IL PARCO
SEMPIONE
di Angelo Gaccione
Veduta dell'Arena Civica
Il Parco
Sempione conserva molte sorprese e vale la pena, almeno una volta, percorrerlo
nella sua intera superficie. Vi troverete la Torre Branca di Gio Ponti e Cesare
Chiodi realizzata nel 1933, il Ponte delle Sirenette di Francesco Tettamanti
(1842), il Teatro Continuo di Alberto Burri (1973), il Bar Bianco di Riccardo
Griffini e Giovanni Gariboldi (1954), la Fontana dell’Acqua Marcia di Amorosi
(1925-1929), i Bagni Misteriosi di De Chirico (1973) ora per fortuna recintati
e protetti dai vandalismi, la Biblioteca del Parco ideata da Ico Parisi, Silvio
Longhi e Luigi Antonietti nel 1954. La realizzazione in cemento armato ha una
sua giustificazione poiché chi materialmente le diede vita, e cioè la
Cementeria Di Merone, era specializzata nel trattamento di questo materiale da
costruzione. Su una parete è riprodotto un bassorilievo (sempre in cemento),
come in cemento è quel singolare Chiosco Scultura di Giorgio Roccamonte (1973) –
realizzato dalla Italcementi – con quei tre “copricapi” tanto strani. Gli
alberi piantati in memoria di Lea Garofalo assassinata dalla ’drangheta per
essersi ribellata, lei calabrese di Petilia Policastro e donna di un boss,
all’infamia dei mafiosi e quello dedicato alla guardia ecologica volontaria
Giorgio Paltrinieri, che prendendosi cura del Parco e del verde ha fatto quello
che ci ricordano le parole di Sant’Ignazio di Antiochia: “Si educa molto con
quello che si dice, ancor più con quello che si fa, molto più con quel che si è”.
Ma c’è anche una panchina rossa con la targa su cui sta scritto che Milano dice
basta alla violenza sulle donne; c’è il gigantesco monumento con la statua
equestre di Napoleone III opera di Francesco Barzaghi realizzata nel 1886, con
la lunga teoria dei nomi dei soldati francesi caduti nel corso della Seconda
guerra d’indipendenza italiana incisi lungo l’intera superficie del sotto
basamento.
L'Arena allagata per una naumachia
1880
1880
È gigantesco questo monumento nato da una sottoscrizione popolare “per ricordare il contributo dell’alleato francese”. I giovani turisti che ho incontrato ai piedi del monumento a leggerne i cognomi si interrogavano stupiti sia per la quantità dei caduti francesi, sia per la maestosità della statua. Sarebbe stata troppo lunga una “lezione” di storia patria, ma qualche dubbio sono riuscito a chiarirglielo. Contribuì anche Verdi alla colletta perché ne apprezzava il sacrificio, ma le componenti radicali non perdonavano al monarca la morte di tanti garibaldini nello scontro di Mentana e le polemiche aspre che si accesero tardarono la collocazione del monumento in uno spazio pubblico adeguato. Si dovette aspettare il 1927 perché la statua potesse trovare la sua collocazione nel Parco più importante della città.
La Palazzina Appiani
Il Castello
Sforzesco, l’Acquario Civico, l’Arena, il Palazzo dell’Arte (la Triennale di
Milano) che del Parco fanno parte, sono notissimi e frequentati; meno
conosciuta – perché raramente aperta – è invece la Palazzina Appiani. Da alcuni
anni a permettere di visitarla sono i volontari del Fondo per l’Ambiente
Italiano e così io ho potuto accedervi. La Palazzina, attraverso una scalinata,
conduce alla Tribuna Reale, una specie di palco a disposizione di Napoleone
Bonaparte e della sua famiglia perché potesse assistere alle celebrazioni in
suo onore e concedersi allo sguardo entusiasta dei suoi estimatori. Il
porticato cinto da otto colonne corinzie ha l’affaccio sull’Arena Civica Progettata
da Luigi Canonica nel 1807.
Il Belvedere della Palazzina
Una balaustra sorretta da leoni alati vi permette di cogliere con lo sguardo l’intera ellisse dell’anello ed è un colpo d’occhio di grande fascino. Pare ancora di sentire il coro delle voci degli entusiasti tutt’intorno a celebrare il super-ego compiaciuto dell’imperatore. Una stampa ottocentesca a colori ci mostra l’Arena piena di spettatori mentre vi si svolge una naumachia. È nel suo pieno fulgore, mentre il Parco trabocca di donne elegantemente vestite, uomini a cavallo e carrozze. È colto in una giornata di sole con le montagne innevate sullo sfondo e l’Arco della Pace che si staglia bianco in un immenso paesaggio ancora verdeggiante. Napoleone avrà goduto più volte di quella vista dopo aver sostato nel Salone d’onore e volto lo sguardo al bassorilievo che corre lungo tutto il suo rettangolo. Da comandante militare si sarà immedesimato nel corteo trionfale del fregio immaginando i fasti di una Roma imperiale a cui si era spesso ispirato. Chi ricorda più i nomi dei quattro ingressi con la Porta delle Carceri, la Porta Libitinaria, la Porta Trionfale e il Pulvinare? Oggi percorrendo la via Byron è già molto se prestiamo attenzione alla lapide di marmo con la dedica al giornalista Gianni Brera voluta dal Comune nel 2002, o a quella degli antifascisti Capolongo, Cerini, Cervi, Gaban, Maddalena, Mendel, Rossini, Ottolenghi fucilati in questa Arena il 19 dicembre 1943 per “aver cospirato per l’onore e la libertà della patria”.
L'affaccio sull'Arena
Il Parco
Sempione unisce due luoghi dai tratti inconfondibilmente francesi: l’Arco della
Pace e il Foro Buonaparte. Così si chiamava il Foro prima che dal cognome del
condottiero fosse eliminata la u. La grande piazza circolare arricchita
da edifici neoclassici avrebbe dovuto diventare una celebrazione visiva e
“teatrale” del dominio napoleonico, ma i costi e la scarsità di finanze ne
ridimensionarono il progetto. Tuttavia l’impronta rimane, e ai milanesi il semi-anello stradale che
gira intorno al Castello non dispiace.
Il Salone d'onore della Palazzina |
L'interno |
L'Arena in una stampa Bertarelli |