di Marco Vitale
Assemblea popolare a difesa dell’Ospedale Morelli
di Sondalo.
di Sondalo.
Valfurva. Nella serata del 9 agosto 2020, una serata con saltuari
scrosci di pioggia, che non hanno frenato la partecipazione, ho assistito ad
una lezione di democrazia a Sondalo, Alta Valtellina. Oltre 3000 persone si
sono ordinatamente riunite al campo sportivo, sufficientemente ampio per
permettere il dovuto distanziamento, tutte, doverosamente, munite di
mascherina, assistite da efficienti squadre di volontari che hanno reso
possibile una manifestazione di popolo, non facile da gestire di questi tempi.
Eravamo riuniti per discutere il tema del Morelli, un ospedale fondamentale per
tutta l’Alta Valle, sia per i residenti che per i milioni di turisti che
partecipano alla vita della Valle. Il Morelli è un ospedale storico, nato negli
anni ’30, come grande centro nazionale nella lotta, vinta, contro la
tubercolosi e onorato, nella sua lunga vita, non solo da assistenza sanitaria
corrente per il territorio ma da specialità e da medici di alto livello che
attraevano pazienti da tutta Italia. Il nome del Morelli lo appresi da
ragazzino, nella mia città di Brescia, dai grandi che andavano a curarsi al
Morelli di Sondalo. La sua posizione è aprica e molto salubre, non a caso fu
scientificamente scelta, a suo tempo, per i malati di tubercolosi. La sua
struttura è quanto di più moderno si possa oggi concepire. Sembra disegnata da
quegli architetti contemporanei che sostengono che la bellezza dell’ambiente
esterno e interno degli ospedali fa parte integrante della cura. Il suo
personale è competente e legato al “suo” ospedale. Recentemente tutte o quasi
le attività sono state spostate a Sondrio, in un ospedale che già fatica a
gestire le proprie, e il Morelli, si è detto temporaneamente, è stato
trasformato in un centro per malati di Coronavirus.
Grafica di G. Denti |
Ha svolto questo compito
molto bene, con soddisfazione generale. Ora, in modo subdolo se non
truffaldino, sfuggendo ad ogni confronto reale con il territorio e i suoi
rappresentanti (i sindaci; io ho sempre sostenuto che non si può fare buona
strategia sanitaria senza coinvolgere i sindaci), la Regione ha preparato un
piano di riorganizzazione della sanità in Valtellina che, in pratica,
porterebbe ad un ulteriore svuotamento e impoverimento del Morelli con effetti
disastrosi per lo stesso e per la sanità in Alta Valle.
Il piano della Regione
si fa schermo di un presunto piano del Politecnico che, in realtà, è un parere
privato e personale di due docenti dello stesso ed è improprio che venga
attribuito all’istituzione Politecnico. Il piano della Regione, che ho studiato
attentamente con l’aiuto di un valente direttore sanitario generale che conosce
bene la situazione ospedaliera della Valtellina, sarebbe un avvio alla morte
del Morelli, come ha detto molto bene la giovane sindaco di Sondalo: “ci hanno
detto che non è prevista la chiusura del Morelli. Ma il Morelli, se la Regione
segue il piano del Politecnico, è già morto”. Ciò sarebbe un disastro per la
già disastrosa sanità valtellinese e un danno grande per la sua popolazione e
per il suo sviluppo. La serata del 9 agosto 2020 era dedicata ad informare e
coinvolgere la popolazione su questa vicenda di vitale importanza. C’era da
temere, come spesso succede in questi casi, di trovarsi di fronte ad una
protesta sgangherata, tutta giocata in termini di bottega locale. E invece ci
siamo trovati a partecipare ad un incontro di alto livello sui temi della
sanità e sui rapporti tra sanità, territorio, economia, spirito civico, popolo
e istituzioni. E qui, insieme alla larga ed ordinata partecipazione, sta la
lezione di democrazia di cui parlo nel titolo. Da tempo si è formato un
Comitato per elaborare una propria costruttiva proposta, affiancato da un
comitato scientifico, di alto livello professionale, metà del quale sarebbe
sufficiente alla Regione per essere meno ignorante e arrogante sui temi della
sanità regionale.
