MARGHERITA HACK COMUNISTA
di
Maria Carla Baroni
Nei
suoi testi autobiografici Margherita Hack, nata nel 1922, scrive tranquillamente
che da ragazzina era fascista, come tutti e tutte i suoi coetanei, che andavano
alle adunate e facevano sport, che potevano praticare solo in quanto seguivano
l’onda della dittatura. Hack, appassionatissima di atletica, fece parte da
adolescente, per forza di cose, della Federazione Italiana Atletica Leggera,
affiliata al GUF, Gruppo Universitario Fascista. Fa notare però che la sua
famiglia venne colpita dal fascismo, in quanto il padre, impiegato all’azienda
elettrica toscana, era stato licenziato perché non si era iscritto al fascio e
la famiglia tirava avanti con difficoltà economiche, sostenuta solo dai
proventi che la madre si procacciava dipingendo e vendendo ai turisti miniature
e copie di quadri celebri del Museo degli Uffizi a Firenze. Narra poi di essere
stata fascista fino a 16 anni, fino al 1938, quando entrarono in vigore le
leggi razziali e una sua professoressa di scienze bravissima, con all’attivo
centinaia di pubblicazioni, scomparve da scuola da un giorno all’altro in
quanto ebrea. Nel maggio 1940, in terza liceo, discutendo in classe con alcuni
compagni fascisti convinti, Hack si era dichiarata contraria all’entrata in
guerra dell’Italia, per cui era stata deferita al preside, bollata come
disfattista e antifascista e minacciata di essere espulsa da tutte le scuole
del regno. Il consiglio dei professori era però riuscito a ottenere solo una
sospensione e un sette in condotta, che avrebbe comportato il rinvio a ottobre
in tutte le materie. Venne salvata, come lei stessa scrive, dall’entrata in
guerra del 10 giugno del 1940, che comportò l’abolizione degli esami di
maturità e la promozione con i voti di scrutinio. Dimostrò dunque, fin
dall’adolescenza, la sua presa di coscienza critica e la sua autonomia di
giudizio. Dai genitori, che avevano abbracciato la teosofia, un credo religioso
che mette al centro la fratellanza universale e il rispetto per ogni forma di
vita, ed erano quindi vegetariani convinti, Hack aveva mutuato l’amore per gli
animali e il ripudio del mangiar carne.
Nel
1964 Hack vinse la cattedra di astronomia all’Università di Trieste, insieme
alla direzione dell’omonimo Osservatorio, ma il suo insediamento, come lei
stessa scrisse, fu ritardato di alcuni mesi dal precedente direttore in quanto
si era sparsa la voce che lei fosse comunista. Ciò che caratterizza, infatti,
la figura e la vita di Margherita Hack è l’intreccio tra la ricerca scientifica,
per la quale assurse a fama internazionale, e il multiforme impegno civile e
politico. Incitava le donne a oltrepassare i ruoli tradizionali, a essere
combattive e desiderose di conoscenza, prendendo a esempio Eva, la cui “colpa è
stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le
leggi che regolano l’universo, la terra, il proprio corpo. In una parola Eva
rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della
fede”.
Coerentemente
nel 2013 prese posizione a favore dell’elezione di Emma Bonino a presidente
della Repubblica, per valorizzare una donna capace in un ruolo mai ricoperto da
una figura femminile. Con la sua inconfondibile oratoria diretta e trascinante,
spesso ironica e pungente, animò molte iniziative a favore della libertà: per i
diritti civili (libertà per gli esseri umani di amare chi vogliono), per i
diritti di tutti e tutte nelle scelte di vita e di morte (soprattutto per
l’eutanasia), per la libertà di ricerca scientifica (mediante uso delle cellule
staminali). Hack ebbe chiarissimo il fatto che gli scienziati non devono vivere
in una torre d’avorio, ma hanno la responsabilità sociale di partecipare alla
vita pubblica, proprio in quanto la scienza sempre più informa di sé la vita
degli esseri umani. Partecipare significa prendere parte, schierarsi, agire il
conflitto, che, se ben controllato, è il sale della democrazia e il motore del
progresso sociale. La libertà presuppone responsabilità, che presuppone a sua
volta razionalità e consapevolezza. Ma il progresso sociale si può ottenere
soltanto garantendo a tutti le medesime opportunità di partenza, per cui si
schierò, ad esempio, in difesa della popolazione immigrata. Per dare più vita a
questi principi, sostenendo un partito che li incarnava, nel 2005 Hack si
candidò alle elezioni regionali della Lombardia nella lista del Partito dei
Comunisti Italiani ottenendo oltre 5.600 voti a Milano, e risultando eletta. Si
dimise però a favore del secondo arrivato in quanto il suo impegno di fondo e
la sua dedizione primaria rimanevano la ricerca scientifica. Si schierò
nuovamente con il Partito dei Comunisti Italiani nelle elezioni politiche del
2006 in molteplici circoscrizioni per la Camera dei Deputati: anche questa volta,
eletta, si dimise per continuare a dedicarsi principalmente all’astrofisica.
