INSIEME CONTRO LA GUERRA
di Roberta De Monticelli
Max Hamlet Sauvage
"Guernica oggi"
Perché dobbiamo marciare per la pace.
Il 15 febbraio del 2003 oltre 100 milioni di persone scesero nelle piazze
delle principali città del mondo per opporsi all’imminente guerra che sarebbe
stata poi scatenata in Iraq. Si trattò
della più grande manifestazione pacifista della storia, e la
società civile che la animò fu definita dal New York Times “la seconda potenza
mondiale”. Certo, le manifestazioni non fermarono la guerra. Eppure avevamo
ragione, e averlo creduto fa di quei cento milioni di persone che eravamo i
custodi di una verità che oggi pochi sarebbero disposti a disconoscere.
Menzogne, interessi inconfessabili, politiche di potenza tanto ciniche quanto
blasfeme nei confronti degli ideali di democrazia di cui ammantavano i loro
cannoni, calcoli sbagliati e catastrofici nelle loro conseguenze. Queste erano
le basi morali di una guerra che ne scatenò altre, destabilizzando
indefinitamente un’intera regione del globo.
Vent’anni dopo molte delle
associazioni di allora, coordinate in Italia
da Europe for Peace - Rete Italiana Pace e Disarmo (https://retepacedisarmo.org/2023/europe-for-peace-un-anno-di-guerra-e-troppo/) sono pronte a dare inizio alla marcia straordinaria Perugia-Assisi,
nella notte fra il 23 e il 24 febbraio, uno dei momenti più simbolici delle
centinaia di manifestazioni che hanno già cominciato a svolgersi nelle città
italiane ed europee, e culmineranno a Genova, Trieste, Milano, Roma e tanti altri luoghi, il 25 febbraio. Fermeremo la guerra
in Ucraina? Certamente no. Sono inutili, allora queste manifestazioni? No, altrettanto certamente.
Max Hamlet Sauvage "Guernica oggi" |
Artisti, donne e uomini di pace
in Piazza Scala a Milano ieri
“Il mondo è quel disastro che vedete, non
tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se
ne accorgono e stanno lì a guardare” (Einstein). Risvegliarci dall’inerzia
della mente e del cuore è la prima utilità sperata. Stiamo vedendo crollare uno
dopo l’altro gli ideali che hanno dato un po’ di senso alla vita di tutte le
generazioni postbelliche, in Europa. La stessa Unione europea è stata il più
grande progetto politico del Novecento, e la sua parziale realizzazione
costituiva un unicum nella storia politica del mondo: uno stato che prova a
nascere non per via di guerra, di conquista imperiale o coloniale, e neppure di
concentrazione di poteri tradizionali e diffusi, e nemmeno dal dubbio
entusiasmo nazionalistico dei popoli. No: ma per unione pacifica e cessione
parziale di sovranità di stati con una loro storia, una loro potenza, una loro
gloria. Per graduale costruzione di istituzioni normative ispirate a valori
riconosciuti più alti di quella storia, quella potenza e quella gloria, che nei
secoli avevano prodotto sacri macelli,
risse cristiane, imperi feroci e razzisti, e finalmente una guerra civile
europea 1914-1945, con le due esplosioni
più violente e assassine dei millenni di precedente (in)civiltà. L’esperienza morale dell’intera prima metà
del secolo e delle sue tragedie aveva fatto fiorire nelle menti migliori il
vecchio ceppo dell’albero dei Lumi, coi rami delle sue istituzioni normative,
cresciute a raddrizzare il legno storto dell’albero umano: un embrione di
democrazia sovranazionale, parlamento, governo, corte di giustizia, concepiti
per elevare la politica al di sopra delle logiche di dominio, dell’arroganza dei
potenti, del servilismo dei deboli. Per fare che, almeno nella patria dei
diritti umani, l’impero della legge, la voce del diritto rimpiazzassero la
selva geopolitica degli equilibri di potenza, sempre pronti a spezzarsi e a
rovesciare la civiltà umana nel suo opposto assoluto, inesistente in tutto il
resto del mondo animale, estremo per stupidità, violenza e barbarie: la guerra.
Quel poco che fu realizzato, sotto la corona di stelle di quella bandiera
azzurra, nel commosso largo beethoveniano dell’Inno alla gioia, era
l’ultima fioritura del ceppo kantiano, era il sospiro di speranza della pace
perpetua – era davvero il fiore delicato dell’umana età della ragionevolezza,
aveva la dolcezza della maturità forse raggiunta.
in Piazza Scala a Milano ieri