Ne è uscito un piano serio, molto interessante, che la Regione si è rifiutata di discutere. Nella serata del 9 agosto tutto questo è stato illustrato ai cittadini con grande chiarezza e con toni pacati e costruttivi. Hanno parlato i sei sindaci interessati che hanno pronunciato parole dure ma serie e tutte basate sui fatti e i membri del comitato scientifico che hanno illustrato tutte le incongruenze e pericolosità del piano della Regione (attribuito al Politecnico). La loro sapienza sanitaria e organizzativa era alta e convincente. Ma, in verità, erano facilitati dal bassissimo livello professionale del piano regionale. Era come sparare sulla Croce Rossa. Poi si sono levate altre voci di esperti e responsabili vari, tutte molto serie e documentate. I manifesti appesi nel campo non sollevavano pretese strane, da bottega, ma invocavano l’art. 32 della Costituzione e sottolineavano l’importanza del rapporto tra salute, lavoro, sviluppo. Non ho sentito temi di bassa bottega, come Sondalo contro Sondrio, Alta Valle contro il resto della Valle, ma una grande consapevolezza che siamo di fronte a temi profondi e di interesse comune, non a piccole beghe di bottega come certi personaggi, della Regione, piccoli piccoli, vorrebbero far credere. È stato bello stare a sentire questi discorsi forti ma civili, schietti, semplici, veri. Io non ho parlato per ragioni di tempo e perché era giusto che il tempo disponibile fosse dedicato ai responsabili e al pubblico. Affido così alla carta le cose che avrei voluto dire.
Ne è uscito un piano serio, molto interessante, che la Regione si è rifiutata di discutere. Nella serata del 9 agosto tutto questo è stato illustrato ai cittadini con grande chiarezza e con toni pacati e costruttivi. Hanno parlato i sei sindaci interessati che hanno pronunciato parole dure ma serie e tutte basate sui fatti e i membri del comitato scientifico che hanno illustrato tutte le incongruenze e pericolosità del piano della Regione (attribuito al Politecnico). La loro sapienza sanitaria e organizzativa era alta e convincente. Ma, in verità, erano facilitati dal bassissimo livello professionale del piano regionale. Era come sparare sulla Croce Rossa. Poi si sono levate altre voci di esperti e responsabili vari, tutte molto serie e documentate. I manifesti appesi nel campo non sollevavano pretese strane, da bottega, ma invocavano l’art. 32 della Costituzione e sottolineavano l’importanza del rapporto tra salute, lavoro, sviluppo. Non ho sentito temi di bassa bottega, come Sondalo contro Sondrio, Alta Valle contro il resto della Valle, ma una grande consapevolezza che siamo di fronte a temi profondi e di interesse comune, non a piccole beghe di bottega come certi personaggi, della Regione, piccoli piccoli, vorrebbero far credere. È stato bello stare a sentire questi discorsi forti ma civili, schietti, semplici, veri. Io non ho parlato per ragioni di tempo e perché era giusto che il tempo disponibile fosse dedicato ai responsabili e al pubblico. Affido così alla carta le cose che avrei voluto dire.
1. Il mio giudizio sulla situazione
lo ho già pubblicato in un, forse troppo lungo, articolo integralmente
pubblicato dalla Provincia di Sondrio, che ringrazio per la sua generosa
ospitalità. Questo articolo ha avuto larga diffusione in Valle, ma è stato
subito ripreso da un giornale on line tra i più diffusi e rispettati di Milano,
un giornale culturale molto ben diretto (Odissea) e da un importante blog di
temi politici (Continolo). E questa è la riprova che il tema che stiamo
discutendo è evidentemente un tema culturale e politico. Sottolineo questo
fatto per contrastare un sentimento troppo spesso diffuso tra i valligiani: di
sentirsi isolati. Non è vero ed è doppiamente non vero sui temi della sanità.