Margherita Hack
giovane atleta
Nel
marzo 2009 Oliviero Diliberto, segretario del Partito dei Comunisti Italiani,
annunciò la candidatura di Hack nella Lista Anticapitalista per le elezioni
europee di giugno in Sicilia e in Sardegna e nella circoscrizione Nord-Ovest.
Non venne eletta in quanto la lista non superò la soglia del 4% necessaria per
ottenere un seggio. Durante le elezioni regionali del 2010 si presentò tra le
file della Federazione della Sinistra (Partito della Rifondazione Comunista e
partito dei Comunisti Italiani) e risultò eletta nella circoscrizione di Roma
con oltre 7.000 preferenze, dimettendosi ancora una volta dopo la prima seduta
consiliare. Parallelamente era stata, dal 2002, presidente onoraria dell’UAAR
(Unione Atei e Agnostici Razionalisti) e dal 2005 si era iscritta
all’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica. Nel 2011
Hack si iscrisse al partito Democrazia Atea, con cui si candidò alle elezioni
politiche del 2013 come capolista alla Camera dei Deputati nella circoscrizione
Veneto2. Secondo Margherita Hack, e secondo noi del Partito Comunista Italiano,
che era stato fatto rinascere nel giugno 2016 dal Partito dei Comunisti
Italiani insieme a una parte di Rifondazione Comunista, non esiste
contrapposizione tra queste due dimensioni, ma anzi una forte interdipendenza:
la giustizia sociale, obiettivo prioritario della prospettiva comunista, deve
comprendere anche la garanzia effettiva dei diritti civili per tutti e tutte,
che è intrecciata con l’appartenenza di classe. Se non esistono apposite leggi
a tutela e servizi gratuiti e diffusi sul territorio, di aborto, fecondazione
assistita ed eutanasia possono usufruire solo persone benestanti recandosi
all’estero, mentre gli e le appartenenti alle classi lavoratrici rimangono
esclusi/e dal poter compiere fondamentali scelte di vita e di morte. Per la
compenetrazione nel suo pensiero e nella sua azione di questi due aspetti
Margherita Hack fu chiamata “comunista libertaria”.
giovane atleta
Il monumento dedicato alla
scienziata davanti all'Università
Statale di Milano
scienziata davanti all'Università
Statale di Milano
Del resto non stupisce affatto che durante il papato di Ratzinger, uno dei peggiori dal punto di vista di comunisti e libertari, una atea determinata come Hack abbia accentuato il suo impegno con un soggetto che aveva al centro del suo operare l’obiettivo di uno Stato antitetico allo Stato teocratico, uno Stato Ateo in cui cittadini e cittadine siano liberi di credere o di non credere, liberi da qualunque forma di imposizione. Nel 2006 era stato presentato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano un appello corredato da tremila firme perché Hack fosse nominata senatrice a vita. Tra le firme il comunista Oliviero Diliberto, la cattolica Lisa Clark di “Beati i costruttori di pace”, parlamentari dei Verdi e dell’Ulivo come Loredana De Petris e Katia Zanotti, il fisico Carlo Bernardini, lo storico Nicola Tranfaglia, l’attrice teatrale Lella Costa, gli allora presidenti dell’Arci e dell’Arcigay, i vignettisti Sergio Staino e Vauro Senesi. Con Rita Levi Montalcini c’era già il precedente di una scienziata nominata senatrice a vita nel 2001 da Carlo Azeglio Ciampi, e lo stesso Napolitano nominò poi senatrice nel 2013 Elena Cattaneo. Perchè non Margherita Hack? Perchè era comunista? Ho letto in questi giorni il libro per ragazzi Nata in via delle Cento Stelle, di Federico Taddia, divulgatore scientifico e sedicente amico di Hack: in 175 pagine l’autore descrive più volte e per molte pagine la passione di lei per la bicicletta e ripetutamente dei suoi gatti e del fatto che sia andata dal parrucchiere solo il giorno delle nozze, ma non una parola sul suo essere comunista, liquidando il suo impegno con queste parole: si attivava “per difendere i diritti dei più deboli, dei senza fissa dimora, degli omosessuali, dei ricercatori pagati troppo poco, degli animali maltrattati, di chiunque fosse vittima di ingiustizie” (...) Esprimeva le sue opinioni, si batteva per una società migliore, più equa e più moderna”. Taddia temeva forse di contaminare ragazzi e ragazze con la parola “comunismo”, con la prospettiva di una società egualitaria e solidale? A 101 anni dalla sua nascita (12 giugno 1922) e a 10 anni dalla sua morte (29 giugno 2013) Margherita Hack appartiene alla storia della scienza e alla storia dell’Italia e, se anche ora lo si vuole magari nascondere, Margherita Hack è stata, è e sarà sempre comunista.