BERLUSCONI
di
Gianmarco Pisa
Il clamoroso autogol di un lutto nazionale.
Certamente la notizia della morte di Silvio
Berlusconi non può lasciare indifferenti: per la rilevanza in sé dell’evento,
legato a una figura pubblica di indubbia importanza nella storia civile e
politica del nostro Paese degli ultimi quarant’anni; e per le implicazioni che
comporta, in termini di giudizio civile e politico e, in prospettiva, di
giudizio storico, sul lascito di una figura politica e istituzionale centrale.
Tanto si è detto, sotto questo versante, e osservazioni puramente aggiuntive
rischierebbero di essere oziose o ridondanti. Alla fine, senza poter esercitare
compiutamente una valutazione di ordine storico che solo con la riflessione nel
tempo e sui documenti potrà essere adeguatamente sviluppata, non c’è dubbio che
la “cifra” del lascito politico di Berlusconi possa caratterizzarsi, tra gli
altri, soprattutto per tre aspetti: l’avere dato forma, per la prima volta in
Italia, ad una destra politica in grado di esercitare rilevanti funzioni
politiche e istituzionali, di raccogliere un consenso di massa e
tendenzialmente maggioritario e di conseguire il governo del Paese, al netto
del giudizio di merito, chiaramente, da esercitare su questa esperienza. L’avere
interpretato, intercettato, accelerato la costruzione di una destra culturale,
storicamente minoritaria e sostanzialmente marginale nel panorama politico
italiano del secondo dopoguerra, e divenuta invece, dagli anni Ottanta, sempre
più significativamente efficace e tendenzialmente egemone nel discorso
pubblico, con il supporto di un apparato mediatico, editoriale e di
intrattenimento di fortissimo impatto. L’avere segnato, in definitiva, un’epoca
storica, dagli anni Novanta e sostanzialmente tuttora in corso, caratterizzata
da termini quali “maggioritario”, “bipolarismo”, “competitività”, “impresa”,
“personalizzazione”, dietro cui si stagliano, a ben vedere, fenomeni culturali
di più lunga durata, il cui sfondo ideologico è indubbiamente regressivo e
sostanzialmente preoccupante, e che disegnano la cornice entro la quale tuttora
il Paese si trova.
Dalla Calabria
Non è a mezz'asta
Non è un
caso che, tra i vari di volta in volta coniati, il suo - “berlusconismo” - sia
con ogni probabilità l’unico “ismo” pertinente di questa fase storica e
politica, avendo la figura e lo stile di Berlusconi indubbiamente caratterizzato
un’epoca, anche (e forse soprattutto) per la subalternità e la debolezza delle
forze che avrebbero dovuto invece allestire un’opposizione e attrezzare
un’alternativa, sociale, culturale, politica. Il carattere regressivo
dell’orizzonte di senso portato da questo “ismo”, è, dal punto di vista della
qualità delle relazioni sociali, del carattere della proposta politica che
incarna, del contenuto della proposta culturale che esprime, fuori discussione.
Bene lo ha espresso, tra gli altri, Alfredo D’Attorre in una recente intervista su l’Unità:
non solo in quanto «il ruolo politico di Berlusconi sia derivato dalla capacità di
rappresentare e accelerare una trasformazione culturale della società italiana
in atto a partire già dagli anni Ottanta del secolo scorso»; ma anche in
quanto «questo
indebolimento della forza e della capacità di incidere della politica
democratica è anche l’effetto di una perdita di autonomia culturale. E per la
sinistra, che per costituzione dovrebbe essere la parte capace di pensare un
mondo altro da quello che è, ciò ha avuto conseguenze ancora più gravi». Diventa allora
più facile comprendere quanto la figura di Berlusconi (ciò che esprime e ciò
che rappresenta) sia divisiva e, di conseguenza, quanto la scelta del governo
di destra di tributargli non solo il (dovuto) funerale di stato ma anche il
(discutibile) lutto nazionale sia stata opinabile e controversa.
Non è a mezz'asta