La situazione della sanità interessa tutti, è un tema di tutti, degli abitanti
dell’Alta Valle, dei “foresti” e mezzo residenti come me, dei turisti abituali,
dei turisti di passaggio, dei ciclisti che vengono da tutto il mondo per
pedalare, e qualche volta infortunarsi, sui nostri meravigliosi passi di
montagna, degli sciatori che continuano a sciare sulle nostre piste, nonostante
ottenere una radiografia, in tempi ragionevoli, sia così difficile. Ed
interessa tutti i valtellinesi perché la qualità sanitaria è componente essenziale
del profilo culturale dell’intera Valle. Ed interessa tutti i lombardi
dotati di cervello e di senso di responsabilità, perché la Valtellina è
componente importante della Lombardia, della sua storia, della sua immagine,
della sua attrattività, della sua competitività. Perciò la situazione della
sanità valtellinese, che un direttore ospedaliero di grande esperienza e che,
fino a poco fa, l’ha conosciuta profondamente dal di dentro, ha definito
“disastrosa” non è un problema solo dei valligiani (che sono relativamente
pochi e che, pensano i vertici regionali, si possono sempre comprare con
qualche elemosina), ma di tutti i cittadini responsabili lombardi.
Grafica di Giuseppe Denti |
È un problema di tutti domandarsi come possiamo andare avanti con una sanità lombarda gestita da incompetenti ed arroganti, come la vicenda del Covid19 ha messo in luce e come l’attuale vicenda del Morelli conferma, con una opposizione nel consiglio regionale assente e silente se non compiacente e un sindacato sparito nel nulla. Se dunque vogliamo non solo salvare il Morelli ma insieme a lui l’art.32 della Costituzione, dobbiamo cogliere questa occasione per una discussione di più largo respiro e impegnarci personalmente. Come è stato fatto nella serata del 9 agosto a Sondalo.
2. La grande presenza della
popolazione, partecipata e attenta, è di grande conforto; è essenziale. Senza
questa presenza ogni sforzo sarebbe vano perché la cocciutaggine e l’arroganza
di chi gestisce la partita da parte della Regione non sono scalfibili solo con
la ragione. Anzi esse sono talmente forti da giustificare il sospetto che
esistano altre ragioni, oltre alla stupidità, che mi sfuggono. Una volta, da
commissario straordinario del Policlinico di Milano, accompagnato dal direttore
scientifico, Luciano Gattinoni, feci una visita ad un ospedale cantonale
svizzero. Dopo l’incontro, ottimamente organizzato e gestito con grande
cortesia e generosità, prendemmo un taxi per l’aeroporto. Il tassista ci chiese
cosa fossimo andati a fare al “suo” ospedale, sul quale egli si mostrò
informatissimo: sui servizi, sui principali protagonisti, sui risultati di
bilancio, sulle cose che andavano bene e su quelle insoddisfacenti. Io
comunicai a lui tutto il mio compiacimento, ma anche un po’ la mia sorpresa,
per questa sua profonda conoscenza delle cose dell’ospedale. Ma, a su volta, il
tassista fu sorpreso dalla mia sorpresa e mi disse: “questo è il nostro
ospedale e dobbiamo sapere come vanno le cose; questo per noi è il federalismo.
Non ho mai dimenticato questa lezione che mi è ritornata alla memoria proprio
la sera del 9 agosto, vedendo, con gioia, quanta gente si è mobilitata per il
Morelli. Il Morelli è il “nostro” ospedale. È cosa nostra, non cosa loro, come
loro credono.
