ERASMOdi
Franco Toscani 11.
La spettacolarizzazione massmediatica
della guerra, la sua realtà effettiva e l'esigenza della sua espulsione
dall'orizzonte della civiltà planetaria. Oggi
assistiamo a una pronunciata estetizzazione e spettacolarizzazione
massmediatica della guerra che, nei paesi in cui la popolazione non la vive
sulla propria pelle, tende a esser ridotta per lo più a materia di talk-show, oggetto di estenuanti
dibattiti televisivi nel "circo massmediatico" (come lo ha definito
Costanzo Preve), elemento di intrattenimento e di discussione, tra una
pubblicità televisiva e l'altra. Gli spettatori, comodamente seduti sulle
poltrone o sui divani casalinghi, vedono scorrere anche le più cruente immagini
di distruzione tra un piatto e l'altro, tra un sorso di vino e un digestivo,
vedono e sentono confrontarsi le opinioni e le valutazioni dei vari
"esperti" (alcuni dei quali sono pure effettivamente competenti) e "opinionisti",
ma ciò che va perduto è proprio l'essenziale della guerra. Nel mondo ridotto a
immagine della "società sirenico-spettacolare" (secondo la pertinente
definizione di Günther Anders), tutto tende a venire anestetizzato nel grande
circo massmediatico e nel chiacchiericcio televisivo. Erasmo, invece, ci invita
costantemente a non dimenticare e a non sottovalutare le immani, inaudite
distruzioni e sofferenze, le violenze d'ogni tipo, la crudeltà e la ferocia,
l'orrore della guerra in tutti i suoi aspetti, il suo odore, il puzzo dei
cadaveri e delle ferite, le epidemie che spesso l'accompagnano, il sangue, la
morte nella sua inesorabilità, la perdita dei propri cari e degli affetti, la
degradazione e lo svilimento dell'umano, il venir meno di ogni "qualità della
vita". Abbiamo
preso in considerazione nelle pagine precedenti l'indignazione e la
preoccupazione di Erasmo circa le conseguenze rovinose dei nuovi strumenti
bellici disponibili al suo tempo, come le frecce intinte di veleno o le prime
forme di armi da fuoco e di artiglieria. Cosa direbbe oggi di fronte
all'enorme, immensa capacità distruttiva della tecnologia bellica attuale,
delle bombe atomiche e dei missili intercontinentali, delle guerre
interstellari per la "conquista dello spazio" che si stanno preparando,
di quelli che Günther Anders definì i "mostri invisibili" ben
presenti negli arsenali militari e che ci ritroviamo tutti sul capo, capaci di
distruggere più volte la vita di tutti gli esseri viventi sul pianeta, pronti
ad essere usati dalla follia dei potenti?
Erasmo
non può più rispondere e siamo noi, i via via soggiornanti, chiamati a dare
risposte, in una situazione caratterizzata dalla "spada di Damocle"
pendente perennemente sul capo e da una capacità bellica distruttiva smisurata,
fuori di ogni controllo. La voce della ragione suggerisce che qualsiasi guerra,
nucleare o non nucleare, anche quella apparentemente più giustificata, non ha
alcun motivo d'essere, va semplicemente messa al bando, espulsa dall'orizzonte,
innanzitutto perché la possibilità della distruzione totale di tutti i
contendenti in campo è comunque troppo reale e vicina. Ma la voce della ragione
non di rado rimane inascoltata e risuona vanamente per molti, per troppi. Già
nella Lettera ai giudici (1965) in
difesa dell'obiezione di coscienza, don Lorenzo Milani rilevava che nelle
condizioni date "la guerra difensiva non esiste più. Allora non esiste più
una 'guerra giusta' né per la Chiesa né per la Costituzione. A più riprese gli
scienziati ci hanno avvertiti che è in gioco la sopravvivenza della specie
umana. (...) E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no
distruggere la specie umana?".È
controllabile l'escalation nell'uso
delle armi più letali? La risposta è secca: non è evidentemente controllabile.
