la cosa più raccapricciante è che anche quelle trasmissioni tipo Piazza Pulita,
Carta Bianca e Dimartedì che si sono accreditate come programmi di qualità o di
approfondimento, si basano fortemente sulla tecnica dei pareri contrapposti di
“altisonanti esperti” e usano gli stessi ingredienti stantii delle altre
trasmissioni per tenere avvinti allo schermo milioni di spettatori, perché in
fondo non conta quello che si dà e ciò che le persone capiscono e apprendono e
come si relazionano con l’informazione, ma quante di esse rimangono incollate
allo schermo per il tempo in cui dura il programma: il dio share!
La
televisione, ancor più che la religione, oggi è l’oppio dei popoli, capace di
ipnotizzare milioni di persone dicendo loro in che cosa credere, cosa fare,
come votare, cosa vedere, cosa mangiare e indossare e via discorrendo. La televisione
è una grande illusione, un sogno collettivo che fa credere alle persone di
essere informate quanto più vivono nella cecità più profonda, espropriate come
sono del diritto di pensare con la propria testa e di farsi un’opinione
personale, giusta o sbagliata che sia.
Sarebbe
sbagliato, però, dire che la colpa è solo di conduttori e giornalisti. Questa
informazione nasce da un patto scellerato fra politica e media. In un momento
in cui i politici non riescono più a mobilitare le masse con i comizi nelle
piazze e la cui credibilità è fortemente in crisi per i comportamenti negativi
e contraddittori che pongono in essere, l’unico modo che hanno per avere
visibilità è la presenza in queste trasmissioni diventate ormai passerelle
di società di mutuo soccorso, il cui scopo è quello di mantenere in
auge persone le cui azioni non andrebbero oltre la punta del naso e i cui
talenti sono inesistenti.