3. Il mio articolo (7 agosto 2020,
La Provincia di Sondrio) è stato scritto senza alcun collegamento con il
Comitato ed anzi ignorando che il 10 agosto ci sarebbe stato questo bellissimo
incontro. Esso esprime quindi il mio pensiero, i miei studi e la mia esperienza
soprattutto come Commissario straordinario del Policlinico di Milano. Il mio
giudizio è netto, e il fatto che coincida con le analisi e i giudizi del
Comitato è significativo:
*- il piano della Regione è
disastroso per l’Alta Valle e, dunque, per tutta la Valtellina, senza se e
senza ma;
*- la Regione, vilmente, si nasconde
dietro ad un presunto piano del Politecnico, ma ciò non mi impressiona perché,
altre volte mi è capitato di vedere attribuire al Politecnico (gloriosa
istituzione lombarda) delle autentiche sciocchezze, privatamente formulate da
alcuni suoi impiegati;
*- i parametri usati nel piano
regionale sono previsti dalla legge come parametri standard, ma sono del tutto
inadatti alla medicina di montagna, soprattutto ad una valle con la struttura
lunga, tortuosa e difficile come la Valtellina. Ed è per questi casi che il
legislatore prevede variazioni, differenze, sperimentazioni;
*- applicando come è oggi questo
piano della Regione, farà danni gravissimi alla popolazione residente e tarperà
le ali ad ogni sforzo di ulteriore sviluppo turistico, invernale ed estivo,
della Valtellina;
*- sono pronto a sostenere su
questi aspetti un dibattito pubblico con chi ha firmato il piano attribuito al
Politecnico.
4. Oggi il Comitato è impegnato in
un’azione di difesa, essenziale, prioritaria e fondamentale per la popolazione
residente. Ma per fortuna i discorsi dei sindaci e del Comitato, l’alto livello
del suo comitato scientifico e la partecipazione massiccia della popolazione,
ci permette di pensare anche oltre alla semplice sopravvivenza del Morelli.
Quello che più mi interessa è pensare in avanti, pensare in grande, perché come
disse un grande lombardo, Carlo Cattaneo chi si fa piccolo nei pensieri sarà
piccolo anche nelle azioni. Ma prima di affrontare questa tematica, è
necessario contrastare due credenze puerili e dannose che dominano nella
cultura economica della nostra Regione, e non solo, in materia sanitaria:
*- la sanità è un costo. Non è
vero! La sanità è un investimento. È un investimento sulla gente ed anche sulla
sua produttività reale, sul sistema, sulla convivenza sociale, sul buon vivere.
È questo il pensiero sottostante all’art. 32 della Costituzione, che pone il
diritto alla salute tra i diritti costituzionali fondamentali di tutti i
cittadini, a prescindere dal luogo dove essi vivono. La mentalità mercantile
che si è impadronita del modo di pensare di molti ha cancellato un grande
principio liberale che Einaudi formulò con queste parole: il mercato si
incontra con la domanda ma non si incontra con i bisogni;
*- si deve fare efficienza e
l’efficienza si fa riducendo i presidi territoriali, concentrando sempre più i
servizi, tagliando a prescindere dai bisogni della gente. La gente si adatterà,
si adeguerà. Noi dobbiamo fare efficienza e basta. E l’efficienza si fa con i
costi non con la gente. Ma chi ha qualche studio serio di economia sanitaria sa
che l’efficienza senza l’efficacia porta, in sanità, al disastro. È questa
credenza puerile che ha portato in Lombardia al disastro del Coronavirus, ad un
rapporto tra morti e contagi tra i più elevati del mondo. Confrontiamoci con la
Germania e domandiamoci perché, a parità di contagi, i loro morti sono una
modesta percentuale rispetto ai morti lombardi.
5. Se si rovesciano queste credenze
puerili e le disastrose politiche che ne conseguono si può incominciare a
ragionare seriamente. Svuotare e svilire il Morelli è un’operazione non solo
criminale verso la popolazione residente, ma anche economicamente demenziale.