Riprendendo
questa ispirazione di Milani, papa Francesco (Jorge Mario Bergoglio) ha
rilevato nella lettera enciclica Fratelli
tutti (2020) che "a partire dallo sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche, e
delle enormi e crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie, si è dato
alla guerra un potere distruttivo incontrollabile, che colpisce molti civili
innocenti. In verità, 'mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e
niente garantisce che lo utilizzerà bene'. Dunque non possiamo più pensare alla
guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori
all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è
molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per
parlare di una possibile 'guerra giusta'" (VII, 258).Ciò
significa allora rassegnarsi e arrendersi anche di fronte alle ingiustizie e
alle aggressioni più evidenti e insensate? No di certo. Si deve sempre stare
dalla parte degli aggrediti contro gli aggressori ed è bene sempre opporsi a
ogni forma di ingiustizia e di prevaricazione. Si tratta però di vedere come e qui entriamo in un campo dove non
esistono ricette precostituite e neppure molte certezze.Oltre al
ricorso a e al potenziamento di tutte le forme di poteri politico-giuridici
sovranazionali capaci di arginare e dirimere i conflitti internazionali, oltre
alla realistica, urgente e sacrosanta proposta di Luigi Ferrajoli - attenta non
solo alla questione bellica, ma anche alla questione ambientale e alle
crescenti diseguaglianze economico-sociali - di una "Costituzione della
Terra" per "l'umanità al bivio" della nostra epoca (Feltrinelli,
2022), va finalmente presa in seria considerazione
(cosa che finora è avvenuta troppo raramente) la prospettiva della lotta
nonviolenta, ossia di un'opposizione non armata, ma tenace e risoluta, in grado
di contrastare le ingiustizie, le aggressioni e i conflitti tra gli stati e gli
stati. La strada della lotta nonviolenta è l'unica in grado di garantire un
futuro per la civiltà planetaria, se vi sarà per essa un futuro.[1]
Gandhi
Tale
prospettiva di lotta - che si richiama alla grande lezione di Gandhi, Martin
Luther King, Capitini, Langer e altri ancora che non possiamo qui ricordare -
presenta anch'essa, ovviamente, i suoi rischi di fallimento, ma non contempla
quello dell'annientamento totale. E ha poi il merito - basandosi sul confronto,
sul dialogo, sull'ascolto reciproco - di fare appello e di tener conto delle
eventuali buone ragioni presenti nelle posizioni e nelle argomentazioni di
tutti i contendenti in campo. Insomma, mira a valorizzare non gruppi umani
particolari, ma le ragioni dell'umanità intera, il senso dell'umano nella sua
pienezza, l'umanità di tutti e quella che Aldo Capitini chiamava omnicrazia, il potere di ciascuno e di
tutti. Constatiamo
però con amarezza il grande divario tuttora esistente fra ragione e potere,
l'inefficacia/sterilità della ragione senza potere e la pericolosità/dannosità
del potere privo di ragione. Come rendere possibile una maggiore
compenetrazione tra ragione e potere - alla luce di una diversa concezione del
potere come servizio, poter-essere, poter-fare e non come dominio - resta uno
dei problemi decisivi del nostro tempo. La lotta nonviolenta per l'affermazione
della giustizia e della dignità umana è dunque certamente anch'essa una scelta
difficile, problematica e rischiosa, ma l'enorme potenza distruttiva accumulata
dalla tecnologia bellica odierna non ci consente un'altra scelta e un'altra
strada per garantire la sopravvivenza dell'umanità e di tutte le forme di vita
sul pianeta. Nota[1] Per un approfondimento di
questo discorso si veda F. Toscani, Gandhi
e la nonviolenza nell'era atomica, Ed. Piccola Biblioteca di Odissea,
Milano 2011.
Oggi
assistiamo a una pronunciata estetizzazione e spettacolarizzazione
massmediatica della guerra che, nei paesi in cui la popolazione non la vive
sulla propria pelle, tende a esser ridotta per lo più a materia di talk-show, oggetto di estenuanti
dibattiti televisivi nel "circo massmediatico" (come lo ha definito
Costanzo Preve), elemento di intrattenimento e di discussione, tra una
pubblicità televisiva e l'altra. Gli spettatori, comodamente seduti sulle
poltrone o sui divani casalinghi, vedono scorrere anche le più cruente immagini
di distruzione tra un piatto e l'altro, tra un sorso di vino e un digestivo,
vedono e sentono confrontarsi le opinioni e le valutazioni dei vari
"esperti" (alcuni dei quali sono pure effettivamente competenti) e "opinionisti",
ma ciò che va perduto è proprio l'essenziale della guerra. Nel mondo ridotto a
immagine della "società sirenico-spettacolare" (secondo la pertinente
definizione di Günther Anders), tutto tende a venire anestetizzato nel grande
circo massmediatico e nel chiacchiericcio televisivo. Erasmo, invece, ci invita
costantemente a non dimenticare e a non sottovalutare le immani, inaudite
distruzioni e sofferenze, le violenze d'ogni tipo, la crudeltà e la ferocia,
l'orrore della guerra in tutti i suoi aspetti, il suo odore, il puzzo dei
cadaveri e delle ferite, le epidemie che spesso l'accompagnano, il sangue, la
morte nella sua inesorabilità, la perdita dei propri cari e degli affetti, la
degradazione e lo svilimento dell'umano, il venir meno di ogni "qualità della
vita".
Erasmo
non può più rispondere e siamo noi, i via via soggiornanti, chiamati a dare
risposte, in una situazione caratterizzata dalla "spada di Damocle"
pendente perennemente sul capo e da una capacità bellica distruttiva smisurata,
fuori di ogni controllo. La voce della ragione suggerisce che qualsiasi guerra,
nucleare o non nucleare, anche quella apparentemente più giustificata, non ha
alcun motivo d'essere, va semplicemente messa al bando, espulsa dall'orizzonte,
innanzitutto perché la possibilità della distruzione totale di tutti i
contendenti in campo è comunque troppo reale e vicina. Ma la voce della ragione
non di rado rimane inascoltata e risuona vanamente per molti, per troppi.