Il Morelli, per localizzazione e ambientazione, per struttura magnifica, per
storia (come, in questi giorni, ci ha ricordato il prof. Gaetano Rocco, della
Cornell University di New York, che dal Morelli è partito per un volo a livello
mondiale) e la storia non è acqua, per qualità di un personale legato ed
affezionato al “suo” ospedale, ha un potenziale straordinario: non solo per
rispondere ai bisogni della popolazione, ma per essere centro di attrazione,
come è sempre stato, di attività di alta specializzazione capaci di attrarre
clienti da molto lontano, di centri di riabilitazione in vari campi dei quali
vi è un bisogno crescente, di sviluppare il suo già buon reparto di medicina
operativa a un livello mondiale in modo del tutto coerente con la politica di
sviluppo delle attività sportive così forte a Livigno, e che dall’insieme di
Livigno, Stelvio, e grandi passi per gli appassionati di bicicletta rappresenta
un retroterra unico.
Insomma, ci sono pochi dubbi sul fatto che il Morelli come
combinazione unica di natura, storia (ma la storia è futuro), competenze,
posizione, può e deve diventare creatore di salute per i suoi abitanti ma anche
di cultura, di sviluppo, di lavoro, di attrazione per i giovani, di ricerca, di
creazione, di relazioni internazionali e, quindi, anche di buona economia
e di buona finanza. Un fiore all’occhiello, un fattore di sviluppo per
tutta la Valle.
Il disegno è limpido e lineare. È scolpito nei fatti. Ma
dubito che questa possibilità esista nell’attuale struttura di pensiero e
operativa della Regione Lombardia. Da qui la ovvia proposta. Non basta
difendere il Morelli, bisogna rilanciarlo alla grande. Ciò richiede la
costituzione di una Fondazione pubblico-privata, inquadrata nella politica
regionale, come è per gli ospedali IRCSS, ma libera dai pesi e
dall’arretratezza mentale dei responsabili della sanità regionale. Vi siete mai
domandati perché l’Humanitas ed altri grandi gruppi milanesi, come il San
Donato, pur essendo sottoposti alla supervisione della Regione e ricevendo il
grosso dei loro introiti dal SSN attraverso la Regione e con le tariffe della
stessa, hanno arricchito i loro proprietari e sono diventati potenze
economiche? Il Morelli, dunque, da peso può diventare una grande opportunità.
Ma non ci sono i soldi, si dice. Questo ritornello che abbiamo sentito tante
volte, è un ennesimo imbroglio. Perché i soldi ci sono sempre per le
stupidaggini, per sperperarli. Ci sono, ad esempio, a decine di milioni per
l’assurdo centro di rianimazione in Fiera, utilizzato per un paio di pazienti,
e che Luciano Gattinoni, uno dei maggiori esperti mondiali di rianimazione, ha
giudicato con parole durissime.
I soldi non ci sarebbero per fare oggi un
Morelli. Quando fu costruito ci volle il Governo che voleva vincere la sua
battaglia contro la tubercolosi (e quanto ha fruttato nel tempo questo
investimento!). E proprio per questo lasciarlo deperire è un delitto economico.
Ma per gestirlo bene e rilanciarlo in modo efficiente ed insieme efficace, i
soldi ci sono e avanzano, perché se bene impiegati ritorneranno alla grande.
È difficile credere che tra Sondrio, Bormio, e i ricconi di
Livigno, gli enti pubblici e i privati della Valle, e magari qualche ente
svizzero di quelli che appartengono a quella che una volta si chiamava Alta
Rezia, non si riesca a costituire una fondazione pubblico-privata capace di
rilanciare un centro di salute pubblica di altissimo livello come è il Morelli.
Svuotare e lasciare morire il Morelli, come pensano alcuni personaggi in
Regione, è un crimine, civile ed economico e quindi anche politico.